venerdì 5 luglio 2024
Lo sport palestra di inclusione. L’ex pallavolista Lucchetta: «No alle barriere culturali, prendiamo esempio dal modo in cui accolgono i bambini»
Il campo da baskin realizzato in centro a Trieste per la Settimana sociale

Il campo da baskin realizzato in centro a Trieste per la Settimana sociale - .

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Quattro canestri al posto di due, sei giocatori invece di cinque. Uno sport sì, ma soprattutto una visione, partecipazione viva in cui l’inclusione si fa movimento, agonismo, amicizia. È il baskin, non un refuso, semmai un derivato, una forma nuova di gioco in cui disabili e normodotati giocano insieme. Stessa squadra, stessa partita. Basta recinti: baskin è sport senza steccato, esempio vivo, qui in piazza a Trieste, del gioco che si adatta ai giocatori, non viceversa, del pensare finalmente da squadra, davvero.

Lo scopo è sempre quello di segnare più punti degli avversari, ma i canestri sono a diversa altezza, i ruoli diversificati a seconda delle capacità. Una rivoluzione, appunto, con regole e campionati gestiti dall’Ente italiano sport inclusivi. L’assegnazione del ruolo ad un giocatore è decisa in base a specifici test e i ruoli non sono nemmeno fissi nel tempo: con l’allenamento, sia per i disabili che per i normodotati, è possibile cambiarli. «Il baskin è davvero l’applicazione del diritto allo sport per tutti – spiegano i responsabili di Zio Pino Baskin Udine, associazione protagonista al Villaggio delle buone pratiche della Settimana sociale, dove ha allestito un campo da gioco diventato subito popolare –. Attraverso il cambio del contesto, con la variazione del campo di gioco, e il cambiamento delle regole è stato possibile permettere a tutti di giocare insieme. Per tutti si intendono persone senza disabilità, autentici giocatori di pallacanestro, persone che hanno una discreta capacità di giocare fino a chi ha disabilità diverse, come chi gioca in carrozzina. Tutti i giocatori, dunque, fanno parte della squadra, si sentono e sono importanti, al punto che possono essere decisivi per il risultato finale. È uno sport a tutti gli effetti, che ha grandissime connotazioni sociali, ma mantiene un agonismo elevato, che ovviamente è una cosa che fa bene a tutti».

Inventato nel 2003 a Cremona in ambito scolastico, il baskin conta oggi circa 200 società sportive dilettantistiche in tutta Italia. È risposta viva ai pietismi, movimento che dà a tutti il diritto di esprimersi al meglio, di partecipare, con l'idea che solo così si possa realizzare la vera integrazione. Sport come palestra di inclusione. Un tema che a Trieste risuona forte in questi giorni anche in una delle “piazze della democrazia” a cui partecipano i delegati della Settimana sociale. «Dietro la diversità c’è una potenza che a volte va solo scoperta e affinata – evidenzia Katia Aere, atleta paralimpica –. La parte più difficile per me, dopo la malattia che ho dovuto affrontare, è stata quella di riuscire a conoscere me stessa, ma proprio grazie allo sport ho scoperto le mie potenzialità». Nuotatrice dal 2014, atleta paraciclista dal 2021, medaglia di bronzo ai Giochi paralimpici di Tokyo, Katia sottolinea come lo sport le abbia consentito di riappropriarsi «di una vita veramente piena». «Inclusione – aggiunge – significa voler accedere all’opportunità senza alcuna barriera, non solo architettonica, ma soprattutto culturale. Inclusione significa trovare posto nella società, attraverso la valorizzazione delle potenzialità personali, significa soprattutto smettere di credere che la disabilità sia un problema».

Per Andrea Lucchetta, ex campione del mondo nella generazione di fenomeni della nazionale di pallavolo e da tempo impegnato in attività di sensibilizzazione sul tema dell’inclusione, «servono gesti che facciano scoprire ai bambini il divertimento. I bambini sanno accogliere, rispettare, aspettare. I bambini includono, siamo noi adulti che abbiamo barriere culturali che si traducono in separazioni. Un atleta olimpico e un atleta paralimpico si preparano allo stesso modo, il cuore e la partecipazione sono gli stessi. La diversità non c’è, non esiste». Per Lucchetta «è indispensabile dare continuità, costruire nel tempo dei percorsi, sostenere anche i disabili che alle Paralimpiadi non ci vanno perché non hanno le risorse e gli ausili per allenarsi. Quando gioco con i bambini in piazza abbasso la rete della pallavolo: spetta a chiunque trovare il modo per essere accogliente, così che qualsiasi bimbo possa essere incluso»

Luca Grion, filosofo, osserva che lo sport «è quella condizione in cui ci mettiamo in gioco in modo esigente, stando a delle regole che comportano oneri e fatica per capire di che pasta si è fatti. Attraverso lo sport accettiamo i nostri limiti, il responso del campo: stare alle regole è una lezione di democrazia. Servono maestri coerenti e credibili che facciano nascere talenti personali e sappiano includere. Basta che ognuno, proprio come nel baskin, porti le proprie abilità».

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