Reuters
La Regione Lazio «ha stravolto » la propria legge sul contrasto dell’azzardo. È la durissima accusa delle Caritas del Lazio in una nota che commenta l’iniziativa della Giunta, approvata dal Consiglio regionale, che quasi annulla le norme sul 'distanziometro' approvate nove anni fa, e non ancora entrate in vigore.
Già prorogate, ora vengono drasticamente modificate, seguendo l’esempio di altre Regioni, in gran parte di centrodestra. Ora tocca al governo centrosinistra-M5s che guida il Lazio. «Accogliendo le istanze dell’industria dell’azzardo – denunciano le Caritas di tutte le Diocesi –, la Giunta del Lazio ha smentito quanto fatto dalla stessa, discostandosi anche dalle normative più recenti quali quelle delle Regioni Emilia-Romagna e Toscana».
È la legge regionale del 2013, modificata nel 2020. «Una misura illuminata – la definiscono le Caritas – per evidenziare la pericolosità dell’industria dell’azzardo e della sua capillare diffusione nel territorio regionale sia per le patologie collegate, sia per le crescenti infiltrazioni della criminalità organizzata».
Ma ora si fa marcia indietro. Così la distanza delle 'sale gioco' o degli esercizi con 'macchinette' dai luoghi sensibili (scuole, centri anziani, strutture sanitarie o socioassistenziali, luoghi di culto) scende da 500 a 250 metri, ma, sottolineano le Caritas, «solo per gli esercizi di nuova apertura». Invece non è previsto «nessun limite di distanza per gli esercizi pubblici commerciali e le sale da gioco già esistenti».
Nessuna retroattività, dunque, tanto osteggiata dalla lobby dell’azzardo. Così le slot potranno continuare a spillare soldi a pochi metri dai luoghi sensibili. L’obbligo retroattivo per le slot machine dava 18 mesi di tempo per adeguarsi al divieto entro l’1 settembre 2021. O trasferirsi o chiudere.
Ma ad agosto era arrivata una proroga di un anno, malgrado gli appelli delle Caritas e delle Fondazioni antiusura. Mentre alle sale scommesse e alle Vlt era stato già concesso il beneficio del termine del 28 febbraio 2024. Ora la retroattività scompare. Le nuove norme, riconoscono le Caritas, introducono «alcune prescrizioni condivisibili» per tutti gli esercizi: la riduzione della frequenza delle singole giocate a non meno di una giocata ogni 30 secondi; la separazione netta tra lo spazio dedicato agli apparecchi e gli altri ambienti; una pausa obbligatoria di 5 minuti ogni 30 di gioco consecutivi; l’interdizione dal gioco ai soggetti in stato di manifesta ubriachezza; riduzione delle fasce orarie di gioco lasciando però ai Comuni la facoltà di deliberare in materia.
«Come Caritas del Lazio siamo stati interpellati dalla Regione sul tema ma non possiamo non rilevare che si poteva fare molto di più per un reale impegno di prevenzione e contrasto».
Anche perché queste misure, «se non inserite in un contesto più vasto – a partire dalla limitazione e regolamentazione dei punti di gioco presenti in modo troppo capillare –, non sortiranno gli effetti desiderati». I numeri del grande affare dell’azzardo parlano da soli. Nel Lazio, prima della pandemia, risultavano attive slot in 5.700 esercizi. Le sale con Vlt sono 378, con 6.500 'macchinette', l’87% con ampi spazi per fumatori. Mentre «da anni gli esperti chiedono che almeno sia evitata la somministrazione di alcolici e non sia consentito di fumare: alcol e tabacco, insieme all’alta frequenza delle giocate, producono scientemente la patologia dell’azzardo». E ancora, «gli orari di punta vanno dalle 23 all’una del giorno dopo. Orari d’affari che l’emendamento continua a garantire con particolare e sospetta generosità».
E gli affari sono davvero enormi. Nel 2021 sono stati giocati nel Lazio ben 11 miliardi e 568 milioni di euro (2.019 euro a testa) con profitti per le compagnie dell’azzardo per più di 839 milioni. «Nessun altro settore produttivo può 'sognare' simili risultati ». Per questo le Caritas nelle prossime settimane faranno un appello ai sindaci «chiedendo, per quanto concerne le loro competenze – in primis per gli orari di apertura degli esercizi –, quelle misure che la Giunta regionale e il Consiglio regionale non hanno avuto il coraggio di approvare».