Al debutto (atteso) a Bruxelles Matteo Renzi, abito blu e cravatta in tinta, vuole dimostrare che il nuovo premier italiano è fatto di un’"altra" pasta. «Non abbiamo rassicurazioni da dare» e, soprattutto, basta con il «costante ritornello italiano per cui si dipinge l’Europa come il luogo dove veniamo a prendere i compiti da fare a casa. L’Italia sa perfettamente cosa deve fare e lo farà da sola per il futuro dei nostri figli».Il presidente del Consiglio "rottamatore" parla così lasciando, quasi alle 6 di pomeriggio e in forte ritardo (tanto che salta l’incontro previsto con Van Rompuy, presidente del Consiglio Ue, e la conferenza stampa), il palazzo
Justus Lipsius che l’ha visto protagonista del Consiglio Ue straordinario (dedicato al caso Ucraina). Alla prima in Europa, unico fra i 28 leader ad avere meno di 40 anni, Renzi cerca subito di togliersi di dosso l’etichetta di sorvegliato speciale nell’Unione rifilatagli dopo l’ultima strigliata di Bruxelles a Roma. Appena mercoledì la Ue ci ha di nuovo punito inserendoci, assieme a Slovenia e Croazia, nel gruppo degli stati con "squilibri eccessivi", per di più con l’affermazione che la manovra 2014 non basta per ridurre il debito pubblico. Renzi, "ringalluzzito" anche dalla prima presa di contatto con gli altri leader (superata passando con disinvoltura dal francese usato con Hollande all’inglese con Cameron e Merkel), vuole evitare di piombare subito in quella "morsa" europea che ha sempre denunciato nei mesi di pre-avvento al governo; morsa responsabile in parte a suo dire (e non solo suo) delle difficoltà che si incontrano ad agganciare la ripresa. Proprio lui, ora, non ci sta a fare la stessa fine in qualche modo imputata al suo predecessore Enrico Letta.Le contestazioni della Commissione hanno anche riportato d’attualità le ipotesi su una manovrina "vecchio stile" per colmare un eventuale buco nei conti pubblici italiani. Anche qui Matteo non ci sta. Il governo si impegna a riferire presto in Parlamento. E lunedì sarà lo stesso ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ad illustrare all’Eurogruppo (a sua volta il primo per lui) le priorità economiche del nuovo esecutivo. Sulla premessa, però, sono tutti concordi (Palazzo Chigi, il nuovo ministro e anche l’ex Saccomanni): non ci sarà bisogno di nessuna manovra. Anche a Roma fonti del Tesoro lo assicurano: «non ci sono in agenda manovre di alcun tipo». E poi - ripete per due volte il premier Matteo Renzi prima di ripartire per Roma dove lo attende John Kerry, segretario di Stato Usa - «la priorità è il lavoro e la crescita, il lavoro e la crescita». Ma su questi temi ha chiesto di «aspettare il 12», quando il Consiglio dei ministri varerà le prime misure,
Jobs act e "piano casa" in testa. Mentre, per il confronto vero e proprio in Europa sulla crescita, l’appuntamento è al Consiglio Ue del 20-21 marzo.L’azione, comunque, è partita. Resta il problema primario di dove trovare le coperture necessarie per quello che il governo vuole fare, senza "urtare" la Ue: Padoan ha sostenuto ieri in un’intervista che dalla
spending review possono arrivare «5 miliardi su base annua», e poi ci saranno misure transitorie come il «rientro dei capitali». Ma sul deficit, ha sottolineato, «non dobbiamo tornare oltre il 3%». Urge quindi «rafforzare il programma di privatizzazioni». Concetti ribaditi dal ministro anche al
Gr1 Rai: «Il governo ha una strategia ambiziosa di crescita , riforme e risanamento della finanza pubblica in un arco di tempo di medio termine». E il richiamo di Bruxelles «è severo, ma è d’accordo con quello che pensiamo noi». Arriva anche la smentita del responsabile economico del Pd, Filippo Taddei («Renzi non l’ha detto»), sulle presunte accuse di conti "camuffati" che il premier avrebbe rivolto a Letta.In ogni caso, riuscire a ricontrattare il rispetto dei parametri europei sembra allo stato decisamente utopico. Nella caccia alle risorse, allora, una parziale buona notizia arriva a sera proprio da Bruxelles: «È possibile – spiega una fonte della Commissione – cominciare da subito a investire su poche e mirate misure, concordate con la Ue, per favorire occupazione e competitività nel quadro della nuova programmazione di fondi Ue 2014-2020». Ma per avere questi fondi ci saranno delle condizioni, a partire da una verifica a posteriori.