L’ipotesi per una riduzione di 80-100 euro al mese del prelievo sulle "buste-paga" potrebbe essere quella di un alleggerimento per i redditi medio-bassi, con una riduzione di un punto delle prime due aliquote: quella del 23% che si paga ora fino ai 15mila euro e quella del 27% che si versa fino a 28mila euro. Con queste due aliquote pagano le tasse 34 milioni dei 41 milioni di contribuenti che presentano la dichiarazione dei redditi. Il costo sarebbe di circa 5 miliardi. In questo modo, il taglio da 10 miliardi (che in realtà sono 7,5, comprendendo anche i 2,5 di Letta) potrebbe essere spalmato anche sull’Irap. Questa opzione ha però il "difetto" di riguardare tutti: del taglio beneficerebbero, in quota parte, anche i più ricchi. Per questo i sindacati spingono perché il governo ricorra invece all’aumento delle detrazioni, che può essere concentrato su fasce specifiche di contribuenti. Per le famiglie, poi, bisognerebbe agire sugli sgravi per i familiari a carico. Ma questa è un’altra partita.
Nemmeno un tweet sino a tarda sera, un record. Matteo Renzi si chiude nel suo studio, jeans e golf rosso, legge le ultime simulazioni che vengono dal ministero dell’Economia e diffonde un unico ordine: «Ora basta ipotesi, si decide mercoledì». Cioè domani. L’occhio va spesso al dibattito a Montecitorio sull’Italicum, l’orecchio è attento alle parole che il titolare del Tesoro Pier Carlo Padoan pronuncia da Bruxelles. Il premier non intende più tollerare prese di posizione «ideologiche» nel suo stesso governo, quel «derby» tra Irpef e Irap che prima di iniziare tra Confindustria e sindacati è iniziato tra le seconde linee di Palazzo Chigi e i "numeri 2", "3 e 4" di Via XX Settembre.La tensione però cresce. Oggi è il giorno della verità. Occorre attendere il rientro di Padoan, selezionare la soluzione tecnica che è anche più "vendibile" dal punto di vista politico e vagliare le singole voci di coperture, perché Colle, Ue e Parlamento non faranno sconti. In serata si torna a parlare, con maggiore insistenza, di «percorso a tappe», come a ridurre le attese sul Cdm di mercoledì. Tagliare il cuneo a più puntate è funzionale a sminare il terreno delle coperture incerte e a non mettere più in competizione esigenze delle famiglie ed esigenze delle imprese. E poi il problema dei soldi da trovare esiste davvero: il commissario antisprechi Carlo Cottarelli e il suo team sono sotto stress, e per la prima volta ci si è messi a ragionare seriamente anche su costi della difesa e dei discussi cacciabombardieri F35.Non lo ammetterà mai, ma il premier sente il peso della scelta che è chiamato a compiere. I pezzi pesanti del suo esecutivo (i ministeri economici) sono per ridurre l’Irap sulle imprese, anche le banche stanno facendo un pressing forte in questa direzione. Renzi sa che scontentare questo mondo potrebbe avere effetti politici pesanti. Ma alla vigilia delle Europee vuole battere un colpo sui redditi delle famiglie, ne ha parlato anche con Angelino Alfano che si è detto d’accordo. L’asse tra i due lievita. E tra i viceministri e i sottosegretari del Tesoro e il responsabile economico del Pd Filippo Taddei gira una cartellina più importante delle altre, che addensa i 10 miliardi promessi dall’esecutivo (ma nel conto sarebbero inclusi anche i 2,5 già postati da Letta) su un aumento delle detrazioni fiscali per i redditi medio-bassi da lavoro dipendente e autonomo. L’intervento sulle aliquote Irpef, invece, spalma lo sconto su tutti i contribuenti, rendendolo poco efficace.
Il test di mercoledì riguarderà anche la collegialità e la coesione della squadra di governo. Padoan ieri ha rinunciato ad esprimere la sua preferenza, ma la sua "passione" per l’Irap emerge da mille indizi sparsi dai suoi collaboratori. E siccome il Tesoro è anche la cinghia di collegamento con gli ambienti finanziari europei, il timore di Palazzo Chigi è che la scelta di domani alimenti scetticismo verso la politica economica del Paese. Perciò appaiono «surreali, assurde», le minacce di sciopero della Cgil «proprio mentre stiamo per mettere soldi nelle buste paga» contro le pressioni dei "poteri forti", si sfoga in serata Renzi.
La partita politica di domani è tutta qui: tenere insieme il consenso del Paese reale e non perdere il credito di Giorgio Squinzi. Alla vigilia, tra l’altro, di un tour europeo in cui Renzi vuole aprire un dibattito sulla soglia del 3 per cento: sabato a Parigi da Francois Hollande, lunedì a Berlino da Angela Merkel, giovedì a Bruxelles per il Consiglio Ue vuole far valere il principio per cui riforme radicali devono essere calmierata da un allentamento delle regole di bilancio.