Un divorzio velocissimo approvato a tempi di record. Se non interverranno modifiche al Senato sarà possibile - in base al testo licenziato ieri dalla camera con ampia convergenza di voti - sciogliere definitivamente un vincolo coniugale dopo un anno soltanto di separazione giudiziale, in luogo degli attuali tre, e sarà vero e proprio divorzio lampo (sei mesi) in caso di separazione consensuale, al di là della presenza o meno di figli all’interno del nucleo. Si sono contati alla fine ben 381 voti a favore e solo 30 contrari, 14 gli astenuti, in virtù di una schiacciante maggioranza trasversale saldata dai due relatori Alessandra Moretti del Pd (che ha annunciato poi il suo abbandono, optando per lo scranno di Strasburgo) e Luca D’Alessandro di Fi.
Un esito in parte annunciato, complice però l’accelerazione impressa ai lavori, con il termine per presentare gli emendamenti fissato alla chetichella per il lunedì post-elettorale, e sfuggito ai più. Le proposte del forzista Fabrizio De Stefano volte essenzialmente (al pari di quelle che erano state avanzate in Commissione Giustizia da Alessandro Pagano, del Ncd) a tutelare i figli sono state bocciata con un esito schiacciante, che già fotografava i numeri pro e contro sanciti alla fine dal presidente di turno Roberto Giachetti e tristemente sottolineati da un applauso dell’assemblea.
«Non credo si possa parlare di conquista, tanto meno definirla storica», è intervenuto in serata monsignor Nunzio Galantino. «Il divorzio sprint non darà nessun contributo». E si rischia la «deriva culturale». Il segretario della Cei rimarca un «riflettere senza un confronto», con il rischio di «sfasciare tante famiglie», mentre «la riflessione, il più delle volte, farebbe prevalere il buon senso e porterebbe a risolvere i tanti problemi che comunque ci sono».
Il testo approvato ieri interviene sulla disciplina dello scioglimento del matrimonio regolata dalla Fortuna Baslini del 1970 e poi confermata dal referendum di 40 anni fa. Con un ulteriore intervento sul codice civile si anticipa, se presente, anche lo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi.
I gruppi politici si sono tutti espressi a favore del provvedimento, con l’eccezione dei Popolari per l’Italia-Udc e della libertà di coscienza disposta dalla Lega, con alcune significative di aperto dissenso. «Questo testo - ha sostenuto Massimiliano Fedriga - spazza via una norma finalizzata alla possibile riconciliazione, e viene incontro a chi ha il preciso interesse a sancire la rottura del vincolo familiare».
Appassionati nel Ncd gli interventi contrari di Eugenia Roccella e Alessandro Pagano. Quest’ultimo a ricordare il «trauma pressoché insuperabile, per un figlio come ci ricordano gli psicologi», della separazione dei genitori. Con i dati Istat, che nel 2012 hanno registrato che «il 40 per cento delle separazioni pronunciate dal 1998 al 2010 non è sfociato in divorzio». Invece è passato ieri alla Camera il dato di un misero 2 per cento di separazioni che approderebbe alla riconciliazione. Dato contestato anche Gianluigi Gigli, dei Popolari per l’Italia. Che ha rimarcato come si rischi di minare l’istituto stesso della famiglia fondata sul matrimonio sancito dalla Costituzione. Con il paradosso - ha fatto notare - che «c’è gente che preferisce risultare separata solo per godere dei benefici della separazione».
Resta da seguire ora la seconda "lettura" del Senato. Ma i margini appaiono stretti su un testo che, per una volta, mette d’accordo con poche defezioni (Antonio Palmieri oltre a De Stefano, dentro Fi) Grillini, forzisti e Democratici. Con i senatori del Pd che promettono addirittura di fare gli «straordinari» per accelerare l’approvazione definitiva. Davvero poche, ieri, le voci in dissenso nel partito di Renzi. Beppe Fioroni ha motivato la sua astensione sostenendo che «l’istituto della famiglia va sostenuto e rafforzato».