La conferenza nazionale che si apre oggi a Roma ha l’obiettivo di mettere a fuoco le esigenze concrete della famiglie e individuare misure per contrastare la denatalità. Ma si tratterà soprattutto di programmi e traguardi sui quali lavorare nella prossima legislatura. Per quanto riguarda invece le misure immediate i «margini sono stretti» tanto dal punto di vista temporale che da quello finanziario. Tuttavia «qualche segnale importante verrà dato». Una delle ipotesi riguarda il rafforzamento del fondo contro la povertà, con un’accentuazione della destinazione del Rei alle famiglie più numerose. Mentre anche il fondo per le politiche familiari potrebbe essere rifinanziato. Maria Elena Boschi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, avrà il compito domani di chiudere i lavori della Conferenza. Cosa si attende il governo da questo appuntamento – le chiediamo – e come intende mettere in atto le indicazioni
Intervista che emergeranno? «Intanto c’è da valutare positivamente il fatto che si ripropone la Conferenza dopo molti anni in cui non era stata più convocata. Non è casuale che si sia scelto di farla prima del varo della legge di bilancio. Più che su temi identitari o giuridici astratti si cercherà di di far fonte ai problemi concreti delle famiglie. Ma si discuterà anche di scuola e istruzione, del ruolo della famiglia nella società e nell’educazione così come ci confronteremo sulle nuove famiglie. C’è il tema delle crisi demografica, sul quale con gli ultimi due governi siamo intervenuti con misure per sostenere la denatalità e invertire il trend, e ora sono da valutare nuovi interventi che incidano dal punto di fiscale sulle prospettive della famiglie nel tempo. Sappiamo però che abbiamo margini stretti. Da un lato per un motivo di carattere temporale, siamo a fine legislatura e non sarebbe serio assumere impegni di riforme strutturali che non avremmo il tempo di portare a compimento. Dall’altro perché la legge di bilancio sarà una legge prudente da un punto di vista delle risorse disponibili. Detto questo, dobbiamo guardare tanto a misure che possono essere già comprese nella manovra, che cogliere questa occasione per guardare in prospettiva.
Non c’è il rischio che con queste premesse la Conferenza diventi un grande convegno con molte idee e proposte ma con poca concretezza?
L’alternativa sarebbe stata non farla e sarebbe stato peggio non avviare nemmeno un confronto che invece è prezioso e utile. Ma dobbiamo essere onesti. Alcune proposte possono essere concretizzate, come un aumento dello stanziamento per le politiche familiari, o quelle per il reddito di inclusione. C’è la possibilità di dare un segnale già nelle legge di bilancio, altrimenti non avremmo neanche convocato la Conferenza. Ma nei limiti che ci siamo detti. Immaginare ora una riforma strutturale non è realistico perché il governo è alla fine del suo mandato. C’è poi il tema del quoziente familiare e delle misure per contrastare la denatalità, profili di medio e lungo termine e non solo di questo governo. Il Pd comunque farà del tema del sostegno alle famiglie una bandiera della campagna elettorale e un argomento centrale per il primo anno di governo. Tornare alla familgia non deve essere la bandiera identitaria dei cattolici in politica, ma la sfida di tutti i cittadini. Una visione che tenga insieme laici e cattolici sul piano della cittadinanza.
Ha accennato al rafforzamento del Rei. Ma si tratta di un strumento pensato più contro la povertà che per aiutare la natalità.
Si, ma avendo risorse limitate partiremo dalle famiglie in maggiore difficoltà, cercando di rafforzare quegli strumenti che abbiamo già previsto. Nella Nota di aggiornamento del Def è indicato il rafforzamento delle misure contro la povertà. Vedremo con il ministro dell’Economia quali saranno le cifre a disposizione. Intanto dobbiamo fare una valutazione seria per capire se i criteri che abbiamo adottato funzionano bene o se eventualmente servano correzioni. Penso sia opportuno prima attendere le indicazioni che verranno dalla Conferenza, ma ad esempio si può valutare se dare più peso alle famiglie numerose nell’erogazione del sussidio, utilizzando di più la variabile del numero dei figli rispetto al reddito Isee. Poi ci sono altri temi che non hanno impatto economico ma sono importanti. Come coinvolgere maggiormente le famiglie nei processi formativi e nella scuola. Come contrastare le violenze e i conflitti che molto spesso avvengono nell’ambito domestico e familiare e prescindono dal tema etnico. C’è la questione delle pari opportunità e della conciliazione tra famiglia e lavoro, per evitare che si rischi di dover rinunciare a fare figli o a lavorare. Il contrasto alla denatalità non è solo questione di risorse, serve anche una società che sia accogliente per i bambini e per i genitori
Ma non sono tutti temi che chiedono lo stanziamento di nuovi fondi?
L’impegno del governo è individuare delle risorse aggiuntive. Quanto non sono in grado di dirlo ora. Anche per non generare troppe aspettative che poi rischiano di andare deluse.
Il suo partito ha proposto il rafforzamento degli assegni familiari con il senatore Lepri. Lei cita però anche il fattore famiglia come misura su cui lavorare. Guardando in prospettiva qual è la direzione di marcia del Pd?
La proposta Lepri è condivisibile, lo ha detto anche il segretario Renzi.
Ma è da tempo ferma in Parlamento... Si perché ha bisogno di forti coperture, costa 6 miliardi. Noi abbiamo preso il Paese con un Pil in calo del 2%. Abbiamo dovuto scegliere le priorità. E in quella fase era la disoccupazione il tema più urgente. Ma penso anche che l’ipotesi del quoziente familiare non vada accantonata. Va tenuto però presente il problema degli incapienti che, in sistema basato sulle detrazioni, rischiano di non beneficiarne.
Dicono le associazioni che dal 2008 a oggi il fondo per le politiche familiare è passato da 220 a pochi milioni. La legislatura non rischia di chiudersi con un bilancio ristretto a fronte dell’emergenza demografica?
Per quanto riguarda il Fondo molte risorse sono state spostate su altri capitoli di bilancio. Faccio un esempio: le risorse per le adozioni sono state sposate su un altro fondo, quelle per bebè e asili nido non hanno attinto a quel fondo ma valgono molto di 200 milioni... Non dobbiamo dimenticare del resto che in questi tre anni e mezzo abbiamo messo in campo misure rivoluzionarie: riforma del mercato del lavoro, bonus bebè, 80 euro. La prima forma di sostegno alla famiglia è stato creare 918mila posti di lavoro. Senza un lavoro è difficle immaginare una famiglia. La sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi