sabato 25 agosto 2018
La quasi totalità dei migranti sulla nave bloccata a Catania avrebbe potuto avere lo status di rifugiato circolando così in tutta Europa
Ansa

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Da anni non si vedeva una nave con la quasi totalità di migranti eritrei: 130 su 150. Una nazionalità, la loro, che di norma non ha bisogno di annunci dai governi Ue per la loro accoglienza. Ricollocarli sarebbe stato quasi automatico. Perciò a irritare molte cancellerie europee non è stato solo il tono minaccioso con cui l’Italia ha sfidato i partner Ue.

Quello sulla “Diciotti” appare sempre di più, come vanno appurando anche gli investigatori, come un caso montato ad arte, quando avrebbe potuto essere affrontato senza traumi. Gli eritrei ancora bloccati con gli altri africani a bordo della nave ammiraglia della Guardia Costiera, rappresentano il gruppo che, in Italia e in Europa, registra il più alto tasso di riconoscimento dello status di rifugiato. In alcune commissioni territoriali del nostro Paese si supera addirittura il 90%.

La cooperazione dei Paesi europei nel loro ricollocamento non è mai stata messa in discussione. Difficilmente Berlino, Oslo, Parigi, Stoccolma e perfino Vienna rispediscono a sud delle Alpi i profughi da Asmara che hanno ottenuto il riconoscimento dello status dall’Italia. Fino al settembre scorso il ricollocamento era pressoché istantaneo. Ma a causa delle tensioni interne all’Unione l’automatismo è stato sospeso, non proibito.

È proprio il ministero dell’Interno italiano ad informare attraverso il Dipartimento Immigrazione che «i richiedenti protezione internazionale – si legge sul sito del Viminale – appartenenti a nazionalità (o apolidi residenti) per le quali il tasso di riconoscimento della protezione internazionale è pari o superiore al 75% (sulla base dei dati Eurostat dell’ultimo quadrimestre) possono essere trasferiti in uno Stato Membro».

Fino a settembre scorso era sufficiente sbarcare e nel giro di qualche giorno i profughi avrebbero ottenuto il biglietto di andata verso un’altra destinazione Ue. Successivamente al congelamento del piano di redistribuzione immediata, una volta presentata la domanda e ottenuta la protezione internazionale, il profugo che esprime il desiderio di trasferirsi all’estero viene preso in carico dall’Easo, l’Ufficio europeo di supporto all’asilo che in Italia è particolarmente attivo. «Se c’è una nazionalità che non incontra problemi nell’ottenere protezione e poi nel trasferirsi è proprio quella eritrea», conferma Cristopher Hein, docente di Diritto e Politiche di Immigrazione alla Luiss. «È vero che a causa della cessazione del ricollocamento automatico gli Stati non possono più insistere per ottenere i trasferimenti, ma è altrettanto vero – prosegue Hein – che gli eritrei continuano a beneficiare di un percorso privilegiato proprio perché non vi è dubbio alcuno sul loro status».

Proprio quello che si sarebbe potuto ottenere per i migranti della Diciotti.

Una procedura, però, che non avrebbe avuto l’effetto annuncio con cui il governo sottolinea oramai abitualmente di aver “piegato” l’Europa. Di preferenza gli eritrei si recano in Svizzera (che non appartiene all’Ue ma su questa nazionalità è sempre stata di manica larga), seguita da Germania, Paesi Bassi, Svezia e Norvegia.

Nonostante recentemente sia stata firmata la pace con l’Etiopia, l’Eritrea resta agli ultimi posti nelle classifiche mondiali dei diritti umani. Ad Asmara c’è un presidente in carica da oltre vent’anni (Isaias Afewerki è al potere dal 1993); non esiste stampa libera (l’ultimo giornale non governativo è stato chiuso nel 2001 e i giornalisti imprigionati); è impossibile ottenere visti per lasciare il paese legalmente (divieto assoluto dai 5 ai 50 anni).

La popolazione viene tenuta all’oscuro di quanto accade al di fuori dei confini. Internet, per fare un esempio, è pressoché inesistente: solo l’1% della popolazione ha accesso alla Rete, i cui contenuti vengono “filtrati” dal governo.

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