Nella notte tra martedì e mercoledì, poche ore dopo la rissa esplosa in Aula per il decreto Imu-Bankitalia, Beppe Grillo prende il telefono e chiama uno dei suoi uomini di fiducia in Parlamento: «Questa non è una battaglia. È scoppiata una guerra e noi dobbiamo vincerla - grida - . Nei prossimi giorni ci giochiamo tutto».Il leader è una furia. L’interlocutore ascolta e basta. Perché interrompere lo sfogo è una missione impossibile: «Tenete duro. Andate avanti così. Ostacolate i lavori in Parlamento. Ma arrivati a un certo punto fermatevi. Bisogna studiare un piano serio per porre fine a questa dittatura». La telefonata si chiude con una promessa: «Tra qualche ora sarò a Roma con voi, avverti gli altri». È iniziata così la lunga giornata dell’assalto alle istituzioni organizzata dal Movimento 5 Stelle. Impeachment nei confronti di Napolitano, commissioni occupate, Aule bloccate, uffici della presidenza della Camera sbarrati, spintoni e insulti con esponenti degli altri partiti. È un’escalation infinita di terrore che culmina con denunce e l’annuncio di un ricorso alla Corte costituzionale contro la presidente Boldrini. Siamo a Montecitorio, ma sembra di essere dentro un enorme ring dove i grillini danno vita a uno scontro totale. Grillo la chiama «la nuova Resistenza », in un post pubblicato in serata sul blog. In realtà è un clima ad alta tensione che si è respirato in ogni angolo di Montecitorio per oltre 12 ore. Il blitz è partito prima delle 8 del mattino. Il tempo di un’assemblea rapida con circa 80 eletti al quinto piano della Camera e via al caos. Colui che accende la miccia esplosiva è il 26enne deputato grillino Vittorio Ferraresi. Entra nell’ufficio di presidenza della commissione Giustizia e lo occupa mezz’ora prima che si riunisca.C’è ancora tensione per l’episodio tra Dambruoso (Sc) e Lupo (M5S). Lui si scusa ma i grillini non ci stanno e chiedono le dimissioni sue e di Boldrini. «È la peggior presidente della Camera della storia», urla il giovane deputato Claudio Sibilia, «se ne deve andare». È solo l’antipasto di quello che accadrà nel giro di pochi minuti. Una ventina di grillini si dirigono in commissione Affari costituzionali per bloccare i lavori sulla legge elettorale. È in atto un’occupazione. Scoppia una vera e propria rissa. Spintoni e minacce verbali costringono i commessi a intervenire. Il presidente Sisto (Fi), comunque, fa in tempo a indire la votazione. I 5 Stelle sembrano arrendersi e decidono di riunirsi di nuovo. Prima di pranzo si ritrovano al Senato per la conferenza in cui si presenta la richiesta di messa in stato d’accusa per Napolitano. Tra le accuse rivolte al capo dello Stato ci sono il mancato rinvio alle Camere di leggi incostituzionali, l’abuso del potere di grazia, la «grave interferenza nei procedimenti giudiziari relativi alla trattativa Stato-mafia». Quanto basta, secondo i pentastellati, «a giustificare l’ impeachment per 'attentato alla Costituzione'». L’atto viene depositato a Palazzo Madama. Dopo i fatti arrivano nuove bordate di Grillo dirette all’inquilino del Quirinale: «Noi rispettiamo quello che abbiamo detto: devono andare a casa tutti, a iniziare da Giorgio Napolitano, che studiava all’università in tempo di guerra. Uno che diceva che il fascismo bisognerebbe esportarlo in Unione Sovietica! È un uomo che dovrebbe essere a casa e invece sta spalleggiando questa legge elettorale incostituzionale». Intanto a Montecitorio il clima diventa irrespirabile. Nel pomeriggio c’è una nuova conferenza stampa organizzata dai 5 Stelle. Poi si accende uno scontro anche tra un giornalista parlamentare e due deputati M5S che entrano in sala stampa e chiedono ai commessi (senza ottenerlo) che si proceda con l’identificazione. Grillo continua a sparare bordate. L’accusa più dura è in un video in cui denuncia la «situazione metafisica che sta vivendo il Paese», tra la legge elettorale fatta da «un pluripregiudicato (Verdini) e un cartone animato (Renzi)», e una presidente della Camera tacciata di incompetenza ». Il via libera alla riforma per andare alla urne non va giù al leader. Per lui la democrazia è diventata «una dittatura, come nel fascismo». L’Italicum, si diceva. È proprio sulla proposta nata dall’accordo tra Renzi e Berlusconi che si concentreranno le attenzioni dei 5 Stelle nella giornata di oggi. L’idea che sta prendendo corpo è quella di organizzare un altro show in Aula sulla legge elettorale. Più o meno come quello di 48 ore fa. Magari chiedendo la collaborazione e il sostegno ad alcuni parlamentari di piccoli partiti di opposizione. L’invettiva non si fermerà. È da stamattina ci sarà anche Grillo. Dice di venire per abbracciare «i suoi guerrieri». Ma il vero obiettivo è trasformare la battaglia in una guerra lampo. Contro tutti.