Il Generale di Brigata Antonino Neosi, Capo Ufficio Storico dell'Arma - Foto Arma dei Carabinieri
In prima linea accanto a donne, bambini e anziani tra le macerie del terremoto del Friuli del 1976. Erano le 21.02 del 6 maggio di quarantacinque anni fa e l’ufficiale di servizio alla Sala Operativa del Comando Generale dell’Arma, a Roma, era in linea tramite ponte radio con la Centrale Operativa della Legione Carabinieri di Udine. Normali comunicazioni, ma quando la terra tremò l’allarme fu immediato. Il sisma del 6.4 gradi della Scala Richter spazzò via in un attimo molte cose: case, auto e vite umane. Le reti telefoniche saltarono. La Compagnia Carabinieri di Tolmezzo informò che un treno era deragliato sulla linea Tarvisio-Udine. Il Comando Generale dedicò due linee del ponte radio in esclusiva per i collegamenti con il Friuli e venne predisposta la sintonizzazione di tutte le reti radio con la zona del disastro al fine di fornire a prefetture e sindaci, ma anche al Governo centrale la reale situazione, compresa la linea diretta e continua tra la Sala Operativa del Comando Generale e il Ministero dell’Interno. Nell’immediato vennero segnalati crolli a Buja, ad Osoppo, a Folgaria, a Gemona, a Maiano. Molte caserme degli Alpini e dell’Arma erano distrutte. Ennio Modolo, di Cessalto, era appuntato alla stazione dei Carabinieri di Majano e rimase sotto le macerie con la moglie e una figlia di 13 anni. Un ricordo che si aggiunge alla memoria dei 990 morti e degli oltre 100mila sfollati quarantacinque anni dopo, nel giorno in cui si celebra la Giornata internazionale dei musei come ogni 18 maggio.
“È una data molto importante perché proprio il 18 maggio del 1977 fu concessa dal Presidente della Repubblica la medaglia d’oro al valore dell’Esercito per l’attività di soccorso svolta dall’Arma a favore della popolazione del Friuli Venezia Giulia duramente colpita dal terremoto – spiega il Generale di Brigata Antonino Neosi, capo ufficio storico dell’Arma dei Carabinieri -. Fu un’attività incessante svolta dai carabinieri dell’Arma territoriale nonostante i gravi danni riportati dalle nostre caserme. Fu un’attività di ricerca delle persone sotto le macerie, di recupero delle salme, ma anche attività tesa a evitare fenomeni come quelli dello sciacallaggio. All’Arma territoriale si aggiunsero i reparti mobili e i reparti speciali come il Nucleo Antisofisticazioni e Sanità, che aveva lo scopo di verificare le derrate alimentari dirette alla popolazione, e il Tutela Patrimonio Artistico che aveva lo scopo di recuperare e mettere in sicurezza le opere d’arte”.
La lapide che ricorda tutte le operazioni di soccorso dei Carabinieri dal 1835 ad oggi - Foto Arma dei Carabinieri
Un aspetto, quello delle attività di soccorso compiute dai Carabinieri che emerge visitando il Museo Storico dell’Arma. Sin dal 1814, infatti, ai compiti militari e di polizia si è affiancato l’impegno in caso di emergenza. Basti pensare all’epidemia di colera in Piemonte del 1835, durante il terremoto di Messina del 1908 e, più di recente, durante l’alluvione di Firenze del 1966, così come nel 1968 nei giorni del terremoto del Belice o di quello dell’Irpinia del 1980. Anni, peraltro, antecedenti alla nascita del Servizio nazionale della Protezione Civile, istituita con la legge n. 225 del 1992, che ha visto gli uomini dell’Arma collaborare con i militari dell’Esercito Italiano, dell’Aeronautica, della Marina, della Guardia di Finanza e dei Vigili del Fuoco. Non ultimo anche in situazioni di pandemia come quella che dal marzo 2020 ha investito l’Italia per via dell’emergenza coronavirus.
Loriginale in gesso dellaltorilievo dello scultore Edoardo Rubino - Foto Arma dei Carabinieri
“I carabinieri hanno sì una duplice anima che è quella militare e di forze di polizia a competenza generale, ma hanno uno stretto legame con la popolazione – aggiunge il Generale Neosi -. Un legame stretto che viene dato proprio da questa attività di soccorso. Nel Museo storico dell’Arma dei carabinieri non viene soltanto custodita la storia, ma i valori e gli ideali della nostra istituzione. Nel salone d’onore un altorilievo, opera dello scultore Edoardo Rubino, si può vedere rappresentata tra le varie gesta dei carabinieri nel corso del tempo proprio l’attività di soccorso, a partire dall’impegno svolto a favore delle popolazioni di Messina e di Reggio Calabria nel 1908”.
Un luogo, il Museo Storico dell’Arma dei Carabinieri, che è anche di commemorazione per via del Sacrario, nel quale un sacello sormontato da una spada di foggia antica richiama una croce, posta su una lastra di alabastro a ricordo del sacrificio di tutti i Carabinieri caduti, molti dei quali, appunto, per aiutare gli altri in situazioni drammatiche e di difficoltà.