giovedì 12 novembre 2020
Il giovane professore Mario Primicerio accompagnò nel viaggio il "sindaco santo": oggi racconta ad Avvenire cosa accadde e come si concluse il colloquio di tre ore
Hanoi 1965, Giorgio La Pira e Mario Primicerio, il primo sulla destra

Hanoi 1965, Giorgio La Pira e Mario Primicerio, il primo sulla destra - Foto Fondazione La Pira

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Il colloquio tra Giorgio La Pira e Ho Chi Minh durò tre ore. Nella lingua locale Ho Chi Minh significa “colui che illumina”. Ho Chi Minh aveva 75 anni nel 1965 e la sua vita l’aveva spesa per fare del Vietnam una nazione unita e libera. Era vissuto negli Stati Uniti e poi per molti anni a Parigi. Dopo la Seconda guerra mondiale, dal 1946, aveva guidato la guerra contro la Francia e si batteva per l’unificazione del Paese, contro Saigon e le forze armate americane. È in questo contesto che si inserì l’attività di Giorgio La Pira e Mario Primicerio, allora giovane professore di matematica all’Università di Firenze accompagnò il “sindaco santo” di Firenze. Era l’11 novembre del 1965.

“Fu un incontro che venne a coronare un paziente lavoro di approfondimento, svolto da La Pira a Firenze, sui fatti e i documenti relativi al conflitto vietnamita, accompagnato da una fissa tessitura di rapporti con esponenti e leader politici a livello internazionale – racconta Mario Primicerio ad Avvenire -. Così era giunto a La Pira l’invito a recarsi di persona ad Hanoi; un invito che era stato invano sollecitato da personalità politiche di alto rango, come una delegazione di primi ministri dei paesi del Commonwealth britannico. Ma quale era lo scopo di La Pira? Accertare le condizioni alle quali i vietnamiti sarebbero stati disposti ad aprire una trattativa che mettesse fine alla guerra – prosegue Primicerio -. Gli Stati Uniti infatti affermavano di essere pronti a trattare ma che la cosa era resa impossibile dalla richiesta vietnamita di un preliminare ritiro di tutte le truppe americane presenti sul territorio”. A quel tempo si trattava di più di 250.000 uomini statunitensi. Di fatto questa richiesta non era esplicitamente presente in nessuno dei documenti ufficiali vietnamiti, anche se non era mai stato affermato il contrario.

Il professor Mario Primicerio con papa Francesco nell'udienza con la Fondazione Giorgio La Pira nel 2018

Il professor Mario Primicerio con papa Francesco nell'udienza con la Fondazione Giorgio La Pira nel 2018 - Vatican News

“Ebbene, ciò che La Pira espresse ad Ho Chi Minh e al premier Pham Van Dong era la possibilità di giungere ad un negoziato anche in presenza di truppe americane in Vietnam – sottolinea Primicerio - purché Washington dichiarasse preliminarmente il suo impegno al ritiro di tutti i suoi contingenti una volta che la trattativa avesse reso possibile una transizione politica nella quale tutti i vietnamiti avrebbero potuto liberamente scegliere la soluzione istituzionale per il proprio paese, cosa che del resto era prevista dagli accordi di Ginevra che nel 1954 avevano determinato la chiusura della guerra contro il colonialismo francese”.

E fu proprio su questo punto che ci fu l’assenso dei dirigenti vietnamiti, a una sola condizione: “Che cioè questa loro disponibilità fosse comunicata all’amministrazione statunitense in via riservata e non pubblica – riflette il professore fiorentino - e questo era un punto essenziale, ed in fondo la stessa ragione per cui era stato invitato La Pira, perché una dichiarazione pubblica in questo senso avrebbe significato una sorta di resa e quindi avrebbe posto i vietnamiti in condizione di inferiorità al tavolo delle trattative”.

La condizione fu puntualmente onorata: “Io stesso – ricorda Primicerio - a cui era stata offerta la straordinaria opportunità di accompagnare La Pira in quel viaggio e a quel colloquio, fui inviato a New York ad informare direttamente Amintore Fanfani, che era in quell’anno presidente dell’Assemblea Generale dell’Onu dell’esito dei colloqui”. Una circostanza, il fatto che Fanfani fosse presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (dal 1965 al 1966) che chiaramente non era sfuggita ai responsabili vietnamiti. Fanfani, sempre riservatamente, riferì i risultati ai responsabili dell’amministrazione guidata dal presidente Usa Lyndon Johnson.

“Poche settimane dopo, però, tutta la vicenda fu pubblicata sul St. Louis Post Dispatch, rendendo così impossibile l’apertura dei negoziati, a cui si giunse tanti anno dopo, e alle stesse condizioni che tramite La Pira erano state offerte – aggiunge Mario Primicerio -. Chi provocò questa fuga di notizie? Non ci sono evidenze certe ma è sicuro che ne profittarono i “falchi” dell’amministrazione statunitense, cioè coloro che si illudevano che avrebbero potuto risolvere la situazione vincendo la guerra” e che, con questo scopo, avrebbero inutilmente fatto salire fino a 600.000 il numero dei militari stranieri impegnati nel conflitto. “Ma, come scriveva don Primo Mazzolari già nel 1955 – conclude Primicerio -: chi pensa di difendere con la guerra la libertà si troverà in un mondo senza nessuna libertà”.

Il libro di Mario Primicerio

Il libro di Mario Primicerio - Foto Fondazione La Pira

Sullo storico viaggio ad Hanoi Primicerio ha scritto anche un libro dal titolo Con La Pira in Viet Nam (Polistampa, 2015). Si tratta di un diario quotidiano in cui Primicerio riporta alla memoria le attese e le speranze di un viaggio che da Varsavia, passando per Mosca e Pechino, lo condusse con La Pira all’11 novembre all’incontro con Ho Chi Minh.

Giorgio La Pira con Paolo VI

Giorgio La Pira con Paolo VI - Fondazione La Pira

Le relazioni diplomatiche che La Pira instaurò con Ho Chi Minh sollevarono dubbi e perplessità in molti ambienti politico-internazionali, non solo italiani. Si stava dialogando con un rivoluzionario e con un comunista. E questo in piena “guerra fredda” con il mondo diviso in due blocchi contrapposti poteva far discutere. Ho Chi Minh godeva dell’appoggio dell’Unione Sovietica dove nel 1923 si era recato come delegato al congresso internazionale dei contadini. In URSS ci restò per qualche tempo e diventò agente del Komintern (Kommunističeskij internacional), l’internazionale comunista, nell'Asia del sud-est. Inoltre combatté nell’Indocina francese durante la rivolta militare di Yen-bay dal 1928 al 1930 per poi essere imprigionato dagli inglesi a Hong Kong fino al 1938 e allo scoppio del secondo conflitto mondiale. Infine, quando nel 1941 la Germania nazista invase l’Unione Sovietica organizzò la guerriglia in Indocina contro gli invasori Giapponesi, alleati con Germania e Italia. A conclusione della guerra, nell'agosto 1945 organizzò il partito del Viet-minh, operante in tutto il paese contro i francesi e il 26 agosto fu proclamato presidente della Repubblica del Vietnam del Nord sostenendo l'azione dei Viet-cong contro il governo di Saigon appoggiato dagli USA.

Nella geopolitica lapiriana, però, i sogni si potevano avverare e attraverso il dialogo, con la forza della preghiera e della fede, era possibile applicare quella diplomazia della pace che andava oltre gli interessi, grandi e piccoli, di Stati e Nazioni. La guerra per La Pira andava fermata in nome dell’appartenenza alla stessa famiglia umana e della fratellanza tra i popoli.

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