La premier Meloni e il ministro Calderoli - Imagoeconomica
La Consulta dichiara incostituzionali norme centrali della legge sull’autonomia differenziata. Sui ricorsi di quattro Regioni (Puglia, Toscana, Sardegna e Campania) la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimi specifici profili del testo, pur ritenendo non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge. La decisione della Consulta era attesa il 14 dicembre, ma nelle ultime ore i giudici hanno dato una potente accelerazione al dossier.
Queste le parti incostituzionali della legge Calderoli, secondo quanto riferito nel comunicato della Consulta che anticipa la sentenza:
- la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la Regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, “laddove la Corte – si scrive nel comunicato finale della Consulta - ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del principio di sussidiarietà”;
- il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (Lep) priva di idonei criteri direttivi, "con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento";
- la previsione che sia un decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) a determinare l’aggiornamento dei Lep;
- il ricorso alla procedura prevista dalla legge 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023) per la determinazione dei Lep con Dpcm, sino all’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i Lep;
- la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito; “in base a tale previsione – spiega la Consulta - potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti, che, dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite, non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni”;
- la facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica;
- l’estensione della legge 86 del 2024 (la legge Calderoli), e dunque dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, alle regioni a statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali.
La Consulta ritiene invece coerente con il quadro costituzionale il fatto che l’iniziativa legislativa sull'autonomia non sia riservata unicamente al governo, che il Parlamento abbia possibilità di emendare le intese con le regioni, la distinzione tra materie Lep e materie no-Lep, la sostituzione della spesa storica con costi e fabbisogni standard, la "clausola di invarianza finanziaria".
Ora, ricorda la Corte costituzionale, "spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge". Il testo dunque viene riaperto, e questo da un lato ne bloccherà l'attuazione, dall'altro potrebbe cambiare i tempi del referendum abrogativo.
Importante la postilla finale della Consulta: la Corte, si specifica, "resta competente a vagliare la costituzionalità delle singole leggi di differenziazione, qualora venissero censurate con ricorso in via principale da altre regioni o in via incidentale". Anche le singole intese, insomma, dovranno passare il vaglio dei giudici costituzionali.