venerdì 14 dicembre 2018
A Bruxelles Conte e Tria trattano a oltranza sui numeri. Moscovici: «Ancora non ci siamo», poi precisa Si vuole un calo di altri 4 miliardi, ma potrebbe bastare la metà
La Ue chiede uno sforzo in più sul deficit
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Dopo l’offerta portata mercoledì da Giuseppe Conte a Jean-Claude Juncker, serve ancora uno sforzo, ma l’accordo con la Commissione Europea è davvero in vista. Tanto che, per percorrere l’«ultimo miglio» il ministro dell’Economia Giovanni Tria non si muove da Bruxelles. «Avrò altri incontri - ha detto - resterò finché non arriviamo a un accordo». Anche fino a domenica, limite massimo perché lunedì arrivi in Parlamento a Roma l’emendamento alla manovra che racchiuda il senso dell’intesa. Emendamento indispensabile perché alla riunione del 19 dicembre la Commissione stoppi la procedura per il debito.

Ieri Tria ha visto prima il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, poi, a ruota, il vice presidente della della Commissione Valdis Dombrovskis, quindi hanno continuato a lavorare i tecnici del Tesoro e della Commissione. Oggi si ripete il copione. «L’atmosfera è molto positiva – dice Adriana Cerretelli, portavoce di Tria –, i parametri indicati nella proposta italiana sono quelli su cui si sta lavorando», con il deficit al 2,04% del Pil contro l’originario 2,4%, circa sette-otto miliardi di euro di riduzione.

La proposta italiana, aveva detto in mattinata al Senato francese Moscovici, «è un passo nella giusta direzione, ma ancora non ci siamo, ci sono ancora passi da fare, forse da entrambe le parti». Parole che sono parse gelare il negoziato, poi però lo stesso commissario, intercettato nel pomeriggio dai cronisti italiani, ha ammorbidito i toni. «Sono stato frainteso – ha spiegato –, ho detto che bisogna fare degli sforzi, sforzi di dialogo, sforzi di discussione, non ho parlato di cifre. Quando ho detto che non ci siamo ancora, questo vuol dire che non abbiamo ancora concluso la discussione». Aggiungendo che «lo sforzo fatto dall’Italia è consistente e apprezzabile».

In realtà Bruxelles qualche sforzo in più lo chiede, soprattutto per la riduzione del deficit strutturale (al netto di fattori una tantum e ciclici), chiedendo un miglioramento dello 0,1% del Pil, mentre l’Italia aveva previsto un peggioramento dello 0,9%. Sarebbe in teoria l’1% del Pil, oltre 17 miliardi di euro, 7-8 di più dell’offerta di Conte. In realtà Bruxelles chiede molto meno, secondo alcune fonti la cifra ieri sul tavolo era di circa 4 miliardi (che porterebbe la correzione totale della manovra a 11-12 miliardi di euro). Del resto Bruxelles vuole fare il massimo per venire incontro all’Italia.

Così sta valutando con attenzione le carte italiane, tra cui il piano di dismissioni, ed è pronta a considerare alcune spese come una tantum, alleggerendo così il deficit strutturale. Come è ora meno severa sulla stima di crescita del governo all’1,5% nel 2019, finora giudicata troppo ottimistica. Certo, le stime economiche d’autunno della Commissione vedono l’1,2%, ma - spiegano fonti comunitarie - «erano basate sull’assunto di uno spread elevato a lungo, ma abbiamo visto che il dialogo lo ha fatto calare». Alla fine si potrebbe forse scendere a un paio di miliardi, che porterebbe il totale a 9-10 miliardi. Si vedrà.

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