Sui social network e sui siti internet da qualche tempo girano piccoli test per misurare la propria età anagrafica. Uno dei più simpatici è composto da una foto con due frasi in sovraimpressione. La foto ritrae una penna biro e un’audiocassetta. Le scritte recitano: «Test per capire la tua età. Condividi se conosci la connessione tra questi due oggetti». Già, chi si ricorda quando con la penna biro si riavvolgeva il nastro delle audiocassette (uscito dopo essersi incastrato nei registratori) non è certo un nativo digitale, come si definiscono ora i ragazzi venuti alla luce dopo l’avvento di internet e della società digitale.Tra le rivoluzioni alle quali stiamo assistendo ce n’è una, per la verità in atto da un po’, difficile per molti da comprendere e soprattutto da accettare: il cambiamento di rotta della cosiddetta "fabbrica dei sogni". Ricordate? Per anni Hollywood e tutto il mondo del cinema sono stati definiti la "fabbrica dei sogni". Un mondo di luci sfavillanti, attori, registi, sogni e soldi. Tanti soldi. La sola Hollywood fattura ogni anno ben 41,3 miliardi di dollari. Se a questo aggiungete il secondo mercato del mondo, la Cina, e il terzo, l’Europa, la cifra complessiva del mercato cinematografico lievita attorno ai 60 miliardi di dollari. Numeri da capogiro. Il decuplo di quanto fattura in tutto il mondo il mercato musicale. Che regala ancora qualche sogno, ma è sempre più economicamente traballante.Direte voi: la nuova fabbrica dei sogni è internet. Dove si ascolta musica, si guardano video, si gioca e ci si scambiano opinioni (e insulti). Per certi versi avete ragione, ma la generazione digitale guarda alla Rete con molta più sufficienza di quanto fanno gli adulti che usavano biro e audiocassette. Per loro, per i "digitali", la fabbrica dei sogni è un’altra. Che agli adulti piace (e spesso a ragione) molto poco. È il mondo dei videogiochi.Mi sembra già di vedere le espressioni sui vostri volti. Molte sono dubbiose, altre addirittura infastidite. Come a voler dire: ma figurati se un videogioco riuscirà mai a superare la forza onirica ed emozionale di un film. E ancora: i videogiochi? Ma i videogiochi sono violenti e pieni di banalità, come si fa a paragonarli al cinema?Mettiamola così: sul piano culturale, molto probabilmente, avete ragione da vendere, ma sul piano creativo e commerciale vi sbagliate di grosso. L’industria dei videogame, ormai, è popolata da alcune delle menti più creative delle nuove generazioni. Ragazzi che hanno capito che realizzare un videogioco può essere più creativo e (per certi versi) difficile che girare un film.Non è un caso che sempre più videogiochi sembrino dei piccoli film hollywoodiani, con sceneggiature, scenografie (digitali) ed effetti speciali degni di certe pellicole di successo. E non è un caso che sempre più persone nel mondo giochino. Anzi, video giochino. Già oggi sono 1,21 miliardi. Per un fatturato di 70,4 miliardi di dollari. Cioè 10 miliardi di dollari più del cinema. Undici volte quello che fattura la musica. Entro il 2016, secondo gli analisti, i giocatori diventeranno 1,55 miliardi. E il business dei videogame supererà gli 86 miliardi di dollari. Ovviamente giocheremo sempre di più coi telefonini e con i tablet (rispettivamente con un tasso annuo di crescita medio del 19% e del 48%).Il cinema, invece, è destinato ad avere una stagione tutt’altro che facile. Le stime sono molto prudenti. Perché se è vero che sempre più spesso le televisioni di casa hanno schermi sempre più grandi, è altrettanto vero che sempre meno pellicole raggiungono quella soglia minima di spettatori per rientrare delle spese sostenute.Funzionano le pellicole più facili e di effetto. Magari realizzate come certi videogiochi. O addirittura come trasposizione cinematografica di videogiochi di successo. Almeno una quindicina di film tratti da videogiochi hanno avuto incassi da capogiro. Titoli come
Prince of Persia, la serie di
Resident Evil e quella di
Lara Croft hanno superato i 250 milioni di dollari. Seguiti a ruota da
Mortal Kombat,
Street Fighter,
Silent Hill,
Hitman,
Max Payne e
Final Fantasy.Come vedete, aldilà di tutte le (pur legittime) preoccupazioni sui contenuti e la "filosofia" del mondo dei giochi, quella dei videogame è una rivoluzione ormai in atto. Combatterla non servirà a molto. Forse è meglio cercare di capirla per governarla e (se possibile) viverla al meglio.