sabato 30 aprile 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
Don Fernando Álvarez de Toledo, duca d’Alba, fu nominato viceré del Regno di Napoli da Filippo II nel 1556. Fu l’uomo di maggiore fiducia di Carlo V e di Filippo II, Maggiordomo maggiore del Re di Spagna sotto entrambi i monarchi, membro del loro Consiglio di Stato e di Guerra, governatore del Ducato di Milano (1555-1556). Nel 1558 lasciò Napoli per diventare governatore dei Paesi Bassi (1567-1573) e successivamente viceré del Portogallo (1580-1582). Rappresentò Filippo II nelle su nozze a distanza con Elisabetta di Valois e con Anna d’Austria. Carlo V lo stimava senza ritegno. «Sua Maestà Cesarea, ritiratasi nel monastero di Yuste e prossima alla morte, mandò a chiamare il figlio Filippo II, a cui aveva lasciato i suoi regni e domini, e chiamò anche il duca. Una volta assieme, disse: 'Figlio, muoio consolato dal fatto che vi lascio al duca don Fernando. Stimatelo e onoratelo come se fossi io, facendovi guidare e consigliare come ho fatto io. E a voi duca, affido mio figlio e vi incarico di prendervi cura di lui come se fosse figlio vostro'. E l’universo intero rimase ammirato da quelle parole». Lo racconta Miguel Díez de Aux, maestro di cerimonie e usciere maggiore del Regno di Napoli, nel suo Cerimoniale del 1622, documento stracolmo di notizie storiche, specialmente sulla vita della corte, e che ora vede la luce per la prima volta. Leggendolo ci affacciamo su una Napoli da sogno, raffinata e solenne, aldilà di ogni stereotipo, di altissima civiltà. Per esempio: «Dirigendosi verso Palazzo, viene prima la guardia alemanna, vestita la livrea nuova, disposta su due file; al centro solo la carrozza della viceregina, seguita da una compagnia di soldati armati di tutto punto con lo stendardo issato; poi i continos, i cavalieri, gli entretenidos e i capitani riformati con al seguito i titolati in base al loro titolo. A seguire gli ufficiali, gli Eletti della Città, i quattro portieri da camera con la mazza a spalla; in mezzo il re d’armi, con la tunica e lo scettro reale in mano; poi i Sette Uffici secondo il consueto ordine di precedenza. Ancora dietro l’usciere maggiore e dietro di lui il capitano della guardia alemanna, seguito da Sua Eccellenza col sindaco a lato e la carrozza della viceregina a man destra, mantenendosi in disparte per far posto al Collaterale che viene dopo il viceré, e poi i Tribunali, ognuno al posto che gli spetta per precedenza. Nel frattempo Castelnuovo salutava sparando a salva dai torrioni, baluardi e cortine, con tutta l’artiglieria e i mortaretti a disposizione». Personaggi del rango e dell’autorità morale di un Fernando Álvarez de Toledo ci danno l’idea dello stile nobilissimo della corte. Ora lo possiamo apprezzare grazie alla colossale fatica dello storico Attilio Antonelli della Soprintendenza di Napoli, che sta pubblicando, col necessario corredo di ricerche e illustrazioni, questi inediti documenti. L’ultimo volume, appena sfornato, Cerimoniale del viceregno spagnolo di Napoli 1503-1622 (Arte’m, 526 pagine, sidp), è stato preceduto da Cerimoniale del viceregno spagnolo e austriaco di Napoli 1650-1717( Rubbettino, 620 pagine, sidp) eCerimoniale del viceregno austriaco di Napoli 1707-1734( 496 pagine, sidp). Il progetto comprende la pubblicazione dei cerimoniali dal 1503 al 1801. A metà del XVIII secolo, non si sa per quale motivo, una serie di libri del Palazzo Reale furono imbarcati, ma la nave incappò in una tempesta poco lontano da Napoli e tra il materiale che si poté recuperare si trovavano questi cinque libri, ora strappati all’oblio di diversi archivi. Il passaggio dagli spagnoli agli austriaci avvenne senza troppa discontinuità. I nuovi padroni vollero attenersi pedissequamente allo stile dei viceré iberici. Il titolo di nobiltà più ambito continuava a essere Grande di Spagna e a questi spettava ancora ogni precedenza e privilegio. I viceré nominati dall’Austria, undici in totale, furono però più vicini al popolo, partecipando alle feste, come anche alle famiglie nobili, presenziando alle nozze o ad altri avvenimenti. Venne meno il mecenatismo tipico degli spagnoli, e sotto il loro comando non fiorirono specialmente le arti. In ogni caso questi inediti cerimoniali permettono di studiare di nuovo il viceregno austriaco di Napoli, ignoto ancora ai più e non sviscerato dalle ricerche. Come si accennava, oltre alle cerimonie e festeggiamenti, questi volumi sono delle cronache particolarmente interessanti di eventi accaduti lungo i secoli nella città e nella corte. Entrate ufficiali, arrivi di personaggi di riguardo, beatificazioni e patrocini, feste e anniversari, nozze, funerali, monacazioni, elezioni papali, vittorie militari, e quant’altro. E sono anche ritratto della città di Napoli, nelle sue vie, i suoi costumi e soprattutto i suoi palazzi. Un caso tra i mille: ci viene raccontata con dovizia di particolari l’elezione al papato nel 1724 di Benedetto XIII Orsini, per lunghi anni vescovo di Benevento, e il suo viaggio a Roma e, due anni dopo, il viaggio da Roma a Benevento, con inedite concitazioni che occupano per due mesi il viceré cardinale Althan e tutta la città di Napoli. © RIPRODUZIONE RISERVATA Storia Prima viceregno spagnolo, poi viceregno austriaco, la capitale partenopea è stata teatro di manifestazioni grandiose di potere. L’opera in più volumi dello storico Antonelli, raccoglie i Cerimoniali dal 1503 al 1801 proponendoci scorci straordinari e inaspettati NOBILTÀ Fernando Álvarez de Toledo, duca d’Alba, nominato viceré del Regno di Napoli da Filippo II nel 1556, qui in un ritratto di Tiziano Vecellio
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: