mercoledì 2 ottobre 2024
Non è solo un esempio sorprendente di conservazione, diventerà un caso di museo nuovo. A San Giustino, presso Sansepolcro, ha un giardino barocco, stanze affrescate da Gherardi e arredi originali
Il Castello Bufalini, a San Giustino

Il Castello Bufalini, a San Giustino - Marco Giugliarelli

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Nell’era dei flussi turistici che si concentrano come sciami su poche icone consacrate da Instagram – svilite a fondale di pretese experience così uniche da replicarsi in una vertigine infinita di copie – esistono per fortuna ancora luoghi dove le parole cultura ed esperienza hanno un sapore forte e un valore autentico. Luoghi poco conosciuti, forse meno vistosi ma non meno affascinanti, e soprattutto oggetto di progetti esemplari, come il castello Bufalini, nel comune di San Giustino, piccolo borgo umbro tra Città di Castello e Sansepolcro, ossia sul confine che un tempo separava territori pontifici e toscani. Sorto come fortezza difensiva, una volta divenuto proprietà dei Bufalini il castello venne trasformato nel corso del Cinquecento in villa di delizia, con l’aggiunta tra le altre cose di un aereo, elegantissimo loggiato aperto tra le torri, per il quale studi recentissimi ipotizzano l’intervento di Antonio da Sangallo il Giovane e della sua cerchia. I Bufalini, ricca famiglia tifernate con forti interessi a Roma (di loro patronato è la cappella del Pinturicchio in Santa Maria in Ara Coeli) e un cardinale nell’albero genealogico – a cui si può aggiungere Giulio Mazzarino, figlio di Ortensia Bufalini – hanno abitato ininterrottamente il castello dal 1480 al 1989, quando lo cedono allo Stato con il suo contenuto: le opere d’arte, i mobili, l’archivio storico, tutto conservato in situ. Il castello è dunque già di per sé un caso certamente fortunato, e forse unico, di unità di tempo e luogo, la cui stratigrafia culturale e antropologica è eccezionalmente intatta, analizzabile e accessibile. Ma è anche un caso di unità di spirito. La famiglia Bufalini, infatti, con una coerenza che in retrospettiva fa assumere all’orgoglio famigliare la fisionomia della responsabilità storica, nei secoli ha conservato quanto più possibile patrimonio e aspetto. Non solo 1.300 opere d’arte, la decorazione di intere sale, le suppellettili (compresi pezzi rarissimi come una culla barocca, una vera macchina allegorica per l’esposizione del piccolo erede), oltre a stoviglie e tessuti preziosi, oggetti della vita quotidiana e legati alla produzione agricola e alla dimensione rurale, ma anche un giardino all’italiana con ninfei e fontane e un frutteto che hanno mantenuto intatte foggia e disposizioni originali, compreso un labirinto – le cui siepi in bosso e i cipressi all’ingresso risalgono al Seicento – ultimo superstite dei molti un tempo diffusi e quindi scomparsi con l’avvento del giardino all’inglese. Infine, il castello Bufalini contiene la massima concentrazione di opere di Cristofano Gherardi, artista del manierismo fiorentino, collaboratore e amico di Giorgio Vasari (il quale però nelle Vite ne fornì un ritratto da gregario), che qui si rifugiò perché sospettato di aver partecipato alla cospirazione antimedicea del 1537. Figlio di buona famiglia che non si curava del proprio aspetto (insofferente alle dinamiche di corte, girava con le scarpe spaiate e la cappa a rovescio), per i Bufalini svolse le funzioni di artista e, come attestano i documenti, di fattore. Quanto resta nel castello – ben otto sale – attesta l’altissima qualità del suo lavoro e l’evoluzione del linguaggio nel corso di una ventina di anni, da una estrosa pittura di grottesche, con piglio fantastico da miniatore, ai temi storici trattati con una fresca vena narrativa fino alla dimensione monumentale della Sala di Prometeo, uno dei vertici del secondo Cinquecento toscano, dove Gherardi tra l’altro assembla festoni composti da frutta e verdura coltivate nel castello, riprese con una cura che diremmo scientifica. Castello Bufalini è ora oggetto di un vasto programma di restauro, riqualificazione e nuova musealizzazione, parte del Piano strategico Grandi progetti culturali del Mic, con un investimento complessivo di 5 milioni di euro i cui primi frutti sono le recentissime aperture, con nuovi orari di ingresso, della Sala dei Fatti romani e l’Appartamento padronale con la Sala di Apollo, la Stufetta degli amori di Giove e la Sala dei Fiumi, tutti ambienti affrescati da Cristofano Gherardi.

La Sala dei Fatti romani, di recente apertura al pubblico

La Sala dei Fatti romani, di recente apertura al pubblico - Marco Giugliarelli

«Prendersi cura di Castello Bufalini – spiega Veruska Picchiarelli, appassionato direttore scientifico di questo luogo – rappresenta una sfida affascinante, perché ci si trova al cospetto di una realtà museale ricca e complessa che necessita di azioni specifiche di tutela e valorizzazione. Le stiamo portando avanti sulla base di due linee guida: un rigoroso approccio scientifico, in collaborazione con le migliori professionalità, e l’apertura e la condivisione con la comunità locale, che si riconosce nel castello o lo percepisce davvero come bene comune». Il sito sarà interessato tra 2025 e 2026 da numerosi interventi, programmati per consentire l’accessibilità: il restauro filologico del giardino, incluso il ripristino dell’originale struttura idraulica e del sistema composto dalle diciassette tra vasche e fontane, e un nuovo allestimento a cura dello studio Migliore+Servetto, tra i protagonisti internazionali della progettazione museale. Sarà un intervento ad alto tasso tecnologico e interesserà tutti i livelli dell’edificio (comprese le cantine, in corso di recupero) e inteso a rievocare il bacino inesauribile di storie che costituisce la ricchezza più autentica del castello, a partire dalla figura di Francesca Turrini (1553-1641), terza moglie di Giulio I Bufalini, tra le prime riconosciute poetesse italiane e donna ricchissima di umanità. «Castello Bufalini sarà un museo di esperienza – spiega Ico Migliore – un esempio di “museo seme” capace di far germogliare la riflessione culturale offrendo nuovi spazi e contenuti. Un “castello narrante”, con proiezioni e voci, il teatro di un viaggio nel tempo e soprattutto un luogo dove tornare ». Nell’idea di Costantino D’Orazio, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria e dei Musei nazionali dell’Umbria, castello Bufalini è il modello di un più vasto progetto di «trasformazione del panorama, ricco ed eterogeneo, dei quattordici musei statali umbri sui quali il piano di investimento complessivo è di 25 milioni di euro. Con una chiave precisa: aprirli alla contemporaneità ». Anche in questo senso arriverà sulla cinta muraria del castello l’opera site specific di Matteo Attruia Una storia (v)era, una sorta di segnale sulla strada che ricuce il passato al suo futuro.

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