Piccolo uomo dalle grandi idee, Bono gioca ancora una volta a sorprendere i propri fans. Nel nuovo album degli U2, sul mercato da venerdì prossimo, si definisce smanioso di tornare a dire la sua attingendo a termini come «reset» (azzerare) o «reboot» (riavviare) persino dal linguaggio informatico per formulare ai fans l’invito « ad azzerare il passato e ricominciare tutto da capo per riavviare il mondo». Le vette di Unforgettable fire o Achtung baby rimangono inarrivabili per gli U2 di oggi, ma questa nuova fatica del gruppo irlandese strizza l’occhio al passato con gran convinzione. Prova ne sia il benservito riservato in corso d’opera al guru dei produttori Rick Rubin per riabbracciare i sempiterni Brian Eno, Daniel Lanois e Steve Lillywhite. Il risultato è un suono straordinario al servizio di canzoni di alto livello da metabolizzare ascolto dopo ascolto senza farsi influenzare dal pop un po’ sterile del primo singolo Get on your boots, malizioso specchietto per le allodole costruito sul sound ha fatto la fortuna del quartetto di Pride. Fra i personaggi che affolano le storie di questo nuovo cd e del film di Anton Corbijn Linear, realizzato come completamento visivo del cd, ci sono un drogato ( Moment of surrender), un poliziotto ( Fez / Being born), un corrispondente di guerra ( Cedars of Lebanon). Ed è sulle loro vite che scivolano via i cinquantaquattro minuti di queste undici nuove canzoni. Ma sulle copie messe in vendita in Inghilterra, Giappone ed Australia ce ne sarà una in più: No line on the horizon 2, uno sviluppo della title-track che apre il disco. Compare solo nel mediometraggio di Corbijn invece Winter, un pezzo dai retaggi alla Simon & Garfunkel per accontare la storia di un soldato sotto la neve dell’Afghanistan. Il pezzo dovrebbe figurare pure nella colonna sonora di Brothers, il nuovo film di Jim Sheridan interpretato da Tobey Maguire. Fra i brani di primissimo piano, oltre a quello che intitola l’album, si evidenziano il ritorno al passato di Magnificent, nobilitata dal tocco di Terry Lawless e di will. i. am dei Black Eyed Peas, Stand up comedy col suo falsetto invadente e i suoi retaggi zeppeliniani, White as snow una ballad quasi folk, Breathe col violoncello arabo di Caroline Dale. I 7 minuti e 22 secondi di Moment of surrender finiscono per trasformarla invece in una specia di preghiera (il leader Bono la definisce «una preghiera laica, piena di anima e di suoni neri»). E i fans già carezzano l’idea di ascoltarla nel nuovo tour mondiale della band, atte- so al debutto l’ultima settimana di giugno in quel di Barcellona con due repliche a San Siro tra il 6 e l’8 luglio. Possibile pure una replica a Roma. Dedicato alla memoria di Rob Patridge, l’uomo che più di ogni altro si spese per procurare agli U2 un contratto con l’etichetta Island e divenne per un decennio il loro addetto stampa, No line on the horizon sposa la causa di One, l’organizzazione per affrontare le emergenze sanitarie dell’Africa supportata dagli stessi U2, di Greenpeace, di Amnesty International, e della Burma Campaign a sostegno della liberazione del Premio Nobel Aung Sang Suu Kyi. Da sinistra il chitarrista The Edge e Bono Vox degli U2.