«Le piccole emittenti sono preziosi strumenti che consentono a una Chiesa locale di entrare nelle case». Paolo Bonci, direttore uscente dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di
Fiesole, sa bene quanto una tv del territorio possa trasformarsi in «agorà». Da venticinque anni cura una rubrica socio-religiosa,
Segno 7, che va in onda sul’emittente locale Tv1. «Con lungimiranza – afferma Bonci – la diocesi ha voluto accendere le telecamere per raccontarsi. Ecco perché sarebbe una iattura perdere quel senso di prossimità che le locali sono riuscite a creare negli anni».Anche la diocesi di
Piacenza-Bobbio ha costruito un rapporto proficuo con le locali come dimostra il programma settimanale
Le strade della vita trasmesso da Telelibertà. «Andare in tv non è uno slogan, ma un’opportunità per essere in mezzo alla gente – sottolinea il direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali, don Davide Maloberti –. E sono proprio le piccole tv che permettono di valorizzare ciò che è più vicino». Il sacerdote le definisce una «ricchezza che non può essere sacrificata a vantaggio delle reti maggiori che spesso sono sinonimo di omologazione informativa».Il rischio di spegnere i ripetitori preoccupa. E non poco. Venerdì verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il primo bando elaborato dal ministero dello sviluppo economico per stabilire le graduatorie delle tv che si salveranno e quelle che non ce la faranno. «Ogni comunità ha diritto di esprimersi – dichiara don Bruno Cescon, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di
Concordia-Pordenone –. E non sono certo i grandi media che le descrivono. Per questo silenziare le voci di un territorio vuol dire bloccarne la soggettività. Un pericolo analogo è stato corso dai settimanali diocesani con l’aumento delle tariffe postali».Insomma, un «patrimonio culturale che va tutelato», chiarisce il direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di
Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, Alberto Cavallini. «Le locali – aggiunge – portano alla ribalta le istanze che vengono dal basso. E per la comunità ecclesiale sono una risorsa che consente di superare i confini delle parrocchie». Parla di «missione identitaria» delle piccole tv il direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di
Matera-Irsina e segretario nazionale dell’Aiart, Domenico Infante: «Vanno difese perché penetrano nel profondo. E grazie al web le nostre emittenti aiutano a stabilire legami affettivi con gli emigranti».