L'ingegnere libanese Zeina Nazer
«La città intelligente è dove vivono le persone intelligenti». La lapidaria definizione è di Zeina Nazer, ingegnere libanese esperta in sistemi di trasporto, fondatrice della londinese Cities Forum, e consulente di Expo Dubai 2020. La prossima esposizione universale avrà proprio nei trasporti uno dei suoi fiori all’occhiello. «Sarà tra l’altro l’occasione – nota la Nazer – per presentare l’innovativo sistema Hyperloop, attualmente in fase di sviluppo: la capsula che viaggia nel lungo tubo dove, grazie alla quasi totale assenza di pressione atmosferica, può raggiungere velocità altissime. Il percorso tra Dubai e Abu Dhabi, che in automobile richiede oltre un’ora di tempo, una volta che Virgin Hyperloop abbia completato la nuova opera di cui detiene l’appalto, potrà essere coperto in una dozzina di minuti. Il quella zona desertica e pianeggiante, diversa dall’orografia della Gran Bretagna, si potrebbe costruire una rete di questi sistemi di trasporto magnetico, velocissimo, il che consentirebbe di viaggiare da Dubai a Doha in poco più di venti minuti invece delle sette ore ora necessarie, o di raggiungere Riad, a quasi mille chilometri di distanza, in poco più di tre quarti d’ora. Questo significa avvicinare le persone tra loro, permettere di vivere in un posto e lavorare in un altro, anche se molto lontano».
Sarà un sistema molto costoso...
Tutto ciò che è nuovo è costoso. Ma il risparmio di tempo permesso dalla rapidità dei trasporti dà sempre un grande vantaggio. Del resto anche un evento come le Olimpiadi, o come Expo, comporta sempre forti spese e sull’immediato rappresenta una perdita economica per la città che lo ospita. Ma ben presto ne sortiscono effetti positivi, sia quanto a marketing urbano, ovvero quanto a rilevanza con cui nel mondo si guarda alla città, sia quanto a infrastrutture che, realizzate per l’evento, restano nel tempo.
Hyperloop è una prospettiva futuribile di collegamento extraurbano: che accade coi trasporti urbani?
A Dubai la popolazione è molto cresciuta e in brevissimo tempo. Vi sono troppe automobili: c’è persino chi fa collezione di automobili. Invece qui, come ovunque peraltro, la soluzione consiste nello sviluppare sistemi di trasporto non privato ma pubblico, o condiviso, integrato, sicuro, efficiente e non inquinante. Quindi per ridurre e possibilmente togliere del tutto il traffico automobilistico, progetto autobus elettrici a guida autonoma e collegati in rete, così che vi sia fluidità: un sistema che “sa” quali sono i percorsi migliori in ogni momento dato. Aggiungo che bisognerebbe far pagare l’uso delle strade a chi va in auto, come è già stato fatto nel centro di Londra.
La chiave di volta della città intelligente sta dunque nei trasporti?
Anzitutto sta nella condivisione e nella collaborazione. Per esempio negli spazi di coworking, dove persone che operano anche in ambiti diversi possono facilmente scambiarsi idee. Sono stata recentemente a Milano in un luogo così, concepito per favorire il dialogo tra le persone. Anche alla British Library vi sono ambienti di questo genere, e per giunta qui sono gratuiti. In generale, se parliamo di città intelligenti il problema sta nel trovare le soluzioni migliori per le specifiche circostanze. Alcuni esempi. Nel mio Paese, il Libano, molto grave è stato il problema della corruzione: le persone hanno reagito non solo dimostrando in modo pacifico per le strade, ma anche incontrandosi negli spazi pubblici per parlare tra loro e attivare lezioni, momenti educativi. A San Paolo in Brasile c’è una strada dove si allineano le più importanti banche: hanno cominciato nei giorni di festa a chiuderla al traffico, per aprire mercatini e permettere alle persone di far festa, cantare, ballare, recitare, perché anche chi non ha soldi può crescere nella cultura e vivere con gioia. A Singapore hanno deciso di dimenticarsi delle differenze esistenti tra le diverse etnie dei residenti: accettarsi quali cittadini e vivere in pace assieme. E parlare inglese nei luoghi pubblici invece di ostentare la propria madrelingua, così da definire uno spazio linguistico comune e aperto anche a chi viene da fuori. La chiave sta nel comunicare con reciproco rispetto.
Stiamo parlando comunque di luoghi dove ci sono infrastrutture funzionanti. Ma ci sono città africane cresciute a dismisura e con gravi problemi, per esempio di inquinamento delle acque.
La mia specialità sono i trasporti e di questi posso parlare. Del resto questi sono fondamentali per favorire la collaborazione. E solo collaborando si possono risolvere i problemi. Penso all’importanza che in Africa hanno gli smartphone: sono usati dalla stragrande maggioranza delle persone perché consentono di comunicare anche dove non ci sono reti cablate. In Uganda è cresciuto un sistema di trasporti urbani basato sulle biciclette usate a mo’ di taxi, reperibili tramite app e con pagamenti in contanti per chi non dispone di banche online. Consente di andare da un capo all’altro delle città, in modo semplice, rapido e non inquinante.
Parlando di bicicletta, è stato uno dei primi mezzi di trasporto urbano, e oggi torna di moda.
Ci mancherebbe! Le biciclette consentono di spostarsi più rapidamente che con le auto, sempre ingolfate nel traffico. Il problema è renderle più sicure. Che vi sia una netta separazione tra veicoli a motore, pedoni e piste ciclabili – a differenza di quel che si vede oggi a Milano, dove il terreno pianeggiante favorisce le biciclette ma queste sono spesso costrette a condividere spazi troppo vicini a quelli per le auto e per chi cammina. E ci vogliono regole precise: lo si vede bene in Olanda, dove ne circolano moltissime e in assenza di regole la confusione sarebbe massima. Ma, ancora, ogni città ha caratteristiche proprie. A Hong Kong usano tappeti e scale mobili come sistemi di trasporto urbano, ma in una città storica questo non è consigliabile. Alle Cinque Terre c’è la Via dell’Amore: va percorsa a piedi, e basta, non c’è un’alternativa, l’identità del sito è quella e va rispettata. La città è intelligente se sa conservare e valorizzare le proprie caratteristiche distintive.