Ormai in Russia gli unici a richiamare le folle degne delle adunate del Pcus sono solo i discorsi di Putin e loro: gli “italianzy”. Italiani “veri” come Toto Cutugno, Ricchi e Poveri, Pupo, Riccardo Fogli, Matia Bazar, Al Bano (con e senza Romina Power). Tutti eredi agli occhi dei tanti Ivan e Natasha sparsi nel Paese più grande della terra di Adriano Celentano, il primo ad aprire una crepa sulla cortina di ferro con l’energia contagiosa di un rock celato dentro la scorza – apparentemente inoffensiva per la nomenklatura – di «musica popolare italiana», e oggi più amato di Elvis negli otto fusi orari che separano Kaliningrad da Vladivostock. Gran parte degli altri, a cominciare dallo zar Toto, piovvero nelle isbe e nei grattacieli che lastricano la striscia d’acciaio della Transiberiana una notte dell’inverno 1983 grazie al Festival di Sanremo e a pezzi di storia come
L’italiano,
Vacanze romane, o
Cieli azzurri. Una distrazione della nomenklatura dell’era Andropov, notoriamente più appassionato più di jazz che di altre musiche, a cui gli “italianzy” debbono i loro successi oltrecortina. Anche se Umberto Tozzi si tira fuori dal novero, giudicando la sua popolarità nell’ex Europa dell’Est come un riflesso condizionato del successo dei colleghi e di quella
Gloria che rimane la stella polare di un’avventura da 75 milioni di album venduti. L’ultimo,
Ma che spettacolo, arriva nei negozi venerdì, sulla scia del singolo
Sei tu l’immenso amore mio e del relativo video con Elisabetta Gregoraci.«È stata l’amicizia con Albano a portarmi a Mosca, San Pietroburgo, Kiev, Crimea, Georgia», spiega il musicista torinese, classe 1952, che arricchisce la versione deluxe di questa sua nuova fatica formato cd con un dvd live con tutti i suoi successi realizzato tre anni fa in quel di Padova. «Al contrario degli altri miei colleghi su di me all’Est né sistema radiotelevisivo né l’impresariato hanno mai investito seriamente. Così lì mi conoscono per le canzoni, ma non di persona». Eppure il giovane cantante russo Alan Tsarikaevha ha voluto proprio Umberto a duettare
Gloria tra i solchi del suo recente album
Viaggio in Italia. «Ho conosciuto Alan due anni fa circa tramite il mio caro amico Cosimo Vindice. Ci siamo esibiti insieme in Russia. Alan è un appassionato della nostra musica e ha un grande rispetto di tutto quel che è il repertorio musicale italiano e in questo album di duetti con i Fogli e con gli Al Bano ha voluto pure me. Ho avuto la fortuna di ottenere all’estero quelle gratificazioni che magari avrei dovuto ricevere dall’Italia e il paese a cui sono più legato è la Francia dove gli artisti hanno il peso che meritano. Li nessuno va in televisione senza saper fare nulla, qui invece è una cosa più che possibile. Pure il Canada mi accoglie sempre molto bene. Fossi nato a Liverpool forse sarei potuto diventare il quinto Beatle». E del nuovo album dice che una canzone come
Hammamet gliel’hanno suggerita i soggiorni in Tunisia. «L’ho scritta lì, dove frequento spesso la casa di Bobo Craxi che, oltre ad essere il figlio dello statista, è anche un bravo chitarrista. Il pezzo riflette sulle condizioni in cui vive un popolo come quello tunisino e sulle sue donne». Il labile legame con il pubblico d’oltre cortina ha sollevato Tozzi dall’onore di fare gli auguri su YouTube al capo del Cremlino in occasione del suo 63° compleanno. «Magari erano pure auguri sinceri perché loro lo conoscono personalmente…», chiosa lui. «Tozzi è fra i mie i artisti preferiti, anche se il duetto dei sogni è quello con Adriano Celentano», spiega Emin Agalarov, altra realtà export moscovita (anche se di sangue azero) che frattanto s’è accontentato di condividere le suggestioni della sua ultima hit
Boomerang con Nile Rodgers e di aprire i concerti dei Take That. «Ero a Verona per i suoi show di tre anni fa e sono rimasto affascinato. Ho sempre amato, infatti, la sua musica; come, d’altronde, tre generazioni di russi». Tozzi concorda. «Se non avesse avuto paura di viaggiare, Celentano sarebbe diventato il nostro Frank Sinatra». Ma che l’Est eserciti una crescente attrazione lo dimostrano il tour di Ramazzotti, che in primavera sbarcherà a Minsk, Vilnius, Tallin, Mosca, Novosibirsk, Krasnoyarsk, Ekaterinburg, Omsk, Chelyabinsk, Kazan, Voronezh, Krasnodar, Baku, Yerevan, e la Pausini, sbarcata lo scorso anno per la prima volta in vita sua Mosca e San Pietroburgo. «Credo però che i cantanti italiani abbiano ormai attinto tutto il possibile dalla Russia» giura però Tozzi «e che oggi la nuova frontiera per la nostra canzone sia ancora più ad Est, in Cina e in Asia in generale».