Qualcuno ancora si meraviglia sentendo parlare di sport in Vaticano, come se, oltre che Stato extraterritoriale, questo fosse anche un luogo ultraterreno, in cui il tempo si è fermato e non ci sia posto per il gioco e il tempo libero. E invece da sempre, nei cortili, negli oratori e nei campetti della Santa Sede, si esercitano e soprattutto si confrontano atleti di tutte le discipline. Anzi, nell’ombelico del mondo cristiano il messaggio di una vita in grazia di Dio attraverso lo sport è arrivato nei secoli più forte che mai, attraverso l’insegnamento dell’atletico san Paolo, fino alla lezione oratoriale di don Bosco. «Esattamente centoventi anni fa, nel 1891, con l’enciclica
Rerum novarum, Papa Leone XIII inserì lo sport tra i nuovi strumenti di comunicazione di massa», sottolinea Roberto Calvigioni, che con suo figlio Stefano nel libro
Lo sport in Vaticano (Lev, pagine 180, euro 16,00) ripercorre oltre un secolo di attività agonistica entro le mura della Santa Sede. Che lo sport sia di casa nella dimora del Papa, lo dimostra il fatto che, due anni prima della
Rerum novarum, il giovane erudito Achille Ratti fu il primo scalatore a raggiungere la cima del Monte Rosa dalla parete orientale. Nel 1890, Pio XI scalò il Monte Bianco, aprendo il passaggio poi denominato “via Ratti-Grasselli”. Fu l’amore per lo sport come «scuola di lealtà, di coraggio, di sopportazione, di risolutezza e di fratellanza universale» che indusse Pio XI a concedere ai Cavalieri di Colombo il terreno di 18 acri su cui sorse l’oratorio di San Pietro, in cui nel 1926 venne inaugurato il campo da gioco intitolato allo stesso pontefice. Il passaggio di testimone al suo successore, Pio XII, contemplava anche la vicinanza al mondo dello sport e così non sorprende che il 7 settembre del 1947, nel discorso ufficiale agli uomini dell’Azione cattolica, Papa Pacelli, eletto dal Csi (Centro sportivo italiano) “Papa degli sportivi”, abbia rivolto questo appello: «È l’ora dell’azione. La dura gara di cui parla san Paolo è in corso... Guardate il vostro Gino Bartali, membro dell’Azione cattolica: egli ha più volte guadagnato l’ambita maglia. Correte anche voi in questo campionato ideale, in modo da conquistare una ben più nobile maglia». Il “giusto” Bartali, salvatore di ebrei perseguitati e fervido credente, arrivò con la sua bicicletta fino al soglio di Giovanni XXIII, che lo stupì dicendogli: «Senti, Gino, io sono di costituzione robusta, qui in Vaticano ci sono tanti giardini, ho una bici, ma non so andarci tanto bene. Se tu mi aiutassi...». Papa Roncalli a sua volta ha aiutato e seguito spiritualmente generazioni di campioni, a cominciare da quelli olimpici di Roma 1960. Ma il pontefice più “olimpico”, dal punto di vista dell’eclettismo atletico, è stato sicuramente Giovanni Paolo II, che nel 2000 indisse il Giubileo degli sportivi. Prima di lui però, Paolo VI, nel 1972 aveva dato il calcio d’inizio al Campionato del Vaticano, anche se il gioco del pallone aveva fatto la sua comparsa, rimbalzando sui sanpietrini del Cortile del Belvedere, nel lontano 1521, in una sfida che ebbe come “spettatore d’onore” Leone X. Deus ex machina del primo torneo calcistico ufficiale è stato Sergio Valci, ex calciatore ed ex direttore del Fondo vaticano di assistenza sanitaria. Furono dodici le formazioni che si iscrissero per contendersi il primo “scudetto” a San Pietro e in quella prima edizione a cucirselo al petto fu la squadra del quotidiano l’
Osservatore romano. Un campionato di cui si informava e chiedeva i risultati delle partite anche papa Wojtyla, che in gioventù, oltre che sciatore, ciclista, bocciofilo e canoista, si fregiava di aver difeso i pali della squadra di calcio della parrocchia polacca di Wadowice. Passione calcistica condivisa da papa Ratzinger, che dall’inizio del suo pontificato ha benedetto, tra le tante squadre ricevute in udienza, anche la Seleçao Internazionale dei sacerdoti e la Nir (Nazionale italiana preti), che ha assunto come ct il “redento” Renzo Ulivieri. La febbre del pallone in Vaticano conta a tutt’oggi un esercito di appassionati, con le loro rose di calcio a cinque composte da amministrativi, giardinieri, archivisti-bibliotecari, telefonisti e uscieri della Santa Sede. «Anche la Guardia svizzera ha una sua selezione – spiega Roberto Calvigioni –; a fondarla nel 1975 è stato Roman Fringeli. Per tredici anni l’ha guidata Franziskus Karlend e dal 2003 il “ct” è Martin Gerber». Una squadra “discontinua”, ma solo per il fatto che ogni due anni c’è il ricambio delle guardie, che rientrano in Svizzera. Ma la continuità del gioco e dei campionati è assicurata e il calcio ha contagiato anche i seminaristi e gli iscritti ai collegi e alle università pontificie, che proprio oggi tornano in campo per la quinta edizione della Clericus CupMa non si vive di solo calcio in Vaticano. E lo sapeva bene quel gran cecchino del cavalier Augusto Issopi, sovrastante ai Giardini Vaticani, che tra gli anni ’30 e ’40 fu campione italiano di tiro a volo e conquistò anche la prestigiosa Coppa Stanford. Titoli che alla sua morte (nel ’56) gli valsero l’onore della sepoltura all’interno delle mura, al cimitero della parrocchia di Sant’Anna. Ha fatto incetta di medaglie un altro eroe esemplare dello sport papalino, Pio Gaddi – palafraniere alla Corte pontificia – che a Parigi nel 1952 vinse il bronzo agli Europei di judo. Gaddi, oltre a praticare il judo e diventare maestro di karate, è stato arbitro internazionale. La sicurezza e la difesa personale non è mai troppa e così, dopo l’attentato di Ali Agca a Giovanni Paolo II (il 13 maggio ricorrono i trent’anni), Gaddi istituì dei corsi di arti marziali estesi ai vari corpi pontifici. Lo sport al servizio dell’incolumità fisica del Papa e di tutti coloro che operano in Vaticano, ma anche come momento d’aggregazione, ricreativo e rilassante quanto un bel match di tennis. Nicola Pietrangeli, padrino del tennis in Vaticano, ha assistito alla madre di tutte le partite. Quella semifinale del primo Torneo dell’Amicizia, nel 1978, per molti fu la prefigurazione del futuro duello tennistico Federer-Nadal: il maggiore della Guardia svizzera Pietro Hasler contro lo spagnolo padre Faustino Sainz (successivamente nunzio apostolico in Gran Betagna). Terminò con un secco 6-2, 6-2, per il tennista elvetico, in una sfida che è passata alla storia, grazie al
Corriere dello Sport che all’indomani titolò: «Una guardia svizzera ferma il monsignore».