di Giacomo Gambassi
Gentiloni (Pd): «Da tutelare le reti locali. I network si ritirino»Lo spiraglio per salvare le emittenti locali dalla «tele mattanza» potrebbe aprirsi a settembre, a costo zero per le esauste finanze pubbliche. Ma per Paolo Gentiloni, ministro delle Comunicazioni nella scorsa legislatura e attualmente deputato e responsabile comunicazione del Pd, il governo vuole favorire senza se e senza ma il duopolio Rai-Mediaset con un provvedimento dubbio dal punto di vista costituzionale.Dunque il digitale terrestre ucciderà inevitabilmente l’emittenza locale?Premessa: è necessario liberare le frequenze per fare spazio alle connessioni telefoniche via internet. Ma andava rispettato dall’esecutivo il metodo suggerito dalle associazioni di categoria, secondo il quale il passaggio al digitale terrestre doveva riservare un terzo delle frequenze all’emittenza locale e due terzi a quella nazionale. Ma il passaggio dall’analogico al digitale non doveva moltiplicare il pluralismo?Sulla carta sì, soprattutto con la crescita dei piccoli editori e l’arrivo di nuovi soggetti. E invece le frequenze assegnate alla telefonia vengono sottratte dal governo alle tivù del territorio mentre il duopolio Rai e Mediaset esce rafforzato dal disegno governativo. Così, in nome del solito conflitto d’interessi, verranno cancellate 200-250 piccole emittenti, spesso con oltre 30 anni di storia alle spalle. Senza contare i circa 2600 posti di lavoro che potrebbero sparire. Oggi l’informazione televisiva locale rischia di estinguersi in alcune parti d’ItaliaDove in particolare?Soprattutto nelle Marche e in Toscana, dove le televisioni sono più piccole. Eppure, a parte la mezz’oretta di informazione regionale sul Tgr della Rai, le notizie locali sportive, politiche, la stessa cronaca dei territori e delle comunità passa solo dalle tv cosiddette minori, vicine alla gente. C’è un altro aspetto del provvedimento del governo che trovo molto grave. In sostanza, viene limitato il potere del Tar in caso di ricorso da parte delle emittenti escluse, stabilendo che le frequenze in ogni caso non potranno essere restituite dai tribunali amministrativi, i quali al massimo potranno stabilire indennizzi economici ai piccoli editori.Ma un simile provvedimento è costituzionale?Credo proprio di no. Il governo del quale facevo parte, la scorsa legislatura, voleva emanare un decreto che limitava il potere dei tribunali amministrativi regionali di chiudere le discariche accogliendo i ricorsi dei sindaci per ragioni di salute pubblica. Il governo rinunciò perché ci venne detto che sarebbe stato incostituzionale. Nel caso delle frequenze, dove non mi pare certo in ballo la salute pubblica, se verranno sollevate istanze credo sarà provata la contrarietà del provvedimento al dettato della Carta.Quali sono in concreto i margini per evitare quella che abbiamo definito "telemattanza"?Il Pd, ha presentato una mozione in Senato che chiede al governo un ripensamento. Ai primi di settembre si terranno due aste. Alla prima, per aggiudicarsi le frequenze, parteciperanno i gestori telefonici che presenteranno offerte dell’ordine di 800-900 milioni di euro. All’altra, invece, che tecnicamente è un "beauty contest", un concorso di bellezza anziché un’asta competitiva e remunerativa per le casse dello Stato, parteciperanno i grandi operatori senza che vi sia alcun prezzo di vendita per ottenere i multiplex, le "superfrequenze" digitali in grado di trasportare fino a sei canali televisivi. Bene, se resta il "beauty contest", chiediamo che almeno da questa seconda asta il governo escluda Rai e Mediaset, che non hanno bisogno di un altro multiplex. Chiediamo che queste frequenze siano invece riservate alle voci del territorio, rispettando così la proporzione di due terzi di frequenze ai grandi e un terzo ai piccoli. Sarebbe un’operazione a costo zero a garanzia del pluralismo che verrebbe certamente apprezzata dall’Ue.
di Paolo Lambruschi