RONCALLI IL “CORRETTORE” Alberto Tallone conobbe monsignor Angelo Roncalli, il futuro «Papa buono» quando era nunzio apostolico a Parigi. Nel 1953, nominato cardinale e salito sulla cattedra veneziana di San Marco, monsignor Roncalli, chiese ad Alberto Tallone di stampare l’Imitazione di Cristo, opera tra le più importanti della letteratura cristiana, attribuita a Tommaso da Kempis. «Tallone aderì alla richiesta, utilizzando il nuovo carattere “Palladio” conosciuto oggi come Tallone, e il testo vide la luce in due edizioni, in latino e italiano, nel 1955 e nel 1956», scrisse Piero Scapecchi su “Biblioteche oggi”. Il futuro papa Giovanni XXIII non si limitò a suggerire il titolo della pubblicazione, ma secondo la testimonianza di Bianca Tallone «il santo talora assisteva alla stampa e leggeva le bozze con molta attenzione e fu felice quando ebbe in mano quest’opera a lui tanto cara». «Un grande avvenire dietro le spalle», avrebbe declamato dinanzi a tanta tradizione “amanuense” il mattatore Vittorio Gassman varcando il cancello, «sempre aperto», di via Diaz, ad Alpignano: cinta torinese, dove si trova la dimora settecentesca della famiglia Tallone. Qui ha sede la casa editrice dotata della tipografia più antica d’Europa, scrigno segreto di quei caratteri incisi a mano con i quali vengono pubblicati ogni anno «tre, al massimo quattro titoli» che vanno ad arricchire il catalogo delle pregiatissime edizioni Tallone. Pezzi unici, tiratura limitata – a volte in copia unica – rilegati completamente a mano e il cui valore commerciale, al di fuori dei rilanci dei collezionisti, va dai cento ai seimila euro. Un editore di lusso? No. «Tallone è un editore nudo, secco, perfetto che mette in atto una resistenza all’informazione globale, non ne è una sua variante», spiega il Giorgio Ficara, ordinario di Letteratura italiana all’Università di Torino. L’atelier di Alpignano è un tempio laico dei bibliofili e degli amanti del «libro puro», annoverabile alla voce “opera d’arte”. Manufatto in situ, quello che coinvolge un’intera famiglia a cominciare da Enrico, l’erede che porta avanti il mestiere del padre. Alberto Tallone, bergamasco classe 1898, libraio antiquario a Milano, «era socio del figlio di Toscanini» e poi «spinto dagli amici poeti, Sibilla Aleramo e Dino Campana», apprendista tipografo a Parigi, dal grande Maurice Darantière che, tra le tante opere eccelse, pubblicò la prima copia dell’Ulisse di James Joyce. «Le macchine e i caratteri su cui venne stampata l’opera di Joyce a tutt’oggi sono in uso ad Alpignano. Il nonno nel 1938 rilevò i torchi e la tipografia Darantière fondando la sua casa editrice», ci informano durante un fascinoso tour storico-didattico le due “Alice” nel mondo delle meraviglie di carta piombata, le sorelle Tallone, Elisa ed Eleonora. Con Lorenzo, sono i tre figli di Enrico e Maria Rosa. Elisa e Eleonora sono le autentiche nipoti d’arte della leonardesca nonna Bianca, ottantaseienne nata a Vinci che giovanissima sposò Alberto calandosi nel certosino e quotidiano lavoro editoriale, per poi seguirlo in capo a questo piccolo mondo antico. Qui ad Alpignano arrivarono in treno (nel 1958), altra passione di Alberto Tallone che in giardino mise in bella mostra quella locomotiva regalatagli, «per un cambio libri », dalla grande anima della Fiat, l’ingegner Vittorio Valletta. Uno dei tanti clienti prestigiosi dei Tallone, che fin dagli inizi hanno attratto la curiosità e l’ammirazione di papi (da Giovanni XXIII a Francesco), presidenti della Repubblica (Luigi Einaudi e Giuseppe Saragat), politici illustri (Giulio Andreotti) e premi Nobel per la letteratura (Quasimodo e Neruda). «Quando il nonno morì, nel 1968, il primo a venire in soccorso della nonna fu Neruda, dandogli tre titoli in esclusiva», dice Lorenzo, l’ultimo rampollo maschio di casa Tallone che, nella catena artigianale della tipografia, assolve al ruolo di addetto al rullo dell’inchiostro e alla leva del torchio. Tutto accade sotto gli occhi vigili di papà Enrico che alle “casse” tipografiche seleziona i caratteri «che sono tanti – dice –, ma non infiniti e dalla loro scelta iniziale dipende la buona riuscita del libro». Nel 1949, dopo anni di convivenza tra i Bodoni e i Manuzio, il patron «nel solco della tradizione elzeviriana» diede forma e vita al “carattere Palladio”, alias il “Tallone”. Tra centinaia di “tipi” e di “neri” agisce Elisa che predilige la «composizione eseguita esclusivamente a mano, lettera per lettera». Eleonora accarezza le carte cotonate che arrivano da ogni dove, «dalla Cina, dal Giappone, dalle nostre cartiere: Fabriano, la Magnani di Pescia e quella splendida carta siciliana prodotta con l’acqua delle falde dell’Etna con la quale abbiamo realizzato il
Pinocchioillustrato da Carlo Chiostri». Copertina color turchino, «omaggio alla Fata di Carlo Collodi», per quest’ultima gemma di 219 esemplari – stampata in sette diverse tirature – 420mila caratteri, trecento pagine cucite a mano dalla fida Graziella, da anni unica collaboratrice di casa Tallone. Sulla madia del salone di rappresentanza danno la schiena volumi di diversa foggia dalle copertine policrome, tra cui spiccano edizioni dei classici; tanti i testi religiosi di tradizione ebraica, comeIl
libro della Sapienza o la
Sapienza di Salomone, e quelli cristiani, dai-
Fioretti di san Francesco (illustrato dal pittore e scultore Francesco Messina) alCantico
dei cantici nella versione riveduta e corretta da uno degli autori più cari alla casa di Alpignano, Guido Ceronetti, che ricambia stima ed affetto: «Tallone è un punto fermo nel magma mobile delle cose circostanti. È straordinariamente attuale». Tra i testi “sacri”, un libro di culto, per chi apprezza o volesse intraprendere quest’arte, i tre volumi del
Manuale tipograficodi Alberto Tallone: la summa pratica e filosofica dell’impaginazione, dei caratteri di testo e dei formati. Per i Tallone unico punto di contatto con la contemporaneità è il computer che però non entra, tassativamente, in nessuna fase editoriale, tranne che per «la promozione del catalogo in Rete (www.talloneeditore.it), per sbrigare le pratiche burocratiche o rispondere alle richieste di clienti e collezionisti ». Distanti dal “magma” della cultura digitale e dalle colate virtuali degli e-book, ogni membro della famiglia continua a coltivare l’ideale supremo del fondatore: «Dove c’è bellezza c’è contenuto, quindi civiltà». Quella civiltà che affascinò e commosse Neruda che nella sua
Ode all’editore così lo ricordava: «Alberto Tallone, grande stampatore, buon compagno: prima recavi la luce nei tuoi occhi, ora la notte viaggia in essi. Ma nei tuoi libri, piccoli castelli dell’uomo, sono rimasti a vivere la bellezza e la chiarità».