mercoledì 3 giugno 2015
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Fra le tante iniziative lodevoli dell’Onu, ma che passano inosservate e che, anche per questo, risultano inutili c’è da registrare che il 2015 è l’Anno internazionale del suolo. Cioè del terreno: quello strato di materiale che ricopre il nostro pianeta per 50 al massimo 100 centimetri e che nei fatti lo rende vivo e abitabile, perché solo su di esso (se si escludono gli oceani) crescono le piante che producono quell’ossigeno e quel cibo che rendono possibile l’intero ciclo alimentare. Il suolo è la prima vittima degli errori dell’antropizzazione: cementificazione eccessiva, terreni agricoli inutilmente edificati, costruzione di strade in funzione di nuove lottizzazioni, deforestazione, inurbamento delle popolazioni agricole, mancato riciclaggio dei rifiuti... E, spiega Paolo Pileri, docente di Pianificazione ambientale e territoriale al Politecnico di Milano, autore di Che cosa c’è sotto. Il suolo, i suoi segreti, le ragioni per difenderlo (Altreconomia, pp 160, euro 12,50), «dovremmo cominciare a chiederci seriamente perché in un Paese come l’Italia si costruiscono nuove abitazioni quando ci sono 2 milioni di appartamenti vuoti escluse le seconde case? Perché si costruiscono nuove aree commerciali quando nei soli Stati Uniti l’anno scorso sono stati chiusi 358 mega centri commerciali? Risulta evidente che non ci sono più gli acquirenti di prima». Ma anche che ci sono vastissime aree industriali abbandonate che potrebbero essere riqualificate...«Ci sono centinaia di vecchi distretti industriali che attendono di essere riciclati. Perché avvenga bisogna fare in modo che sia più conveniente riutilizzare ciò che è esistente invece di occupare altri suoli agricoli. In Gran Bretagna, per esempio, ogni comune non può concedere nuovi permessi edilizi se sul suo territorio non è riutilizzato almeno il 60% degli edifici dismessi».In Italia gli amministratori si nascondono dietro ai presunti nuovi posti di lavoro generati dalla costruzione di nuovi fabbricati.«Invece per lo Stato le costruzioni stanno diventando sempre meno convenienti. Le analisi mostrano che in media per ogni milione di euro speso in nuova edilizia, lo Stato, il primo anno, guadagna 50 mila euro, ma se l’investimento è nel turismo gli euro possono diventare 230 mila e ci sono anche maggiori ritorni in termini di posti di lavoro. Del resto per chi come me studia i problemi del territorio e del suolo l’edilizia è essenziale quasi esclusivamente per il recupero e la messa a reddito dell’immenso patrimonio inutilizzato». Ma se si continua a promuovere la città rispetto alla campagna come si può evitare di ampliare le periferie residenziali?«Bisogna fare in modo che la gente scelga di vivere la campagna. Bisogna rendere più appetibile il lavoro agricolo; migliorare i servizi disponibili nelle campagne. Ma anche valorizzare culturalmente la vita rurale, dare valore culturale all’abitare fuori dalle metropoli. In fondo siamo l’unico Paese ad avere la tutela del paesaggio in Costituzione, anche se poi mancano le norme per metterla in pratica».Su questo fonda l’idea del progetto "Vento"?«Sì, sul ridare vitalità al territorio fluviale. E il Politecnico di Milano ha elaborato il progetto di fattibilità, che il 3 giugno (oggi ndr) a Cremona presentiamo al ministro dei Trasporti Del Rio, alle fondazioni bancarie e ai possibili sponsor».Di cosa si tratta?«"Vento" sta per Venezia-Torino. Si tratta di realizzare una dorsale cicloturistica lungo il Po. Per promuovere l’iniziativa abbiamo deciso di percorrere il tragitto dal 30 maggio al 7 giugno risalendo il fiume da Venezia a Torino. Io che l’ho già percorso ho scoperto ambienti bellissimi. Ci sono architetture idrauliche che hanno dell’incredibile e nel complesso possono nascere attività culturali e di accoglienza capaci di ridare vita a tante aree rurali abbandonate. Pensi che intorno al cicloturismo la sola Germania sviluppa un’economia che vale 9 miliardi di euro di cui 4 sono spesi sul territorio per l’accoglienza».In Europa esiste qualcosa di simile al progetto Vento?«La pista ciclabile lungo la Drava, 366 chilometri da Dobbiaco a Maribor, in Slovenia, attraverso il Tirolo Orientale e la Carinzia. Un vero motore dell’economia locale tanto che si sta lavorando per allungarla fino alla foce nel Mar Nero. Un percorso sul quale sono nate strutture turistiche importanti. E perisno per le famiglie di Vienna è ormai un’alternativa concreta ed economica ai fine settimana nei centri commerciali come invece capita in tante nostre città».Nel libro lei dice che le emergenze del suolo possono fare dell’Italia un laboratorio di valore mondiale.«Nelle Marche un giovane imprenditore sta risistemando casali abbandonati investendo con successo nella realizzazione di quello che si chiama "albergo diffuso". In Italia cose di questo tipo se ne possono fare a decine, senza ulteriore cementificazione, riutilizzando terreni incolti e portando, fra l’altro, vantaggi a problemi come il dissesto idrogeologico».E poi c’è il valore intrinseco del suolo...«Per capirlo sono sufficienti pochi numeri: un solo ettaro di terreno assorbe 3,8 milioni di litri d’acqua. Se lo cementifico devo imbrigliare l’acqua in scoli e fogne. Allo Stato questo costa, per la sola manutenzione, circa 6500 euro l’anno per ettaro: complessivamente in Italia si spendono dai 10 ai 14 miliardi. Cifre che fanno comprendere perché si deve cambiare direzione. E poi il suolo non è un bene rinnovabile. Per fare 2,5 centimetri di spessore di terreno fertile ci vogliono 500 anni. Per ogni ettaro di suolo ci sono 20 tonnellate di microrganismi che svolgono il compito più complesso ed essenziale su questa terra: trasformare l’incommestibile in commestibile. Costruirci sopra è come staccare l’interruttore».
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