Alcide De Gasperi
Ultimo segretario del Partito popolare italiano e, quindici anni dopo, leader legittimato a formare una nuova forza d’ispirazione cristiana dopo il prevedibile crollo del regime fascista, Alcide De Gasperi avrà ben chiaro il carattere composito di tale nuova forza, frutto di un’unione tra diverse esperienze sociali e regionali, così come la necessità di armonizzare un’altra diversità: quella tra due generazioni di cattolici, la prima che aveva sperimentato la lotta per la libertà nel Ppi e nel sindacato bianco, e la seconda, formatasi invece negli anni del regime, avvalentesi degli spazi protetti della chiesa e delle sue opere e associazioni religiose, sociali e culturali. Il 20 gennaio 1945, ministro degli Esteri nel terzo governo Bonomi, De Gasperi rivolgerà un appello alla gioventù italiana invitandola alla fiducia verso gli alleati e alla risposta alla chiamata alle armi, per raddrizzare il destino della patria: “La gioventù deve guardare in faccia alla sua grande e decisiva missione e rispondere in massa con un atto di suprema dedizione alla Patria”. Tale atto di fede e sacrificio si sarebbe sommato a quello dei giovani resistenti nell’Italia ancora occupata.
Come segretario del nuovo partito che ha preso il nome di Democrazia cristiana, De Gasperi avrà la massima cura di valorizzare figure della seconda generazione: il caso più emblematico sarà quello di Giuseppe Dossetti, formatosi come giurista in Università Cattolica, già partigiano nel reggiano, cooptato in direzione nazionale quale vicesegretario nel settembre 1945. A compensare un uomo del nord l’altro vice sarà il palermitano Bernardo Mattarella, secondo un criterio mediatorio costante in De Gasperi. Dossetti lancerà in quel periodo la Spes, ufficio studi propaganda e stampa, con uffici decentrati in ogni comitato provinciale. Accanto alla seconda generazione, personalità ormai formate e in media trentenni, stava però sorgendo un’ancor più giovane leva attorno ai vent’anni, la cui formazione aveva incluso al nord per alcuni anche esperienze di resistenza. Il problema dei giovanissimi, che avrebbero completato la loro formazione in un inedito clima democratico, era comune alle forze politiche che si confrontavano ora nel paese e al governo. La scelta della Dc si differenzierà da quella di altri che o inserivano direttamente i giovani nel partito o a latere creavano delle federazioni giovanili nell’autonomia dal partito adulto. Quelli che si chiameranno Gruppi giovanili – età dai 17 ai 25 anni - parteciperanno alla vita del partito nelle sezioni, godendo bensì di una certa autonomia organizzativa, di cui sarà espressione, nella Roma appena liberata, l’organo a stampa “La Punta”. Nel mese di luglio ‘44 seguiranno le direttive sulla gioventù Dc e ad agosto la nomina, per volontà di De Gasperi, di Giulio Andreotti a delegato nazionale. Questi incarnerà la volontà del leader di creare anche nei gruppi giovanili un ambiente favorevole alla mediazione, da molti - e a lungo - interpretata come compromesso moderato. D’altra parte Roma e in particolare il sud del paese non avevano sperimentato l’asprezza della prolungata occupazione tedesca e della dura guerra di resistenza.
Andreotti e i giovani romani attorno a lui pareva riuscissero ad accettare la posizione di De Gasperi in tema di futura scelta istituzionale monarchia o repubblica – affidata non ai futuri costituenti eletti, bensì ad un referendum popolare. Il sud moderato e monarchico avrebbe potuto così scegliere politicamente la Dc ed istituzionalmente la monarchia nel futuro referendum. Come noto De Gasperi, convintamente repubblicano, manterrà fermo questo principio di agnosticismo istituzionale fino al 2 giugno 1946. A liberazione appena compiuta i giovani, un paio per provincia, verranno convocati a Roma per il loro 1° convegno nazionale (12-17 giugno 1945): dal nord attraverseranno spesso un paese disastrato servendosi di mezzi di fortuna, per giungere in una capitale che vedranno risparmiata anche grazie alla carità del Papa. Della consistenza del loro partito non è dato ancora sapere: solo un anno dopo, nelle amministrative di marzo e aprile, la Dc sorprenderà molti raccogliendo un risultato doppio rispetto alla percentuale del Ppi ai suoi esordi e ponendosi così quale forza centrale del paese. Ma in quella primavera ’46 De Gasperi è già presidente del Consiglio e guida un’ampia coalizione. Nel giugno ’45 invece il leader Dc, autorevole ministro degli Esteri, deve mediare tra la parte radicale del governo, socialisti e azionisti, fautori del “vento del nord”, e quella moderata, i liberali e in gran parte la stessa Dc, ma soprattutto è preoccupato per il mantenimento dell’ordine pubblico. Tra giugno e dicembre ’45 a capo del governo sarà l’azionista Ferruccio Parri, sostituito a dicembre da De Gasperi anche per volontà del leader comunista Palmiro Togliatti. I giovani a Roma ratificano il prospettato loro inquadramento nel partito, interpretandosi come “avanguardia” che vuol dare tono alle sezioni, accettano la dizione, al plurale, di “gruppi giovanili”, respingono inviti a organismi unitari come nel caso del Fronte della Gioventù, a trazione comunista, pur non sottraendosi a confronti e collaborazioni con movimenti e altre associazioni giovanili. Sulla questione istituzionale si riconoscono nella relazione di Giorgio Tupini, direttore de “La Punta”, e applaudono il discorso prudente di Mario Scelba, braccio destro organizzativo di De Gasperi, che sanno intimamente repubblicano e che alcuni hanno già conosciuto per un suo recente viaggio al nord. Votano infine un odg pro-repubblicano (64 favorevoli, 4 astenuti, 2 contrari), auspicando che il prossimo congresso nazionale consacri la volontà repubblicana degli iscritti. Con Andreotti, che chiude i lavori con un discorso al cinema Volturno centrato sui problemi del partito, e con Tupini, i giovani avranno modo di conoscere in quella stessa occasione un terzo giovane al limite dell’età per i gruppi giovanili, e che verrà di lì a poco, come i primi due, valorizzato da De Gasperi: Giuseppe Dossetti, che presiede il convegno.
De Gasperi è però per i giovani la conoscenza primaria e centrale, con il suo discorso che inaugura il convegno, il 12 giugno a Piazza del Gesù. Egli si presenta in tutta sincerità a quella platea, che vive la “felice situazione dell’età giovanile”, nel mezzo di una delicata crisi politica in cui non nasconde come ambizioni partitiche, concorrenze personali, differenze ideologiche e difficoltà oggettive sembrino insuperabili ai fini di una pacificazione oltre i tanti contrasti. Occorre attingere a una forza ringiovanitrice, rinvigoritrice: «Io sento il bisogno innanzi a voi di fare questa confessione e quasi di domandarvene scusa. Eppure mi pare di essermi lasciato guidare in tutta la vita solo da questo sentimento: fare quello che vuole la coscienza sempre giovine, eterna, di questa nazione; fare quello che è necessario per questo popolo che, attraverso tante prove, riprende sempre il suo cammino tra l’ammirazione di altri popoli che non hanno la stessa nostra vitalità […] Io vi dico: giovani che rappresentate le speranze di questo paese dopo l’immenso disastro, dateci la forza, dateci il coraggio, dateci la fede giovanile, che non si può arrestare innanzi alle difficoltà quotidiane».