Confesso che ho sempre pensato che le opere dell’artista bulgaro Christo siano anzitutto fonti di propagazione di una immagine che vuole farsi messaggio mediatico (non importa se etico o semplicemente estetico, che si scambiano volentieri le parti a seconda di quale sia l’opera che l’artista realizza). Confesso anche che non mi ha mai attirato molto l’idea di recarmi
in loco per vedere un’opera di Christo, mentre ho sempre avuto grande interesse per i suoi disegni progettuali (vendendo i quali l’artista fa cassa, pagando le sue installazioni e guadagnando). Confesso, infine, che l’unica opera che avrei voluto vedere dal vivo, mentre veniva inaugurata nel 1995 a Berlino, fu l’impacchettamento del Reichstag con un tessuto argentato. Era, indubbiamente, un’opera politica, occultando quel simbolo indicava la volontà autocritica dei tedeschi dopo mezzo secolo di condanna morale. Quando ho saputo che Christo e la moglie stavano elaborando una gigantesca opera-passerella sul Lago d’Iseo, non ho dunque avvertito un particolare fremito dentro, e neppure l’impulso a recarmi sul posto quando l’opera è stata inaugurata. Nei quindici giorni in cui è stata aperta al pubblico ero impegnato altrove, quindi non posso dare un giudizio sulla bellezza o meno di questa installazione. Qualcuno ha parlato di dipinto sull’acqua, del lago che diventa una tela gigantesca attraversata da un quadro astratto sul quale migliaia hanno potuto camminare. Alcuni mi hanno comunicato una certa euforia e la soddisfazione per l’esperienza fatta. Resta un dato di notevole rilevanza: in due settimane la passerella di Christo è stata percorsa da quasi un milione e mezzo di persone, molte venute apposta al lago per vederla. Quale opera d’arte ha mai fatto altrettanto in così poco tempo? E pensiamo all’indotto economico che ha prodotto sulla zona: l’agognato Pil (e il corrispettivo incremento fiscale, dunque entrate per le casse pubbliche, le nostre). Il Codacons adesso rende noto di aver inoltrato denuncia per spreco di denaro dei contribuenti, quello speso per far fronte ai servizi locali resi a questa impresa gigantesca. Costi di organizzazione, di assistenza e di ordine pubblico, ma altri indotti da imprevisti che, come si può capire, ci saranno stati certamente per via di un’affluenza che gli stessi promotori non si aspettavano in simili proporzioni. Negozianti, alberghi, mezzi di trasporto pubblici e privati, vendita di souvenir e cartoline e guide turistiche, e del volume che corredava l’iniziativa (con foto dal vivo della gente che camminava sulla passerella), venduto in decine di migliaia di copie. Insomma, se pensiamo alla vita economica, la zona ha beneficiato di un surplus enorme. I costi sono stati di quasi 20 milioni: 15 sostenuti dalla società collegata allo stesso Christo (sostenuti da lui cioè, che poi si rifarà vendendo i disegni di progetto e i diritti d’immagine), 3 dagli enti locali e dalla Regione Lombardia per servizi sanitari, vigilanza, trasporti, interventi straordinari (900mila ancora resi disponibili dall’artista, così suddivisi: 300mila alla Regione, 600mila alla provincia di Brescia e ad altri enti locali). Prima del Codacons, aveva già protestato Legambiente, lamentando rincari dei costi e disagi al territorio. Non è difficile credere che sia accaduto, ma questi effetti non sono forse ampiamente ricambiati dal successo di un evento che ha attirato un pubblico mai visto prima in quella zona? Non entro nel merito dei costi aggiuntivi. Non è questo il punto. E lasciamo da parte anche i giudizi estetici: piaccia o non piaccia, gli effetti pratici, non soltanto economici, ma anche turistici e culturali, sono stati evidenti. Perché dunque c’è sempre qualcuno che deve fare le pulci a tutto, anche quando le cose vanno in una giusta direzione? Non sarà frutto di quel clima di protesta generalizzata che deve smantellare ogni cosa venga dalla politica, anche quel poco di buono che ne risulta, impancandosi a paladino della collettività, dei contribuenti, del bene comune? Il bene comune, ovviamente, è sacro. E se emergeranno dall’indagine della Corte dei Conti sprechi che si possono addebitare a cattiva gestione o peggio a clientelismi e corruzione, è giusto punire i responsabili. Ma in questa Italia così poco pronta ad abbracciare nuove sfide creative e a dimostrare l’orgoglio della propria storia, l’iniziativa del Codacons sembra volare basso e voler sfruttare la scia, le polveri della cometa che Christo ha fatto brillare sul cielo del Lago d’Iseo. Con questa logica, quante mostre in Italia fatte spendendo centinaia di migliaia di euro, che poi totalizzano modestissimi successi di pubblico, dovranno subire il contrappasso del Codacons? E magari questo
redde rationem potrebbe toccare alle mostre buone, quelle di ricerca e di studio, che, anche più spesso di quelle cattive, fanno scarso pubblico (e forse bisognerebbe chiedersi perché). Adesso, dunque, verrà la verifica della Corte dei Conti, che comporterà altri costi economici. Ma se emergerà che non vi sono stati sprechi particolari, e tutto verrà chiuso serenamente, quei costi a chi li addebiteremo? Anche questi sono soldi nostri.