Uomini, droga, armi. Sono infinite le vie dei traffici africani, ma sempre più spesso si incrociano negli spazi immensi del Sahara. Ovvero dove il vuoto si riempie di business e di morte. Rotte di rabbia e di sofferenza, di affari sporchi e di sporche guerre. Mauritania, Mali, Niger, Ciad, Libia, Algeria, Marocco, Sudan, confini di sabbia, tracciati sulle mappe, violati sulla terra. Ci passa soprattutto quello che non dovrebbe. Rotte di migranti disperati e disposti a tutto, trafficati dai nuovi mercanti di "merce" umana; rotte di contrabbandieri e di cartelli della droga, di armi e di terrorismo, di sequestri e di ribellioni. Gruppi criminali diversi si spartiscono commerci e bottini. Anche tra di loro, tuttavia, i confini labili e fluidi: alqaedisti, banditi, narcos, ribelli, bande giovanili, a volte mischiati gli uni agli altri. È un vuoto pieno il Sahara. Un immenso e inospitale ventre di sabbia e sassi, che cela molte verità e tanti inganni. Secondo dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per la droga e il crimine (Undoc) un terzo delle 146 tonnellate di cocaina che si consumano in Europa ogni anno arriva dal Sudamerica attraverso l’Africa. «Ormai gran parte del traffico di cocaina destinata all’Europa passa dai Paesi dell’Africa occidentale e anche gli oppiacei che arrivano dall’Afghanistan passano dall’Africa». Chi parla è il direttore di Unodc, Antonio Maria Costa. Che, lo scorso dicembre, ha lanciato l’allarme al Consiglio di sicurezza. Punto cruciale: il crescente utilizzo di fondi provenienti dal traffico di droga «da parte di terroristi e di forze antigovernative. Le droghe – sostiene Costa – non arricchiscono solo il crimine organizzato. I terroristi e le forze antigovernative attingono risorse dal traffico di droga per finanziare le loro operazioni». Tradizione e tecnologia. Carovane e internet. Ruderi di camion e mega-aerei. Come il Boeing 727 ritrovato lo scorso novembre su una pista di terra battuta nei pressi di Gao, nel nord-est del Mali, schiantato al suolo in fase di decollo. Pare avesse appena scaricato dieci tonnellate di cocaina e altre sostanze illecite provenienti dal Venezuela. "Disperse" nel Sahara e oggi certamente sui mercati europei. Secondo Costa, «questi traffici stanno assumendo una dimensione nuova, più rapida e più perfezionata». Approfittano della mancanza di copertura radar nel nord del Mali – ma anche della presenza di cellule di al-Qaeda del Maghreb, della ribellione tuareg e di trafficanti vari – per lasciare la loro "merce". Merce che viene poi caricata su camion insieme alla "merce-migranti". Destinazione Nordafrica. Lungo le antiche piste carovaniere, dove un tempo transitava il sale, ora passano coca ed eroina. Da qui raggiungono l’Europa. Non si tratta tuttavia solo di flussi nord-sud. Ma anche est-ovest e viceversa. Con l’arrivo di massicce quantità di eroina dall’Afghanistan sulle coste orientali (circa trentacinque tonnellate l’anno), si è prodotto uno scambio: coca dall’ovest in cambio di eroina dell’est. E così oggi si trova molta cocaina anche in Paesi come Sudan, Kenya e Tanzania, mentre l’eroina finisce nei circuiti dell’Africa occidentale e saheliana. Altre due importanti e preoccupanti novità stanno modificando lo scenario africano. Il continente, infatti, e in particolare alcuni Paesi, stanno diventando non solo zone di transito della droga, ma anche di raffinazione. Questo riguarda, a detta di Costa, soprattutto Paesi come la Guinea, dove sono stati scoperti «sette laboratori artigianali, individuati nel centro di Conakry, uno dei terminali della coca. I laboratori ci hanno dimostrato che l’attività era progredita. Non ci si limitava più a ricevere, stoccare e poi distribuire verso l’Europa. Si producevano sul posto gli stupefacenti. In particolare anfetamine, ecstasy e si raffinava la pasta base per il crack». L’altro aspetto di novità è rappresentato dal consumo locale. Sempre secondo Costa, «interi Stati si sono trovati alle prese con l’emergenza dei tossicodipendenti. Un fenomeno che l’Africa non ha mai conosciuto con queste dimensioni». Questa escalation interessa soprattutto le bande di microcriminalità giovanile che oggi, per procurarsi la droga, si rendono responsabili di crimini sempre più gravi. Più in generale, la droga ha un effetto destabilizzante sui Paesi in cui transita da tutti i punti di vista, specialmente se i governi sono deboli e corrotti: aumenta la corruzione, infiltra il sistema politico, utilizza le imprese locali per il riciclaggio del denaro, diventa più accessibile alla gente... E quindi ha effetti politici, economici e sociali disastrosi. Consumo e traffico di droga rappresentano, dunque, due enormi sfide per molti Paesi già estremamente fragili. La cui stabilità è sempre più spesso legata alle vicende del narcotraffico. Due casi sono emblematici: la Guinea Bissau a ovest, dove si susseguono colpi di Stato più o meno mascherati, manovrati dai cartelli della droga colombiani; e la Somalia a est, diventata il crocevia privilegiato di ogni traffico: dalla droga ai rifiuti tossici, dalle armi ai migranti. Anche qui l’inquietante collusione tra narcotrafficanti ed estremisti islamici di al-Qaeda conferma la duplice emergenza che vive l’Africa: quella appunto del narcoterrorismo.