lunedì 13 gennaio 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
La sua monumentale biografia di Steve Jobs è stata il maggior bestseller di saggistica a livello mondiale, tra la fine del 2011 e l’inizio del 2013, alla miriade di lingue in cui è stata tradotta in ultimo si è aggiunto anche il mongolo.La cosa avrebbe cambiato la vita a chiunque, ma per la carriera di Walter Isaacson è sembrata più la ciliegina sulla torta che altro. Nato nel 1952 a New Orleans, laurea ad Harvard, vincitore di una Rhodes scholarship (una delle esclusive borse di studio per perfezionarsi a Oxford messe in palio ogni anno dal Cecil Rhodes Trust, porta d’ingresso nell’empireo della politica e degli affari internazionali) Isaacson è stato tra i vari incarichi direttore di Time, presidente della Cnn, attualmente lo è dell’Aspen Institute ed è autore di biografie di primo livello su figure come Benjamin Franklin, Albert Einstein o Henry Kissinger. Ora sta lavorando a un altro libro, sulla scia di quello sul fondatore della Apple: è presto per dire se potrà ripeterne il successo clamoroso, ma sicuramente è qualcosa che non passerà inosservato. Si tratta di una storia della rivoluzione informatica e dei suoi alfieri, alcuni noti altri meno, protagonisti a vario titolo di un balzo in avanti che ha significato la trasformazione del modus vivendi di centinaia di milioni di persone, oltre che, dettaglio non trascurabile, una nuova leadership tecnologica degli Stati Uniti. L’era digitale aperta dai semiconduttori, dalla nascita della Silicon Valley, dai personal computer, dall’insieme di protocolli di comunicazione TCP/IP, dal world wide web ecc. E poiché questa è stata una storia appunto "corale", una serie di innovazioni che si sono sommate e agganciate le une alle altre, anche Isaacson ha deciso di procedere in modo simile: condividendo strada facendo estratti del libro per sottoporli al vaglio dei lettori, invitando a suggerire correzioni o integrazioni. Una decisione che non è certo usuale per scrittori come lui, Re Mida dell’editoria, in genere abituati a blindare in modo maniacale i propri manoscritti in fieri. Tre bozze di capitoli sono uscite alcune settimane fa in sordina, prima su due siti, LiveJournal e su Scribd, poi su Medium, una delle ultime creazioni di Evan Williams, co-fondatore di Twitter. Si tratta di "la cultura che ha dato origine al personal computer", "La nascita dell’online", e "Engelbart e Kay", quest’ultimo si riferisce all’inventore del mouse e all’informatico al quale si devono i laptop e le interfacce grafiche moderne. Su Medium Isaacson ha ottenuto la risposta che desiderava, anche perché il sito permette al lettore di scrivere commenti interlineari direttamente sul testo messo online. «Ho ricevuto più di 200 suggerimenti che considero interessanti e utili» ha detto. Tra questi anche un commento di Steve Brand, pioniere della teoria dell’informazione applicata alle nuove tecnologie, il padre della citazione «siate affamati, siate folli» resa celebre da Steve Jobs. Isaacson ha comunque dietro di sé una squadra di tutto rispetto: due editor della casa editrice "Simon & Schuster", una decina di amici fidati che rileggono i suoi testi e due consulenti di storia dell’informatica pagati. Il suo esperimento si richiama alla filosofia di opere collettive come Wikipedia, allo sviluppo dei programmi open source e alle stesse radici di internet: il suo progenitore elaborato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, Arpanet, aveva precisamente lo scopo di facilitare la collaborazione e lo scambio di informazioni. Ma il sottoporre testi alla revisione di esperti, scrive lo stesso Isaacson a margine del primo capitolo messo online, «è il motivo per cui fu fondata la Royal Society a Londra nel 1660 e per cui Benjamin Franklin fondò l’American Philosophical Society». E aggiunge: «anche al Time c’era la pratica di mandare storie a tutte le redazioni per commenti e correzioni». A volte nulla è più nuovo del ritorno all’antico.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: