Si sono presentate ai nastri di partenza in ventuno. Ventuno città del Belpaese che aspiravano a essere capitale europea della cultura nel 2019. Molte. Se non addirittura troppe, secondo qualcuno. Ma, in fondo, siamo l’Italia dei campanili e dei gioielli d’arte diffusi. E, spinti dalla molla del
particulare, ci mettiamo in gioco convinti di poter rappresentare l’eccellenza italiana. Allora eccoli i capoluoghi della Penisola che per mesi si sono sfidati a colpi di cantieri, laboratori, idee più o meno appetibili e realizzabili pur di conquistare il titolo messo in palio dall’Unione europea.Da ieri, però, le aspiranti candidate si sono ridotte a sei. Scelte dalla commissione di 13 membri (sette nominati dalla Ue e sei dal Governo italiano) che in tre settimane hanno passato al vaglio i dossier di presentazione e che da lunedì al pomeriggio di ieri hanno convocato le pretendenti per far illustrare loro i progetti. Il primo tempo della competizione si è concluso. E in gara per diventare «Ecoc» (
European capital of culture) rimangono Ravenna, Siena, Perugia, Matera, Lecce e Cagliari. Le ha ufficializzate il ministero dei Beni culturali nella Sala del consiglio a distanza di poche ore dall’incontro con la delegazione di Venezia, ultima candidata a essere stata sentita dalla giuria. Nei corridoi del dicastero vengono definite – con una locuzione inglese che lascia un po’ a desiderare – la
short list: di fatto sono le finaliste fra le quali nell’ultimo trimestre del 2014 sarà individuata la Capitale europea per l’Italia. Perché, come vuole l’Unione europea, la prescelta della Penisola sarà affiancata da una città «gemella» della Bulgaria, l’altro Paese che nel 2019 ospiterà la Capitale continentale della cultura. E anche nell’ex Paese del blocco sovietico si stanno stringendo i tempi per mettere a punto la rosa della candidate.Il verdetto uscito da via del Collegio Romano premia soprattutto il Centro Italia e il Mezzogiorno che, almeno stando alla decisione, sono pronti a far dialogare il passato con presente e futuro. È il caso di
Ravenna che dal 2007 si è preparata al confronto. Alla commissione si è presentata come «ponte fra Occidente e Oriente» e ha puntato sui «tesori che hanno sfidato i secoli», sul legame con Dante Alighieri e la lingua, sull’elemento acquatico in grado di tradursi nell’idea di «navigare fra parole, immagini e suoni». Il progetto intitolato «Mosaici di cultura» aveva al centro la creazione di nuove prospettive per l’Europa attraverso il richiamo all’incontro delle diversità. E, coinvolgendo il sistema Romagna, la città si è posta come «alfiere privilegiato dello spirito europeo in Italia».Fra le città toscane (erano ben 3 in lizza) si salva
Siena che ha mobilitato tutta la provincia e vede nella competizione una via per uscire da «una delle peggiori crisi della sua storia recente». Nel dossier è stato evidenziato che la città si propone di essere una «piattaforma di innovazione sociale». Qualche esempio: col programma «Santa Caterina 2019», nel ventennale della proclamazione della santa a patrona d’Europa, Siena vuole sviluppare una rete di cooperazione culturale fra le donne; oppure con «Leonardo 500», nel cinquecentenario della morte del genio di Vinci che si celebra sempre nel 2019, verrà lanciato un itinerario regionale di innovazione centrato sull’impatto delle nuove tecnologie nei campi dell’attività leonardesca: arte, ingegneria, medicina, fisica; o ancora con «Pronto soccorso culturale» sarà trasformato l’ex ospedale di Santa Maria della Scala in un punto di servizi di welfare culturale.La «rivale» più vicina è
Perugia in corsa con «i luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria». Agorà del dialogo e dell’umanesimo, temeva che la commissione – di stampo per lo più laico – potesse scartare la candidatura per questioni ideologiche. Non è stato così. Anzi, la scelta di puntare sulle idee di una città «interculturale, plurale, solidale, di accoglienza e tolleranza» ha fatto breccia nella giuria che vede nell’inclusione sociale e nell’integrazione fra i Paesi una delle sfide più difficili per il continente. Inoltre Perugia si è presentata anche come «smart» e «città
medi@evo» dove la valorizzazione del patrimonio passa dalla creatività e dal coinvolgimento dei giovani.Le radici cristiane sono anche uno dei punti di forza di
Matera che si descrive come il «Sud che funziona» e che ha come slogan «Futuro remoto». Fra i temi che sostiene ci sono i nuovi modelli dell’abitare, l’acqua, la religiosità popolare, il turismo. Ciò che conta – si legge nel dossier – è fare di Matera un «
case history di sviluppo esemplare di un Sud che ce la fa con le proprie gambe, con la trasparenza e con il rigore». Del resto, è la prima città del Mezzogiorno a diventare patrimonio Unesco.
Lecce, che si è alleata con Brindisi, ha varato il motto «Reinventare EUtopia» per dire di essere «un nuovo baricentro» e di voler «trasformare il "mare nostro" nel faro e nel cuore pulsante dell’Unione, gettando le basi per una nuova idea di sviluppo». Otto sono le utopie su cui punta: la partecipazione democratica, il benessere sociale, la rivoluzione nel sistema dell’istruzione, la valorizzazione dei talenti, i nuovi modi di fare economia, l’autosostenibilità e l’umanizzazione della medicina, la trasformazione del turismo e il ruolo degli artisti nell’innovazione sociale.Infine ecco
Cagliari che è stata una delle ultime città a scendere in campo e che considera una componente cruciale del suo progetto il rapporto fra l’Europa e i Paesi del Mediterraneo. L’intento è fare dell’isola un angolo di sperimentazione tra arte, scienza e tecnologia. Il logo è stato esposto nel municipio anche durante la visita del Papa: una grande C (che sta per Cagliari, cultura e capitale) da cui parte un filo rosso che termina sulla scritta Sardegna. Una delle prime iniziative è l’Eucho, l’
European culture home dove cento artisti potranno esporre in modo permanente i loro lavori.Fra le escluse ci sono anche «illustri» città: Pisa, Urbino, Mantova, L’Aquila e le tre della Sicilia. Il presidente della giuria, il britannico Steve Green, esperto di politiche culturali, ha parlato di «ottimo lavoro» compiuto dai capoluoghi in gara. E ha apprezzato il progetto «Italia 2019». «L’occasione di presentarci in Europa in modo originale e unito, fino a proporre l’Italia come capitale europea della cultura – commenta Ledo Prato, segretario generale dell’Associazione delle città d’arte e cultura – è stato visto come un modello da esportare».Alla vincitrice l’Unione europea attribuirà un milione e mezzo di euro: è il premio Melina Mercouri, dal nome del ministro greco della cultura che ha ideato l’iniziativa. Una cifra che, a dire il vero, è ben poca cosa rispetto alla mole di investimenti necessari per attuare i percorsi ipotizzati. In realtà la Ue ha stimato che ogni euro investito nella manifestazione ne può generare fino a dieci. Come a dire: scommettere sulla cultura è anche un volano economico.