Un funerale, un’antica villa silenziosa nell’aspra campagna siciliana all’ombra dell’Etna, gli specchi oscurati da drappi di velluto nero, una donna, Anna, che trascorre le sue giornate in una luttuosa solitudine. In televisione le immagini che raccontano la Settimana Santa di un Giovanni Paolo II morente. Poi arriva Jeanne, approdata sull’isola per aspettare il fidanzato Giuseppe, figlio di Anna, che le ha dato appuntamento nella casa di famiglia per trascorrere con lei qualche giorno di vacanza. Le sue cose sono tutte nella sua stanza, ma lui, Giuseppe, non c’è. Dovrebbe arrivare in tempo per la processione di Pasqua, dice Anna, che non trova il coraggio di aggiungere altro. Jeanne vuole crederle, lo aspetta, le due donne imparano a conoscersi, diventano amiche, complici. Jeanne teme che Giuseppe non arrivi, forse è ancora arrabbiato con lei per quello che è accaduto tra loro l’estate prima. Ma la verità è troppo orribile da pronunciare, nasconde un dolore così forte da non poter essere espresso. Un dolore destinato a prendere forma quando, durante la processione di Pasqua, la statua della Madonna smette di essere un pezzo di legno intagliato e diventa qualcosa di reale, capace di sciogliere la tensione e scatenare grida di speranza e pianti di commozione tra la folla che assiste al momento in cui la Vergine Maria cerca Gesù e all’alba lo incontra, vivo. L’attesa, applaudita opera prima del trentacinquenne Piero Messina, assistente di Paolo Sorrentino per
Il divo e
La grande bellezza, primo film italiano in competizione alla 72ª Mostra del Cinema di Venezia (prodotto da Indigo Film e nelle nostre sale dal 17 settembre), riporta al Lido Juliette Binoche a 22 anni dalla Coppa Volpi per
Film blu di Krzysztof Kieslowski, anche quello centrato sul racconto del dolore di una madre. Al suo fianco la giovane Lou de Laâge e Giorgio Colangeli, Domenico Diele, Antonio Folletto e Corinna Lo Castro.Se quello di Messina ha il difetto di molti film di esordio – l’eccessiva ansia di dimostrare il talento del suo autore, e di talento Messina ne possiede parecchio –
L’attesa ha anche la forza di trasformare il tempo in un atto d’amore e di fiducia, di mettere in scena una dimensione carica di mistero dove ogni cosa è ancora possibile, come sembra suggerire anche la canzone di Leonard Cohen,
Waiting for the miracle.«Quando alcune persone insieme decidono di credere in qualcosa, di condividerla, questo sentimento, anche se irrazionale o improbabile, può diventare credibile, reale. Anna non dice la verità a Jeanne, ma questo è il suo modo di reagire al dolore, di difendersi da un’atroce sofferenza, e grazie a questa menzogna si convince che Giuseppe tornerà da un momento all’altro. L’attesa le permette di rimandare il momento in cui dovrà prendere coscienza della sua terribile perdita», dice il regista. «Il film nasce dai ricordi d’infanzia delle processioni siciliane e dal racconto di un amico che mi parlò di un padre che aveva perso suo figlio ma non ne parlava mai, contagiando con il suo silenzio tutti quelli che conosceva, come se non fosse accaduto nulla. E poi c’è Pirandello con
La vita che ti diedi, che però è arrivato successivamente, nel corso delle numerose stesure del copione. Per il ruolo di Anna ho sempre pensato a Juliette e lei è arrivata davvero. Sul set mi ha detto: “Io non recito, sono”, ed è proprio così. Ogni giorno ero testimone della sua capacità di immergersi totalmente in un dolore che io avevo solo scritto». «Sul tema del lutto e della sua elaborazione – dice la Binoche – sono sempre stata molto cauta dopo
Film blu, ma questa storia era veramente fuori dall’ordinario e mi ha conquistata». E ricorda la Coppa Volpi di 22 anni fa: «Mi comunicarono la notizia al telefono, avevo appena partorito ed ero ancora in ospedale. Mi dissero che avevano una bellissima notizia per me, ma io non capivo cosa potesse esserci di più bello della nascita di mio figlio. Non ho potuto ritirare il premio, ma ero davvero felicissima».