Per la Cassazione non erano scaduti i termini della custodia cautelare per i quattro fiancheggiatori di Bernardo Provenzano scarcerati dopo la condanna in Appello. Lo precisa la stessa Corte di Cassazione, in una nota, nella quale si sottolinea che l'errore è stato della Corte d'Appello di Palermo."In merito alle notizie di stampa di domenica 5 giugno relative alla liberazione di quattro detenuti fiancheggiatori di Provenzano, attribuita ai ritardi della Cassazione nel decidere i ricorsi dagli stessi presentati, si precisa che - è detto nella nota della Suprema Corte - i ricorsi, pervenuti alla Cassazione, il 24 marzo 2010 e assegnati alla V Sezione penale, sono stati fissati per l'udienza pubblica del 20 gennaio 2011, nel corso della quale il collegio giudicante, su conforme richiesta del procuratore generale di udienza, ha rinviato la causa a nuovo ruolo, rilevando che la motivazione della sentenza impugnata (di oltre 100 pagine) era pervenuta soltanto il giorno precedente". "L'udienza - prosegue il comunicato - è stata successivamente fissata per il 14 giugno 2011, tenuto conto che, secondo i calcoli effettuati, risultava che i termini di custodia cautelare per i quattro imputati scadevano nella data del 6 marzo 2012. Infatti, il reato per cui i quattro imputati sono stati condannati è quello di cui all'art.416 bis codice penale aggravato dai commi 4 e 6; la reclusione massima è di 15anni e va aumentata della metà ai sensi del comma 6". Da ciò, "consegue che - afferma la Cassazione - la durata complessiva della custodia cautelare è di 6 anni ai sensi dell'art.303 comma 4 lett c, codice procedura penale. Invece la Corte d'Appello di Palermo Sezione III con quattro ordinanze di analogo contenuto ha erroneamente individuato la scadenza della custodia in carcere per i quattro detenuti alla data del 29 aprile 2011".
LA CORTE D'APPELLO: NESSUN ERRORE"Un errore della Corte d'appello? Non direi. La stessa Cassazione aveva avallato una tesi del tribunale del riesame di Palermo, secondo cui, proprio nell'ambito della vicenda dei fiancheggiatori di Provenzano, il termine massimo di custodia cautelare era stato indicato in quattro e non in sei anni". Lo sostiene il presidente della Corte d'appello di Palermo, Vincenzo Oliveri, che replica così alla nota della Suprema Corte sulle presunte "responsabilità" dei giudici siciliani circa l'errore che ha portato alla remissione in libertà di Gioacchino Badagliacca e di altri tre favoreggiatori del superboss di Corleone. "La materia è complessa e c'è molta confusione giurisprudenziale - dice Oliveri - in sostanza, fino al 2007 le Sezioni unite della Cassazione, in presenza di più aggravanti, avevano operato un computo della pena massima per il reato di associazione mafiosa, inferiore ai 20 anni e dunque la durata massima della custodia cautelare era di 4. Nel 2007 ci fu una pronuncia di una sezione della Cassazione che operò valutazioni diverse: la pena massima lievitò a 22 anni e mezzo e di conseguenza il tetto della custodia cautelare risalì a 6".Quella decisione, però, nel caso specifico delle scarcerazioni dei giorni scorsi, spiega Oliveri, era stata disattesa da un'altra sezione della stessa Cassazione, per la posizione di Badagliacca: il fedelissimo di Provenzano era stato infatti scarcerato l'anno scorso e riarrestato solo perchè ai 4 anni del tetto massimo non erano stati aggiunti i termini per il deposito delle motivazioni e il congelamento degli stessi termini di custodia. Quando sono stati superati anche quei limiti, i giudici della Corte d'appello hanno disposto la remissione in libertà di Badagliacca, che ha fatto da apripista per gli altri tre imputati. La Procura generale di Palermo non ha impugnato le quattro decisioni, che ora sotto il profilo cautelare sono diventate definitive. Il pg Luigi Croce ha disposto comunque l'acquisizione degli atti per verificare cosa sia accaduto.