Albert Russo, classe 1943, di padre italiano e di madre inglese, è uno scrittore belga che si definisce “un africano bianco”: nato a Kamina, nell’attuale Repubblica Democratica del Congo, si trasferisce poi in Europa, dove diventa uno scrittore assai prolifico, pubblicando romanzi, raccolte di poesia e libri fotografici. I temi che predilige sono quelli delle libertà individuali, del confronto tra culture, delle divisioni e delle esclusioni imposte dalla storia. Li ritroviamo già in uno dei suoi primi libri, uscito negli anni Settanta, ma proposto solo ora in italiano: un romanzo che ci riporta agli anni dell’esperienza coloniale del Congo e alla stagione delle lotte per l’indipendenza dei Paesi africani, negli anni Settanta. Russo usa lo strumento della narrazione, predilige la fiction e le storie, anche se è evidente quanto conosca in modo approfondito la realtà di quella regione dell’Africa che ci racconta. La storia è ambientata nel Congo Belga degli anni Cinquanta. Qui troviamo Harry, uomo generoso e buono, che ha lasciato l’America per sfuggire all’ombra di un padre che non lo ha mai amato, dove si è ricostruito una vita, aprendo un negozio per signore. È l’Africa dove avrebbe voluto andare come missionario il suo migliore amico, morto durante la Seconda guerra mondiale. Con lui vive la figura forte di questo libro, Mama Malkia, il cui nome già indica il suo destino e, in qualche modo, ne delinea il carattere forte e coraggioso, anche nell’affrontare, scelte per lei molto difficili, come il rifiuto dei riti tribali che caratterizzano la sua cultura d’origine, ma anche la condizione inferiore riservata ai neri dai “
bwana”. E nel libro questa donna si impone per quel carattere di “madre regina” che è il significato del suo nome: nella capacità di vegliare sui destini degli altri. Sarà lei a scegliere, per conto di Harry, che lo vuole adottare, un bambino, Leo, tra gli orfani abbandonati alla missione. E di lui diventerà appunto una “grande madre”, che veglia sulla sua crescita e sulle amarezze che la giovinezza gli farà subire, a causa del suo “sangue misto”, lui mulatto, che non riesce ad essere riconosciuto né come congolese, né come europeo, sentendo il corpo e l’anima inadeguati e incompiuti, anche se frequenta la scuola europea e dovrebbe sentirsi fortunato. Gli altri invece lo guardano con sospetto, ad eccezione di una bella amicizia che nasce con Ishaya, un ragazzo ebreo che conosce però solo verso la fine. C’è però una ferita, quella che attraversa tutto il libro, contrassegnato dai vari punti dei tre personaggi principali. Leo dice: «Gli altri non mi trattano come un europeo e non sarò mai uno di loro. Non sono forse congolese solo a metà? Allora perché mi devo sentire straniero tra i neri, a eccezione di Mama Malkia?».
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SANGUE MISTO Elliot. Pagine 182. Euro 16,50