ROMA Un progetto che celebra i dieci anni di una fondazione dedicata a uno dei luoghi centrali per l’arte contemporanea a Roma, una mostra rigorosa e meditata dove i linguaggi del nostro presente dialogano con la visione e il pensiero del Rinascimento: Marco Tirelli conclude con la sua installazione un lungo percorso espositivo iniziato più di un anno fa e che in sei tappe ha presentato tutti i protagonisti della Scuola di San Lorenzo, nata negli anni Ottanta proprio nel celebre stabile di via degli Ausoni che dà il nome alla stessa fondazione e che ancora oggi rappresenta un basilare punto di riferimento per la vita artistica della capitale. A partire dal febbraio 2015 negli spazi espositivi della Fondazione Pastificio Cerere, a cura di Marcello Smarrelli, si sono infatti succedute le mostre di Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Bruno Ceccobelli, Nunzio, Pizzi Cannella, per arrivare proprio alla mostra conclusiva di Marco Tirelli che termina una rassegna su un gruppo che ha lasciato una traccia profonda sull’arte, non soltanto romana, degli ultimi tre decenni utilizzando gli strumenti della pittura, con sguardi differenti ma in un clima comune. Le sale della fondazione dedicate alle mostre, raccolte e severe, hanno dunque permesso agli artisti di concepire delle installazioni
site specific, con opere e allestimenti ideati appositamente per ogni progetto, in cui il dialogo con lo spazio, l’architettura e la luce si è declinato armonicamente componendo un lungo discorso sulle possibilità di rinnovamento e di metamorfosi che la pittura e della scultura possono avere anche grazie al loro fondamentale radicamento nel disegno. In questo senso Marco Tirelli ha dato un contributo di grande interesse facendo dialogare il suo scabro elemento disegnativo con la grande tradizione della pittura murale italiana, con le esperienze contemporanee del
wall drawing e con una icastica presenza oggettuale, posta in un rapporto speciale e metaforico con le forme oscure tracciate dall’artista sulle pareti della seconda sala. La mostra è quindi aperta da una serie di opere su carta dove la presenza dell’immagine è più riconoscibile e dove il carbone traccia prospettive dando vita a edifici e a oggetti essenziali in cui l’elemento geometrico domina nelle intersezioni di elementi che sembrano avere valore più per la loro definizione di spazio che per il loro reale valore iconico, metafore sintetiche che annunciano la sala successiva, dominata dai grandi cerchi neri dipinti sui muri. Tirelli, che dichiara il suo grande interesse per lo studiolo di Federico da Montefeltro, realizza così il sogno del suo spazio privato dove il nero profondissimo di una pittura monocroma si relaziona con la cubatura dei volumi dell’architettura che la contiene, alludendo con gli oggetti metallici ad antichi astrolabi o bussole, a strumenti per la navigazione sui mari o nello spazio, a prospettive cosmologiche sospese tra passato e futuro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Roma, Pastificio Cerere
MARCO TIRELLI Fino al 22 luglio Due opere di Tirelli