«Una vita piacevole si caratterizza per la presenza di assi di risonanza aperti, vibranti e allettanti, che conferiscono suoni e colori al mondo e consentono al Sé di guadagnare in sensibilità, emozioni e movimenti », scrive il filosofo e sociologo tedesco Hartmut Rosa nel suo nuovo libro da poco pubblicato in Germania:
Resonanz. Eine Soziologie der Weltbeziehung (Suhrkamp, pagine 846, euro 34,95) ovvero una sociologia volta a ricostruire la relazione tra uomo e mondo oggi demolita dagli imperativi della concorrenza e della velocità. Rosa si dichiara seguace del Marx teorico del concetto di alienazione, del Lukacs scopritore dell’idea di reificazione e del conservatore Max Weber per aver intuito il disincanto del mondo. Queste affiliazioni rendono Rosa l’ultimo rappresentante, ma forse quello più sfizioso, della Scuola di Francoforte senza però i tic ideologici dei padri fondatori. A differenza dei blasonati Axel Honneth e Jürgen Habermas il giovane sociologo non pensa che mercato e stato siano le sole istituzioni capaci di condizionare la vita degli uomini. Egli crede che gli uomini abitino un mondo dalle molte dimensioni. Solo sprofondando appieno in esse, nell’amore e nella famiglia, nella natura e nella cultura, fioriscono vite autentiche e sensate. Ma oggi non troviamo il tempo per farlo. La deriva tecnologica ed economica degli ultimi scorci della modernità fa perdere agli uomini risonanza con la realtà circostante come racconta nel precedente libro,
Accelerazione e alienazione, tradotto lo scorso anno da Einaudi. Tecnologia e mercato avrebbero dovuto generare benessere ma il velocizzarsi delle dinamiche sociali da loro indotto impedisce agli uomini di stabilire relazioni solide e forti isolandoli così dalla realtà. Anche se oggi è difficile stabilire cosa sia una vita autentica forse è possibile identificare alcuni degli aspetti cruciali di una buona vita. In questa impresa si lancia Rosa abbandonando l’ambito della critica per abbracciare, con il suo ultimo lavoro, un’ipotesi costruttiva. Per il critico dell’accelerazione una vita buona procede attraverso una mediazione tra isolati «momenti di risonanza» contrapposti alle situazioni di alienazione e «assi di risonanza» stabili che danno accesso ai primi. La risonanza è «il legame vibrante» e quindi vitale tra noi e il mondo. La proviamo quando abbiamo la sensazione che «la vita giri per il verso giusto», quando amiamo, quando abbiamo un rapporto di fiducia con gli altri esseri umani e sentiamo nostri gli spazi che abitiamo. Si vibra con il mondo allorché sentiamo di influire su di esso. E questo accade quando non lo attraversiamo di corsa ma coltiviamo quelli che Hartmut Rosa chiama assi di risonanza: amore e famiglia, natura e religione, cultura e amicizia. La loro conservazione e istituzione però richiedono sicurezza e stabilità difficili da trovare in un’epoca di accelerazione sociale incessante. Gli assi di risonanza non valgono inoltre per tutti allo stesso modo. Per l’esploratore polare il ghiaccio è qualcosa di vivente, respira e parla. Per un melomane, questa sensazione proviene dalle corde di una viola. Per il mistico nasce dall’ascolto della parola di Dio. Per l’amante dall’amata. Sport, musica, religione ci offrono opportunità per risuonare cioè «per essere toccati e sequestrati – spiega Rosa – in modo che la vita possa scorrere attraverso di noi. Il riso e le lacrime ne sono i testimoni». I fattori di risonanza sono molti e non tutti identificabili, dunque. È certo invece che la concorrenza e l’accelerazione, in quanto ansiogeni, sono fattori distruttivi della risonanza. Quando dobbiamo competere con gli altri è impossibile formare con loro un’asse di risonanza. E lo stesso vale per l’accelerazione: sviluppare e mantenere assi di risonanza richiedono tempo, ascolto, sensibilità e apertura. Senza tempo o ascolto, senza sensibilità o apertura sarebbero possibili amicizia e arte? «Se si diffonde – analizza Rosa – in ascensori e supermercati una musica di sottofondo, è per darci la sensazione che il mondo canti di nuovo, che non sia così freddo e silenzioso come pensiamo ». Secondo il docente dell’università di Jena in treno o per strada indossiamo le cuffie perché non crediamo più che il mondo reale veicoli qualità di risonanti. Se contiamo i nostri amici su Facebook e i nostri
followers su Twitter, se aspettiamo con trepidazione commenti e
like ai nostri post sui
social network non lo facciamo perché narcisisti. Queste interazioni segnalano a tutti noi che il mondo è ancora risonante. La realtà ci considera come veri, ci risponde, siamo ancora collegati con essa. Ecco perché il segnale acustico o la vibrazione che accompagna una chiamata o una nuova richiesta di amicizia non ci lasciano freddi. Penetrano il nostro sistema nervoso in profondità. Sono i segnali della risonanza del nostro mondo e alimentano le buone vibrazioni che ci fanno amare la vita. Rimane solo una domanda: la risonanza con il mondo passerà anche dal trillo di uno smartphone o non sarà questo una inedita cosmesi dell’alienazione?