Il nome di Giovanni Prati (1814 1884) è, insieme a quello di Aleardo Aleardi (1812-1878), il più emblematico della cosiddetta “Arcadia romantica”: un Romanticismo tardo ed estenuato, che porta alle estreme conseguenze temi, motivi, stilemi e forme a cui la poetica romantica primo-ottocentesca aveva dato nerbo e consistenza. Prati, in particolare, si è cimentato con vari generi letterari, dalla lirica patriottica a quella amorosa, diventando, alla metà dell’Ottocento, uno dei poeti più conosciuti e apprezzati dal pubblico. Non è un caso se Guido Gozzano, nel tratteggiare ironicamente la figura delle educande Carlotta e Speranza scriverà, in una delle sue poesie più celebri (
L’amica di nonna Speranza): «O margherite in collegio / sfogliate per sortilegio sui teneri versi del Prati!» (
I colloqui, 1911). L’opera pratiana più nota è la novella in versi
Edmengarda, pubblicata per la prima volta nel 1841 e che ora rivede la luce in una nuova edizione curata da Emilio Torchio. Protagonista di questo racconto in endecasillabi sciolti è una donna, Edmengarda, una giovane del popolo sposata a un inglese ricchissimo, Arrigo, che l’ha conosciuta in campagna, sulle rive del Tagliamento. Dalla coppia nascono due figli, ma Edmengarda cede alle lusinghe di un giovane veneziano, Leoni. Scoperta la tresca, il marito la scaccia di casa. Quando Leoni si rovina economicamente per il vizio del gioco, Edmengarda si rivolge al marito, che non le nega il sostegno economico ma rifiuta di accoglierla nuovamente presso di sé. In una condizione di prostrazione morale, Edmengarda trova consolazione nella fede in Dio: scopo dell’opera è – come si è espresso lo scrittore Guido Piovene – «dimostrare che a Dio si arriva mediante il dolore accettato con umiltà». Il soggetto di base, insomma, epilogo cristiano a parte, non è molto diverso da quello di
Madame Bovary (1857), il romanzo per il quale, nel decennio successivo, lo scrittore francese Gustave Flaubert verrà processato per oscenità. Immediato fu il successo popolare di
Edmengarda. Angelo De Gubernatis, autore nel 1861 della prima monografia su Prati, testimoniava che «Il poema della Edmengarda fece improvvisamente battere migliaia di cuori afflitti». Pare che i giovani seminaristi di Milano inscenarono una vera e propria azione di protesta di fronte al rettore, ricorrendo addirittura all’arcivescovo Gaisruk, affinché fosse loro consentito leggere la novella. La nuova edizione – edizione critica e ampiamente commentata – consente di rileggere un testo ormai da tempo introvabile. Con quest’opera e con il suo autore Benedetto Croce non sarà tenero, affermando che in essa «l’immagine, il sentimento e la parola invece di unificarsi stanno come tre cose distinte». Ma non c’è dubbio che la novella in versi pratiana rappresenti uno straordinario documento dei gusti letterari di metà Ottocento.
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EDMENGARDA Salerno. Pagine 162. Euro 23,00