I tradizionali rifugi e i "bivacchi" dell’alta montagna, in ossequio all’avveniristico dettato dell’
high technology, sono destinati a dividere i loro spazi con strutture audaci disegnate da architetti, anche se gli
aficionados dell’alpinismo ruspante non vedono di buon occhio questa invasione del design alle alte quote. Già lo scorso settembre, in occasione dei 150 anni del famoso politecnico di Zurigo (l’università che è passata alla storia per aver "bocciato" Albert Einstein!), nel versante svizzero delle Alpi è stato inaugurato il "Monte Rosa Hütte Bergkristall", un modernissimo rifugio di proprietà del Club Alpino Svizzero. Realizzato con la collaborazione della facoltà di architettura dell’università di Lucerna, il "Bergkristall" è sicuramente una struttura unica nel suo genere sia per l’architettura che richiama la struttura di un "cristallo di rocca", sia per la modernissima concezione dei suoi impianti. E sulla scia di questo modello già si sta pensando a un fabbricato analogo da collocare su uno spuntone di roccia a 2835 metri di quota, che sporge dal ghiacciaio Frebouze nella Val Ferret di Courmayeur. Si tratta di una specie di fusoliera lunga 8 e larga 3,4 metri dentro la quale potranno essere sistemati dodici posti letto, che con opportune modifiche potrebbero diventare anche diciotto. La struttura, composta da quattro "moduli" di vetroresina, ha un peso di 1980 chilogrammi e verrà a costare in tutto 200 mila euro. Ma l’aspetto più interessante è che questa costruzione, terminata la stagione delle escursioni, potrà essere rimossa restituendo al paesaggio il suo aspetto naturale. Anche il montaggio non comporterà impatti negativi sull’ambiente perché i moduli saranno costruiti interamente a terra e, una volta trasportati in quota da un elicottero, verranno montati "in situ", proprio come è accaduto per la Stazione Spaziale Internazionale! Sarà sicuramente una costruzione all’avanguardia e dotata di altissima tecnologia. Al suo interno opportuni sensori provvederanno a mantenere un costante microclima e forniranno agli ospiti della struttura i dati aggiornati sulla situazione meteorologica, parametri indispensabili per chi si appresta alle scalate. Il tetto di questo rifugio di ultima generazione sarà ricoperto da cellule fotovoltaiche per garantire i fabbisogni energetici, mentre sotto il pavimento saranno ospitati gli accumulatori. La nuova struttura andrà a sostituire lo storico bivacco "Giusto Gervasutti", un "rifugio" che prende il nome dall’alpinista friulano, soprannominato "il fortissimo", che nel 1942 aprì insieme a Giuseppe Gagliardone una difficilissima "via" sulla parete est delle Grandes Jorasses, il gruppo di cime del massiccio del Monte Bianco che sovrasta Courmayeur. Il bivacco, realizzato nel 1948 e ristrutturato nel 1966, è in legno e lamiera e agli alpinisti tradizionalisti non piace che questo storico rifugio possa essere sostituito da una moderna sofisticheria. La "Capanna Gervasutti" e i tanti altri rifugi e bivacchi disseminati un po’ dovunque per dar ristoro a chi si inerpica sulle montagne, sono strutture che nella loro semplicità raccontano la storia dell’alpinismo e non è giusto, a detta di alcuni, distruggerli per lasciare il posto a costruzioni moderne. Di diverso avviso sono invece i "modernisti", che salutano con entusiasmo questi nuovi "rifugi" ideati sempre tenendo ben presente il rispetto dell’ambiente. I nuovi "bivacchi", infatti, sono pensati per evitare inquinamenti, ma anche per offrire comfort e sicurezza a chi si avventura sulle cime. Un progetto del genere era stato pensato anche in Italia, nell’Alta Badia, in cima alla pista "mozzafiato" Gran Risa, in provincia di Bolzano, ma non è mai stato realizzato. La struttura, chiamata "Capsula Hotel", era stata ideata dal designer gallese Ross Lovegrove e avrebbe avuto l’aspetto di un disco volante atterrato fra le nevi. Il diametro del disco era di 8 metri e il tutto doveva essere sollevato da terra grazie a un particolare sistema di lievitazione basato sulle proprietà dei campi elettromagnetici.