giovedì 1 aprile 2021
Papa Francesco li ha chiamati «i santi della porta accanto». Sono gli eroi di oggi, uomini e donne, che curano i bambini difficili dando loro una speranza nella vita. Un libro di Grisoni e Treccani
Uno degli scatti di Adriano Treccani raccolti nel volume “Il filo srotolato. Autismo tra fotografia e poesia”

Uno degli scatti di Adriano Treccani raccolti nel volume “Il filo srotolato. Autismo tra fotografia e poesia” - Morcelliana

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In occasione della Giornata mondiale di sensibilizzazione sul tema dell’autismo, che cadrà domani 2 aprile, proponiamo un estratto della prefazione di Arnoldo Mosca Mondadori al volume di Franca Grisoni e Adriano Treccani Il filo srotolato. Autismo tra fotografia e poesia, edito da Scholé (pagine 90, euro 10,00). Il libro tratta l’argomento in maniera non usuale, unendo fotografie di Adriano Treccani e venti poesie inedite di Franca Grisoni, ed è sostenuto da Fobap Anffas di Brescia, realtà che per prima ha avuto approvata una sperimentazione in Lombardia sull’autismo e che ha avuto nel 2018 il Premio Cittadino Europeo.

Ci sono persone eroiche, che ho incontrato come un dono nella mia vita, persone che con energie misteriose riescono a rendere la vita luminosa. Di solito questa luce la si vede negli occhi. Da lì si sprigiona con una tale semplicità da rimanerne quasi sopraffatti. Quando incontro questi “eroi” della vita, intuisco anche il senso della vita stessa: la luce misteriosa che si dà agli altri come capacità di ascolto, come gesto di puro disinteresse, come “amore”, questa parola tanto abusata, che però dagli occhi di questi eroi, che papa Francesco ha chiamato i “Santi della porta accanto”, diventa qualcosa di così concreto da ridarci la speranza. Ci sono nella mia vita due persone di questo tipo, collegate ai temi trattati da questo libro, che mi vengono subito in mente e sono unite da un comune progetto: stare accanto e insieme ai bambini con problemi di comunicazione e quindi anche con i molti bambini autistici che non si esprimono con le parole. Sono Silvia Fiore e Aurelia Rivarola, neuropsichiatra infantile del Centro Benedetta D’Intino. [...]

Ho assistito, al Centro, ad alcune sedute in cui gli operatori entravano in relazione con bambini con autismo. Non sono uno specialista, ma ho visto con i miei occhi non soltanto delle competenze cliniche, ma qualcosa che riguarda il nocciolo stesso della nostra umanità, qualcosa di così profondo e vero, qualcosa attraverso cui la vita si rivela nel suo mistero e nella sua vera gioia. In quel momento, non mi è venuto in mente soltanto di dire “come sono bravi questi professionisti”, ma mi è parso di assistere a qualcosa di grande, di toccare con mano la possibilità che mondi apparentemente lontanissimi potessero toccarsi. Di fronte a un operatore che riesce a interagire con un bambino inizialmente profondamente inquieto e a giocare con lui, facendo emergere la sua gioia e i suoi segnali comunicativi, ci si trova ad assistere a una “liturgia della parola”. Il Vangelo di Giovanni comincia dicendo che la parola si è fatta carne. Ecco, qui si vede questa cosa: la parola, comunque espressa, la Comunicazione, si fa carne e umanità. Non vi è nulla di retorico, nulla di pietistico: insieme ai bambini autistici si vede, si tocca, come la parola sia qualcosa di sacro. Si intravedono le sue sorgenti e di come questi eroi riescano ad andare ad attingere a queste sorgenti perché la comunicazione fluisca, perché non venga tradita da un nostro “intrometterci”, o da una nostra manipolazione. È come se per un misterioso miracolo – all’interno della relazione – la comunicazione, la sorgente stessa della parola, unisse le persone. [...]

C’è una poesia di Franca Grisoni che comincia con queste parole: «Stretti di paura / lo dicono i piedini. / A pugno anche le mani. / Un pugno il nodo / stretto in gola / non ti lascia parlare... ». Nella fotografia, appena sollevato da terra come per dire di un volo possibile, il piede che si chiude su se stesso. Ma per essere poi fiore, ala che può dispiegarsi. L’angoscia può liberarsi in un volo a noi impossibile. Che cosa avrà sentito quel bambino nel sollievo di un ascolto e di uno scambio? «...Ma se si aprono le dita / germogliano piano piano / ci vengono incontro / e già si intrecciano / o si intrecceranno tra poco / fiorite con le dita / delle nostre mani...». La poesia di Franca Grisoni entra con delicatez- za infinita nel mistero della sofferenza e della gioia. «... Il Padre sta, nascosto. / Sapremo che ha ascoltato / vedendo le vostre mani / che dalle sue assi lo slegano / al mondo sperato / pieno di nostri domani / non soli ma assieme». [...]

Dentro queste persone c’è una luce. Ed è la stessa che si riflette negli occhi delle persone che si prendono cura di loro. La luce che vediamo apscientificamente. parire per un prezioso istante tra i loro sguardi che si incontrano, come una scintilla che accende un fuoco di cui ignoriamo l’intensità, il calore e l’energia. La luce di un altro modo di essere uomini. E senza dimenticare lo sforzo, grande, costante, che costa l’operare con loro e il cercare di entrare in comunicazione, anche se aiutati dalle intuizioni e da metodologie efficaci e validate Da tutto questo, ricaviamo umiltà, prima grande lezione del bambino con autismo. E da umili, ricominciamo a camminare al passo dei bambini e delle bambine che abbiamo davanti anche in queste fotografie e in queste poesie. Ciascuno unico anche nel suo “disturbo”. Mettersi al passo del bambino significa provare il brivido di una promessa, cioè di una parola forte quanto la vita stessa (promessa: movente, motore, motivazione, mobilità) e allo stesso tempo fragile come un filo d’erba esposto agli elementi.

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