Chisiya mama, la madre di tutti i semi. La chiamavano così, nella lingua
quechua, gli Inca: per loro la
quinoa era un vero tesoro, alimento per il corpo e pianta sacra. Coltivata da 5.000 anni nella regione andina, oggi la
Chenopodium quinoa willd vive uno straordinario boom internazionale, arriva sulle tavole di mezzo mondo, conquista l’alta cucina e fa schizzare alle stelle i prezzi delle esportazioni. Un po’ per moda, un po’ perché gli esperti si sono resi conto delle sue proprietà nutritive, la
quinoa ormai non è più relegata negli scaffali più alti dei negozi bio e vegetariani. Ma il successo gastronomico è solo una faccia della stessa medaglia: la rapida ascesa da erbacea popolare andina a prodotto gourmet mette a rischio il suo consumo proprio nei Paesi d’origine, in particolare in Bolivia, il primo produttore. La metà dell’offerta mondiale si concentra fra il territorio boliviano (oltre il 40%), il Perù, l’Ecuador e il Cile, ma la coltivazione si estende anche nelle regioni andine dell’Argentina, in Colombia e negli Stati Uniti. Dalla patata al pomodoro, dal mais al cioccolato, passando per il pepe e la vaniglia, la lista dei gusti sudamericani importati dall’Occidente continua ad allungarsi, contribuendo allo sviluppo economico di regioni tradizionalmente molto povere, come le Ande. Allo stesso tempo, però, la crescita dell’export potrebbe eliminare la
quinoa dal piatto dei "campesinos" andini. «Il consumo interno arriva appena al 10% della produzione nazionale di questo alimento, mentre il 90% è destinato all’esportazione», ha ammesso la responsabile del ministero boliviano dello Sviluppo Rurale, Nemesia Achacollo Tola, citata da
El Mundo. La sua importanza è stata riconosciuta anche dalle Nazioni Unite che hanno dichiarato il 2013 l’Anno Internazionale della
quinoa, con lo slogan: "Un futuro seminato da migliaia di anni". Con questo gesto l’Onu ha voluto ribadire il peso dell’erbacea nell’equilibrio della sicurezza alimentare, a favore della riduzione della povertà. Gli abitanti andini, sottolineano le Nazioni Unite, hanno «protetto questa coltivazione eccezionale come alimento per le generazioni presenti e future, grazie alle loro conoscenze tradizionali e alla loro vita in armonia con la natura». A differenza di altre piante, aggiunge la Fao, la
quinoa è caratterizzata da un forte legame con i popoli indigeni che la seminano da millenni e che rivestono un «coraggioso» ruolo di «guardiani» per il futuro. Paradossalmente, ora, l’aumento del prezzo spinge quei "guardiani" a sostituirla con la pasta di grano duro o con il normale riso. «Negli ultimi otto mesi del 2012 il prezzo è aumentato del 7,29% sul mercato internazionale» avverte Juan Crispin, presidente dell’Associazione boliviana dei produttori: dal 2006 al 2011 il costo della tonnellata si è moltiplicato per tre. Nonostante la Bolivia sia produttrice del 46% della
quinoa mondiale (secondo i dati del Centro Studi per lo Sviluppo Lavorativo e Agricolo) il 26% della sua popolazione (2,5 milioni di persone) presenta i sintomi della denutrizione cronica. Un paradosso spinoso anche in Perù, il secondo produttore: i contadini andini, spiega ad
Avvenire Jaime Ariansen, direttore dell’Istituto delle Ande, specializzato in formazione gastronomica, «muoiono letteralmente di fame, mentre la loro eredità è il grano d’oro: la
quinoa». La storia di questa pianta si perde nei millenni. È probabile che le civiltà preincaiche coltivassero già questo "pseudocereale", alla base della loro alimentazione come la patata. Durante l’impero, ogni anno, in un’apposita cerimonia l’Inca piantava i primi semi di
quinoa della stagione e i sacerdoti offrivano recipienti ricolmi di grani all’Inti, il dio Sole. Il primo spagnolo a far riferimento a questo seme fu Pedro de Valdivia, che nel 1551, informando l’imperatore Carlos I del Cile, parla di «mais, patate e quinua». Non è chiaro quando iniziò la coltivazione sistematica, ma si calcola che potrebbe essere accaduto fra 7.000 e 5.000 anni fa e che dalle terre del lago Titicaca (a cavallo fra Bolivia e Perù) si sia poi estesa in tutta la regione andina grazie alle sue capacità di adattamento: cresce infatti dai 3.500 metri di altitudine fino al livello del mare. Al di fuori dei suoi terreni d’origine, però, è molto difficile da innestare. Il suo altissimo livello nutritivo la rende comunque molto appetibile all’estero, aggiunge Ariansen: «Conosco una decina di progetti per la coltivazione massiccia della
quinoa negli Usa, Cina, Australia, Belgio e Canada. È un peccato che gli indios eredi degli Inca non possano avere vantaggi economici dallo sviluppo di questo straordinario prodotto».