mercoledì 15 novembre 2023
Nell'80° della nascita esce nelle sale il docufilm di Walter Veltroni "DallAmeriCaruso. Il concerto perduto" che racconta il famoso live a New York dell'86 e la genesi del celebre capolavoro dalliano
Il cantautore Lucio Dalla (1943-2012) in una sequenza del docufilm “DallAmeriCaruso. Il concerto perduto” di Walter Veltroni

Il cantautore Lucio Dalla (1943-2012) in una sequenza del docufilm “DallAmeriCaruso. Il concerto perduto” di Walter Veltroni

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Nell’autunno caldo dei nostri cantautori celebrati al cinema, dopo Jannacci, Gaber e Zucchero tocca ora a Lucio Dalla. Deus ex machina dell’operazione è il suo storico amico Walter Veltroni che fu tra gli artefici, in veste allora di presidente della Federazione giovani comunisti italiani, del mitico tour del 1979 Banana Republic con cui riuscì a portare negli stadi italiani Dalla e De Gregori e a far tirare un sospiro di sollievo agli italiani e al mondo della musica live paralizzato dalla stagione delle contestazioni (vedi De Gregori al Palalido nel ‘76 processato da gruppi della sinistra extraparlamentare e da collettivi politici studenteschi ) e dal terrorismo, con l’apice del sequestro e l’uccisione di Moro.

Dalle estive sere da Banana Republic alla “sera dei miracoli” di Lucio l’anno dopo quando, rievoca Veltroni, quel «si muove la città» della celebre canzone rappresentò un ritorno alla normalità e a «una certa leggerezza». Brano che sta ora echeggiando nei cinema grazie a Paola Cortellesi che, al suo debutto da regista, l’ha voluto nel suo C’è ancora domani e che sentiremo e vedremo in 250 sale dal 20 al 22 novembre (con una speciale proiezione in anteprima il 19 alle ore 11 al Pop Up Cinema Medica 4K di Bologna con in sala il regista e molti amici di Lucio) in DallAmeriCaruso. Il concerto perduto, docufilm con cui Veltroni rinnova il suo grazie al grande cantautore bolognese, «un modo per dire a Lucio che gli abbiamo voluto bene».

Reduce dalla pubblicazione di Bugie nel gennaio del 1986, due mesi dopo Dalla e gli Stadio si trovarono per la prima volta in tour Oltreoceano, in Canada e Stati Uniti. Clou di quell’avventura fu il concerto al mitico Village Gate di New York. «Suonammo davvero molto bene, Lucio voleva dimostrare chi eravamo agli americani» ricorda nel doc Gaetano Curreri. Erano tutti elettrizzati e Dalla aveva sfoderato alla potenza ennesima tutto il meglio del suo genio musicale e vocale. Lasciando entusiasta e interdetto il variegato pubblico, non solo di italo-americani ma anche di consueti frequentatori del celebre locale jazz. Un concerto uscito poi su album doppio a fine anno (avrebbe dovuto intitolarsi Dall’America), aperto però da una inaspettata perla appena sbocciata, Caruso.

Ed è qui, in questa rievocazione, che parte e si dipana il racconto cinematografico di Veltroni prima di lasciare spazio a un concerto che, anche grazie a una straordinaria qualità audio (il concerto ritrovato sarà disponibile per la prima volta anche in un album, DallAmeriCaruso - Live at Village Gate, dal 20 novembre in digitale e dall’1 dicembre in formato fisico), ci ridona la straordinaria dimensione artistica di Dalla che per le sue qualità vocali, se avesse cantato in inglese, sarebbe stata una delle più grandi popstar internazionali di tutti i tempi. La storia è nota e il film indugia, romanzando ancor più ciò che è già romanzo, la leggenda della ragazza che a Sorrento prendeva le ultime lezioni di canto da Enrico Caruso malato e prossimo alla morte. Così fu raccontata a Dalla in quell’estate dell’86 quando al largo di Sorrento gli si ruppe la barca e venne ospitato nella suite che fu l’alloggio di Caruso all’hotel Excelsior.

«Abbiamo ricostruito la nascita e la meravigliosa leggenda che c'è dietro a Caruso, alla quale Lucio ha creduto. E questa storia si è trasformata in una canzone epica» spiega Veltroni con la cantante Angela Baraldi, in compagnia di Lucio in quei cruciali giorni sorrentini. Affascinato dalla storia ascoltata dal barista dell'albergo, Angelo Leonelli, suggestionato poi dal fascino della stanza che fu di Caruso, quello stesso giorno, al pianoforte, Dalla realizza di getto musica e parole. Un brano figlio anche dell’ascolto nei giorni precedenti del grande Roberto Murolo, racconta la Baraldi nel doc, tanto da creare in Lucio il terreno più fertile per dare vita all’ultima grande canzone napoletana del 900. Un capolavoro che ha venduto in tutto il mondo 38 milioni di copie.

Dalle coste della Campania, con lo stesso Lucio che nel doc parla di Caruso come di «un segno del destino», il film si sposta poi su quelle newyorchesi con l'epica esibizione al Village Gate. Perduta e recuperata. «Abbiamo ritrovato questo concerto – spiega Veltroni - e lo abbiamo rigenerato, con un lavoro straordinario sulla qualità audio. Lo abbiamo “eternalizzato”, cioè consegnato alla Storia nella sua integrità». E se la storia d’amore tra Caruso e la ragazza è fantasiosa, quantomeno rocambolesco pare il recupero del concerto allora ripreso dal regista Ambrogio Lo Giudice.

«Per puro caso – racconta Veltroni -, i nastri sono stati acquistati quattro anni fa in un mercatino da un cinefilo di Civitavecchia che le ha trovate da un rigattiere di Faenza. E, una volta scoperto che si trattava di un concerto di Dalla, questo appassionato ha consegnato le bobine alla Sony, che ha deciso di trasformare tutto in un film evento. L'esibizione ha 37 anni, ma è di una attualità straordinaria. Spero che nelle sale la gente applauda e canti». Stupito e entusiasta applaudiva e cantava il pubblico di New York quel 23 marzo dell’86 di fronte a quel folletto barbuto con la coppola in testa che gli aveva lanciata la sfida con quella musica che sapeva di melodia mediterranea e di rock, di subliminale jazz e di grande pop internazionale.

Altro che spaghetti e mandolino, con quelle magnifiche esecuzioni di Stella di mare o L’ultima luna, di Anna e Marco o La sera dei miracoli, di Futura o L’anno che verrà, con una introduzione vocale tra gramelot e scat da brividi. «Una volta in quei giorni - ricorda il chitarrista Ricky Portera - Lucio mi chiese se mi era mai capitato di essere depresso. Sì, certo, gli dissi. Io mai, mi rispose lui. Ma non era vero. Lucio soffriva di solitudine». Lo confessò in inglese, forse gli veniva più facile dirlo e cantarlo così, in Born to be alone in chiusura di Ciao. La stessa “solitudine” evocata in chiusura da Veltroni sulle note di 4/3/1943, la data di nascita di Lucio, ottant'anni fa, con le immagini delle notturne strade di New York mentre Lucio canta anche al Village Gate la sua orfanezza da Gesubambino.

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