È forse oggi il pensatore più autorevole sulla scena internazionale. E il suo libro appena tradotto –
La filosofia nell’età della scienza (a cura e con un’introduzione di Mario De Caro e David Macarthur), il Mulino, pp. 334, euro 32 – fornisce un ritratto a tutto tondo dei multiformi interessi filosofici di Hilary Putnam.
Il primo articolo della sua raccolta parte dalla domanda sul motivo per cui la necessità stessa della filosofia è diventata problematica. Qual è la sua risposta?Una ragione, ovviamente, è che la filosofia, a partire dal Medioevo, passando per i grandi razionalisti Cartesio e Leibniz, per arrivare a Spinoza, Kant e Hegel, ha coinciso con l’onto-teologia, ovvero con le "prove" dell’esistenza di Dio e le teorie sulla sua natura. Ma il passaggio alla cultura moderna (almeno in parte) laica non è sufficiente per spiegare l’avvento di uno scetticismo sul ruolo della filosofia e certamente non rende conto del recente (e precipitoso) declino nell’apprezzamento e nel sostegno delle discipline umanistiche. Credo che una spiegazione migliore si trovi in quanto sosteneva Rudolf Carnap, il maggiore dei positivisti logici. Gli sembrava che le controversie in metafisica fossero sterili e inutili, che i concetti usati risultassero vaghi e gli argomenti inconcludenti, soprattutto se paragonati alle scienze empiriche o alle analisi logiche del linguaggio. L’idea che esista un "criterio" dal quale le discussioni sono risolte e che le discussioni sulle quali non c’è possibilità di accordo o che non sono chiaramente "utili" rappresentino una perdita di tempo discende dal progressivo dominio di considerazioni ispirate a profitto e potere. A mio avviso, invece, le questioni esistenziali più importanti – quelle che rendono la vita dotata di senso e la società decente – sono proprio quelle su cui non troveremo un accordo universale. La discussione ha un valore di per sé, quando mira a ciò che è "importante" (e ciò che è importante non coincide con ciò che è "utile") ed è condotta con intelligenza e sensibilità. La difesa della filosofia, per me, è parte della difesa dell’umanità dalla cieca tecnocrazia.
In questo senso, quali sono oggi l’importanza e il valore della filosofia? Lei parla di "educazione degli adulti"...Che la filosofia debba provare a educare gli adulti e, in particolare, a insegnare loro a
essere adulti era già il messaggio della
Repubblica di Platone. Nel dialogo, Trasimaco sostiene che le uniche cose per cui vale la pena di vivere sono il denaro, il potere e la soddisfazione della lussuria; l’articolata replica di Platone è che vi sono molte altre cose per cui vale la pena vivere, oltre ai beni materiali. Credeva che il mondo potesse essere migliorato, così come le persone, con l’uso della ragione, comprese la ragione teoretica e la filosofia pura. Possiamo certamente sviluppare gli argomenti e le teorie di Platone, ma l’importanza e il valore della filosofia stanno proprio qui: nel rendere migliori il mondo e le persone attraverso il ricorso alla ragione, nel senso più ampio.
Lei considera sia l’aspetto morale della filosofia sia quello teoretico. In che rapporto sono uno con l’altro?L’aspetto morale riguarda il
valore in tutte le sue declinazioni: esistenziale, etico, estetico, politico. Quello teoretico ha a che fare con la natura della realtà, in tutti i suoi versanti: fisico, logico, sociale, psicologico... Essi sono intrecciati perché le indicazioni su come dovremmo vivere e su che cosa renda una vita dotata di senso devono basarsi su una prospettiva almeno approssimativamente corretta del modo in cui funzionano il mondo, gli uomini e le istituzioni, se non vogliamo essere preda di pure fantasie. E le teorie sul modo in cui è strutturata la realtà devono possedere le virtù epistemiche della semplicità, del potere esplicativo e della coerenza, cose che chiamo
virtù poiché sono una sottospecie di
valori.
Tanta parte della sua riflessione è dedicata alla filosofia della scienza, ma tuttavia lei rifiuta lo "scientismo". Qual è il ruolo della scienza e quali i confini tra scienza, filosofia e pensiero quotidiano?Non credo nei confini rigidi, anche se vi sono necessariamente specializzazioni nella conoscenza. Il ruolo della scienza empirica è di spiegare i fenomeni osservabili e di fare congetture sui fenomeni attualmente non osservabili. Il ruolo della filosofia della scienza è di cercare di comprendere le implicazioni metafisiche delle attuali teorie scientifiche e in che modo la scienza riesce a spiegare le cose che spiega. Ma i criteri del "successo" nella scienza come nella filosofia sono carichi di valore ("coerenza", "semplicità") e alla fine espressi in termini "comuni". La scienza e la buona filosofia possono portare a un cambiamento nel modo di pensare ordinario, ma in definitiva dipendono da esso.
Molti studiosi ritengono screditata la metafisica. Lei è in profondo disaccordo. In che senso la metafisica è ancora importante per la filosofia?Io voglio sapere perché, posto che la matematica non è una scienza empirica, contribuisce così tanto al successo della fisica. Voglio sapere come funziona la mente. Voglio sapere in che relazione stanno i giudizi con la conoscenza dei fatti in quanto tali. Queste questioni non sono importanti
per la filosofia, esse
sono ciò di cui si occupa la filosofia. Perfino i positivisti logici, dopo averla dichiarata insensata, hanno finito con lo scrivere di metafisica.
Lei ha parlato di uno stretto legame tra fatti, teorie e valori. Inoltre, nega che se qualcosa è un "giudizio di valore" debba essere solo soggettivo. Che conseguenze ha tutto ciò nel dibattito pubblico?È un tema molto complesso. Basti dire che in un mio recentissimo libro, scritto con Vivian Walsh, ho cercato di mostrare che l’idea fin troppo popolare secondo cui i valori non hanno posto nella scienza ha prodotto effetti disastrosi.
La sua idea di progresso in filosofia è che non sia necessario definire una questione una volta per tutte. Ma allora come si capisce di essere sulla buona strada quando si esercita il pensiero?Il meglio che possiamo fare è provare a rendere più chiaro ed efficace il nostro modo di pensare qui e ora. Se ci sbagliamo, chi verrà dopo di noi correggerà ciò che avremo lasciato in eredità. Ma non tutta la filosofia del passato è andata fuori strada. Trovo sempre tantissima meravigliosa riflessione nei grandi filosofi antichi.