Un pensatore capace di costruire un’«alleanza nuziale » tra la teologia e la filosofia ma in grado anche di tradurre in chiave moderna la grandezza di Tommaso d’Aquino e di Agostino di Ippona. Dentro quest’ottica si può forse comprendere l’attualità di un genio solitario come il gesuita tedesco- polacco Erich Przywara (1889 – 1972) di cui ricorrono domani i 40 anni della morte. Un’eredità la sua nel campo della filosofia e della fenomenologia riconosciuta, nel corso di questi anni, da personaggi insospettabili come Vittorio Mathieu e don Luigi Giussani. Proprio il 28 settembre del 1972 padre Przywara, originario di Katowice (oggi in Polonia), moriva a 83 anni a Hagen, presso Munrau, in Baviera. Il mondo culturale di allora quasi non si accorse della scomparsa di quest’uomo. Eppure egli, negli anni tra le due guerre mondiali, era stato di quel mondo uno dei più validi e intelligenti interlocutori.«Senza diventare titolare di nessuna cattedra – rivela oggi il saveriano e tra i massimi studiosi della metafisica in san Tommaso
Battista Mondin – né docente stabile di alcuna materia, attraverso la rivista “Stimmen der Zeit”, di cui era il principale redattore insieme a Romano Guardini, divenne il pensatore cattolico più influente nei Paesi di lingua tedesca tra i due conflitti mondiali. Fu molto ricercato come cappellano degli universitari e conferenziere e rese un grande servizio anche alla Chiesa, assolvendo a vari incarichi durante la persecuzione nazista». Ma di questa complessa figura rimangono ancora attuali molte delle sue opere divenute dei classici come
A-nalogia entis, gli studi sulla spiritualità ignaziana, il capolavoro
L’uomo. Antropologia tipologica ,
Inni del Carmelo come la sua sconfinata ammirazione per i Padri della Chiesa e per il cardinale John Henry Newman.«Przywara è stato il primo a far conoscere il grande pensatore inglese in Germania – spiega lo studioso e curatore tra l’altro di un bel saggio di questo autore, edito nel 2007, da Jaca Book
Agostino inForma l’Occidente Paolo Cevasco – .Uno dei suoi grandi meriti è stato quello di far conoscere la teoria della coscienza e l’ecclesiologia di Newman ». Di questo studioso di razza è giusto accennare ai contatti e collaborazioni che coltivò con i filosofi e intellettuali del suo tempo, dalla scrittrice Gertrud von Le Fort, Edmond Husserl, Edith Stein (di cui sarà, tra l’altro, direttore spirituale) a Martin Heidegger (che lo vorrà come lettore e uditore delle sue opere all’università). Ma a caratterizzare il pensiero di Przywara sarà in modo particolare il suo scritto Analogia entis del 1933 che diventerà il vero contraltare del saggio di Karl Barth
Analogia fidei (che definirà l’opera del gesuita slesiano «un’invenzione dell’Anticristo»).«Con la celebre formula
Analogia entis – osserva padre Mondin –, che sintetizza il suo pensiero filosofico e teologico, Przywara intende dare espressione a questa verità fon- damentale del cattolicesimo: una trascendenza immanente che non pregiudica né sminuisce il valore delle creature, ma la salvaguarda e la potenzia. Tra Dio e l’uomo c’è pertanto correlazione e polarità. In parole povere egli si schiera a favore di quel Dio sempre più grande ('semper maior') dove la distanza con l’uomo rimane sempre infinita». Erich Przywara è soprattutto oggi ricordato nelle enciclopedie di settore come il maestro dei due più grandi teologi del Novecento, Hans Urs von Balthasar («non c’è veramente al mondo nessuno che abbia ricevuto un carisma che assomigli per intensità e profondità a quello che Przywara ha ricevuto per proclamare l’assolutezza di Dio») e Karl Rahner («un maestro che precedeva tutti in luoghi dove gli altri erano lontani da poter arrivare»). Entrambi, pur da impostazioni teologiche diverse, guardarono a questo intellettuale come al «maestro per eccellenza». Di questo ne è convinto il gesuita tedesco e teologo
Karl Heinz Neufeld e tra i discepoli di Karl Rahner :«Entrambi hanno subito l’influsso di questo pensatore ma in due momenti diversi della loro vita; Balthasar è rimasto il discepolo del primo Przywara. Non è certo un caso che il grande teologo di Lucerna editi le prime opere di Przywara, compresa
l’Analogia entis. Fino agli anni Cinquanta la lunghezza di vedute tra Balthasar e Przywara converge sulle stesse polarità. Basti pensare al tema molto balthasariano e idealistico dell’opera
L’apocalisse dell’anima tedesca e di quanto questo testo di von Balthasar subisca l’influenza di Przywara». Gli anni successivi al Concilio, secondo padre Neufeld, avvicinarono Przywara all’altro discepolo Karl Rahner:«C’è stato in un certo senso, un passaggio di testimone di questa eredità. Mi ha sempre colpito che negli ultimi anni della vita di padre Erich ogni anno Rahner andasse a trovarlo a Munrau e che, a suo nome, abbia ritirato molti premi accademici o lo abbia rappresentato in molte conferenze. Se si legge la tesi universitaria di Rahner su san Tommaso dove si parla di 'spirito nel mondo', e il modo molto originale e indipendente di come re-interpreta l’Aquinate si vede lo stesso stile molto libero di Przywara». E a questo proposito, padre Neufeld, annota un particolare: «La stessa Edith Stein, difenderà pubblicamente il pensiero di Tommaso nella sua forma più autentica e letterale di fronte a Martin Heidegger rispetto all’impostazione più originale, impressa da Przywara, lui che, in fondo, era il suo venerato direttore spirituale». E proprio sul Przywara studioso e sacerdote attento ai lontani si sofferma Paolo Cevasco:«Negli anni Venti e Trenta del Novecento egli è stato un punto di riferimento per il rinnovamento cattolico assieme a Romano Guardini ma rispetto a lui che svolgeva un ruolo più pubblico ha giocato in una posizione più defilata: quella del direttore spirituale di molti neo-convertiti ; sarà Przywara a convincere la giovane Edith Stein a tradurre le
Questiones disputatae de veritate di san Tommaso e a farle abbracciare, attraverso un attento cammino di discernimento vocazionale, la quiete orante del Carmelo ». Un’eredità dunque complessa quella di Przywara, a 40 anni dalla sua scomparsa, fatta anche di una solida formazione nella letteratura spirituale.«Oltre a una profonda conoscenza degli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio, della storia del Carmelo e di santa Teresa d’Avila – è la considerazione finale di padre Neufeld – è stato anche un poeta, ha scritto persino delle canzoni. Ci sono 3mila poesie sue non ancora pubblicate. Il suo più grande merito? Sicuramente la sua autonomia nel trattare la modernità, avendo in mente tutta la tradizione spirituale e patristica della Chiesa».