L’imputato è assolto, e con un margine larghissimo. Così hanno deciso 216 membri della giuria popolare, contro i 145 convinti che, al contrario, il padre della medicina sia colpevole di violenza privata e di abuso d’ufficio. È questo il verdetto del “Processo a Ippocrate” che si è celebrato ieri sera presso il Piccolo Teatro Studio di Milano. Al dibattito, presentato nell’originale formula dello spettacolo teatrale, hanno preso parte Cesare Rimini per la difesa, Carlo Nordio per l’accusa e, in veste di testimoni, rispettivamente l’avvocato Luigi Isolabella e l’oncologo Umberto Veronesi. La sentenza è stata pronunciata dal magistrato Stefano Dambruoso, che al termine di un serrato dibattimento ha mandato assolto il grande medico di Kos, impersonato dal direttore di “Avvenire”, Marco Tarquinio. Con questa motivazione: l’ordinamento italiano non contempla in modo positivo il diritto assoluto all’autodeterminazione. E le derive dell’accanimento terapeutico non possono essere in alcun modo imputate al celebre giuramento, ancora oggi attuale.