«Hail Mary, full of grace». «Dios te salve, Maria, llena eres de gracia». L’inglese classico di Shakespeare, lo spagnolo dei migranti ispanici che affrontano la violenza dei narcotrafficanti, i soprusi dei mercanti di esseri umani sul confine Usa-Messico e anche il caldo mortale del deserto. L’antica preghiera mariana è risuonata insistente durante una campagna di solidarietà orante lunga 40 giorni in favore della questione-immigrazione che sta scaldando il già «bollente» Stato americano dell’Arizona. Ne è stato promotore un gruppo cattolico nella città di Phoenix per suscitare un dibattito e lanciare un grido di allarme contro la contestata legge sull’immigrazione che proprio oggi entra in vigore nello Stato del Sud. Una normativa – la «SB 1070» nel freddo linguaggio burocratico, proposta dal senatore Russell Pearce e firmata il 23 aprile scorso dal governatore repubblicano Jan Brewer – che considera un delinquente, quindi da arrestare e imprigionare, qualsiasi immigrato senza documento e che dà facoltà alle forze di polizia di perquisire un sospettato per il semplice fatto di essere di etnia non Wasp, cioè non anglosassone. In Arizona, gli stranieri senza documenti sono circa mezzo milione, per lo più messicani. Secondo un sondaggio dell’istituto di ricerca Rasmussen, il 55% degli americani vorrebbero che anche nei loro Stati venisse istituita una norma come quella dell’Arizona. E già Utah, South Carolina, Minnesota, Pennsylvania, Michigan e Rhode Island stanno pensando a questo strumento anti-immigrazione. La norma (limitata ieri in extremis da un giudice di Phoenix, che ha accolto il ricorso dell’amministrazione Obama: il provvedimento entra in vigore oggi in una forma più «morbida») ha spaccato i cittadini dell’Arizona che nelle scorse settimane sono scesi in piazza pro o contro la legge: il 29 maggio poco più di 4 mila supporter del provvedimento si sono riuniti al Tempe Diablo Stadium della città, mentre lo stesso giorno erano in 12 mila a sfilare per le strade di Phoenix per dire no alla SB 1070. Contro la legge si sono schierate compatte le confessioni cristiane, Chiesa cattolica in testa: monsignor Thomas J. Olmsted, arcivescovo di Phoenix, ha fatto appello a Madre Teresa e a Santa Francesca Cabrini per spiegare come con la norma di Brewe «si rompe il nostro sistema migratorio» evidenziando come «il bisogno di una riforma sull’immigrazione sia assolutamente chiaro». E proprio in favore degli immigrati irregolari a rischio cattura in Arizona si è svolta nelle ultime settimane la catena di solidarietà orante dei Mary’s Ministries, un ordine religioso maschile cattolico che ha radunato ogni giorno per 40 sere, dal 13 giugno scorso, un gruppo di persone sensibili alla dignità degli immigrati illegali, per pregare in loro favore, suscitare dibattito (l’emittente nazionale Nbc ne ha fatto oggetto di un servizio televisivo, ne ha parlato anche il quotidiano
Usa Today) e manifestare piena solidarietà agli ispanici minacciati di arresto. In particolare la «40 Days in The Desert» è stata un’iniziativa per cercare insieme una soluzione alla questione-immigrazione: «Abbiamo deciso di intraprendere questa campagna per il significato del numero 40 per noi cattolici» spiega ad
Avvenire da Phoenix fratel Fernando Ruiz, uno dei promotori dell’iniziativa. «Questo è stato il numero di anni che Israele ha passato nel deserto, il numero di giorni del diluvio universale, le giornate trascorse da Gesù nel deserto. Inoltre, qui in America il movimento pro-life tiene una campagna di preghiera lunga appunto 40 giorni: ci siamo ispirati anche a questo». Così, ogni sera, puntuale alle 7 di sera, all’angolo tra la Central Aveneu e la Roeser Road, nella zona centro-sud di Phoenix, fratel Fernando ha guidato il rosario, in inglese e spagnolo, presenti ogni sera una cinquantina di persone. «La maggior parte è cattolica, ma ci sono anche dei cristiani di altre confessioni» spiega il religioso. Ma oltre alla preghiera la campagna dei Mary’s Ministries si è concentrata anche su un aspetto concreto del nodo migrazioni: la famiglia. «Il nostro obiettivo è sviluppare una politica migratoria per le famiglie a livello statale e nazionale. Le famiglie non devono mai essere separate né da parte della politica né dal governo» E su questo punto fratel Ruiz ha puntato per fare appello al blocco repubblicano-conservatore, notoriamente più sensibile alla tematica della famiglia: «Chi definisce cosa è la famiglia? Questa è la vera questione centrale della riforma sull’immigrazione. Noi non ci ricordiamo che Gesù, Maria e Giuseppe erano una famiglia migrante!». E ai democratici Ruiz ha chiesto un sussulto di dignità politica «in nome del loro principio della giustizia. Per favore, rispondete alle richieste delle famiglie!».