Arriva la classificazione dei programmi tv gravemente nocivi per i minori. È uscita in Gazzetta Ufficiale e fornisce agli operatori i criteri per stabilire quali sono le trasmissioni che devono essere mandate in onda solo negli orari notturni (dalle 23 alle 7) e solo in forma criptata, sui canali ad accesso condizionato. Si tratta di un decreto ministeriale che recepisce, con alcune modifiche, le indicazioni fornite dal Comitato tv e minori e dall’Autorità delle comunicazioni, sulla base di quanto stabilito dal decreto legislativo del 5 marzo 2010 (decreto Romani), che modifica il Testo unico del 2005 (la cosiddetta legge Gasparri) e che recepisce la Direttiva europea Servizi, media e audiovisivi del 2007. Direttiva che un tempo era conosciuta come "Tv senza frontiere" e che è stata nuovamente aggiornata il 5 aprile del 2010. In concreto il testo individua gli ambiti tematici (violenza, sessualità, tematiche sociali, relazionali e comportamentali) e le modalità con i quali vengono rappresentati (grado di insistenza, livello di realismo, frequenza, gratuità delle scene rispetto alla narrazione), per i quali un programma deve essere classificato (basta un solo aspetto) come gravemente nocivo e quindi essere trasmesso solo in orari notturni.Fin qui il dato normativo, che indubbiamente, come specifica il presidente del Comitato tv e Minori, Franco Mugerli, presenta aspetti positivi. Restano tre nodi essenziali. Il primo riguarda la reiterata non applicazione della direttiva europea, che vieta espressamente (nell’ultima versione al comma 1 dell’articolo 27) la messa in onda di programmi televisivi, che possano «nuocere gravemente» ai minori, consentendo negli orari notturni solo quelli semplicemente definiti come «nocivi». Norma che nelle direttive europee non è mai stata modificata e si ripete sempre uguale dal 1989, ma che, nei fatti, la Ue non si è mai premurata di far rispettare. Fin dal primo momento, infatti, le tv criptate trasmettono regolarmente, in tutta Europa, programmi pornografici e violenti (gravemente nocivi) senza incorrere in sanzioni. Né tanto meno la Ue, così solerte su altre questioni, si è preoccupata di comminare sanzioni agli Stati membri che, come l’Italia, consentono le eccezioni attraverso le leggi che recepiscono la norma primaria europea. Secondo Mugerli, «risulta una richiesta di chiarimenti da parte della Commissione europea in merito al recepimento della normativa, anche sui programmi gravemente nocivi». Staremo a vedere cosa accadrà nei prossimi mesi.Il secondo nodo riguarda il regolamento sui sistemi tecnici che (in base alla direttiva Ue e alla norma che la recepisce) devono servire per impedire concretamente ai minori l’accesso ai programmi gravemente nocivi. Da qualche mese, come spiega lo stesso Mugerli, è in corso «un braccio di ferro» con gli operatori. La legge stabilisce che il codice segreto per l’accesso condizionato ai programmi pornografici debba essere comunicato all’utente con modalità riservate e che il Pin debba avere caratteristiche tali da non poter essere aggirato. Gli operatori, però, oppongono difficoltà tecniche di applicazione. C’è insomma il rischio, rilevano al Comitato tv e minori, che gli impedimenti tecnologici possano essere facilmente elusi. In ogni caso, insiste Mugerli, è necessario che «in tempi rapidi» l’Autorità delle comunicazioni vari la necessaria «disciplina di dettaglio relativa ai dispositivi tecnici idonei a escludere che i minori vedano tali programmi».Il terzo nodo è relativo al decreto Romani nel suo complesso. L’articolo 34 del Testo unico (recependo la direttiva europea) impediva la trasmissione di film vietati ai minori di 18 anni o che non avevano avuto alcuna autorizzazione per le sale cinematografiche, anche se all’articolo 4 non facendo alcuna distinzione fra «nocivi» e «gravemente nocivi», consentiva nei fatti la messa in onda di quei programmi sulle tv criptate senza limiti di orario. Il decreto Romani, invece, stabilisce che simili programmi possano essere trasmessi solo di notte, ma elimina completamente, come sottolinea Mugerli, il principio fissato nel divieto tassativo previsto dal comma 1 dell’articolo 27 della direttiva comunitaria.