Più che il talento, le qualità estetiche. Ancor prima dei risultati, il look. Ecco lo sport al femminile, visto dagli uomini naturalmente. Più “guardoni” insomma che appassionati, a detta delle atlete.La ricerca è inglese, i risultati validi dappertutto. A dare il là, la confessione in favore di telecamere di Rebecca Adlington, nuotatrice britannica plurimedagliata (tra Mondiali e Olimpiadi), quasi in lacrime nell’ammettere (nel corso di
I’m A Celebrity… Get Me Out of Here!, reality-show riservato alle celebrità) le sue personali insicurezze, dovute un po’ al proprio fisico (non propriamente da fotomodella) e tanto alla morbosa attenzione degli spettatori per il lato estetico delle donne di sport. Di qui, il sondaggio, commissionato da BT Sport, a confermare in pieno le impressioni della Adlington: la crescente ossessione verso il look femminile da parte dei tifosi. Che ha un impatto negativo sulle atlete, anche le migliori, sotto il profilo dei risultati. Un campione ampio e articolato, 110 atlete britanniche di successo, a coprire ben 20 discipline sportive. Ricerca dettagliata, verdetto bulgaro, o giù di lì: per il 67 per cento delle intervistate, pubblico e media valutano più l’aspetto fisico che i risultati, il 76 per cento ammette che questa visione ha spesso influenzato il proprio regime di dieta e allenamenti, addirittura il 97 per cento ritiene che questo problema nello sport non sia altro che una proiezione di quel che avviene nella quotidianità. Mentre qualcuna, infine, attribuisce lo stesso comportamento anche a federazioni, allenatori e sponsor.Lo sport al femminile, visto dall’altro sesso. Più estetica che sostanza. Più che una novità, una conferma, quella che emerge dal sondaggio britannico. O, meglio, l’ennesimo indizio, che insieme agli altri determina una prova. Approccio voyeuristico, più che altro. O maschilista, se preferite. E per conferma basta analizzare episodi del passato più o meno recente. Prendiamo Sepp Blatter, che del calcio mondiale è da molti anni il padre padrone. Lui, si sa, una ne fa e cento ne pensa. E ancor più ne dice, spesso senza vergogna. Una delle boutade del presidente della Fifa, una decina di anni fa, a proposito di calcio femminile. C’era aria di crisi, si cercava il rilancio. Blatter se ne uscì con la proposta geniale: «Voglio divise più sexy per le calciatrici: dovrebbero usare tenute più femminili...». Non se ne fece nulla, anche per via di pesanti reazioni negative. Ma il senso resta, quello di un approccio sessista che viene dall’alto. Fece anche un esempio, Sepp Blatter: «Le calciatrici dovrebbero indossare divise come quelle delle pallavoliste». Obiettivo palese, quello del presidente Fifa. Dare visibilità al calcio femminile, puntando sul lato B, esaltato dall’occhio indiscreto della tv. Come nella pallavolo, e ancor più nella sua versione da spiaggia, il beach-volley. Che a Londra 2012 ebbe la sublimazione come sport più sexy. Atlete perfette, fisici asciutti, divise minimali: niente di più normale, per uno sport da spiaggia. Elevato all’ennesima potenza sul piccolo schermo: inquadrature mirate, abbondanza di primi piani e quant’altro. Il lato estetico, prima di tutto. Il maschilismo applicato allo sport femminile.