L’intenzione era e resta buona. Ma il risultato presta il fianco a numerose perplessità.
Shades of Truth (Sfumature di verità), il film di Liana Marabini su Pio XII presentato ieri a Roma in anteprima mondiale, parte infatti da un lodevole scopo. Riaccendere i riflettori sulla figura di Papa Pacelli e farlo questa volta non in termini negativi, ma per cancellare i tanti luoghi comuni sull’operato del Pontefice in rapporto all’Olocausto. La regista, che firma anche la sceneggiatura, cerca dunque di dimostrare che Pio XII si adoperò in molti modi per salvare il maggior numero possibile di ebrei dalla deportazione e quindi dalla morte (800mila secondo lei). Perciò, nel raccontare la sua storia, che ha per protagonista un giornalista ebreo americano (figura di fantasia con radici nella realtà), fa riferimento a molte acquisizioni della storiografia più recente sull’argomento, cita testimonianze e documenti e regala persino un cameo al vaticanista Andrea Tornielli (impersonato da un attore). Tuttavia il lavoro (nel cui cast figurano nomi di tutto rispetto come
Giancarlo Giannini, Remo Girone e Cristopher Lambert, oltre a Gedeon Burkhard di
Il commissario Rex) non va oltre l’orizzonte dell’apologetica di maniera, risultando in alcuni passaggi calligrafico al limite dell’ingenuità. Inoltre, e non se ne comprende bene il motivo, Marabini inserisce alcune digressioni nella narrazione che appaiono del tutto fuori luogo anche e soprattutto rispetto all’intenzione originaria del film. Ad esempio quando fa esprimere a un cardinale (interpretato da Lambert) la preoccupazione per una possibile revisione, da parte della Chiesa latina, del celibato sacerdotale (ma quando mai?!) e soprattutto nella scena in cui sempre lo stesso personaggio suggerisce una possibile contrapposizione tra l’atteggiamento di Benedetto XVI e quello di Francesco rispetto alla causa di beatificazione di Pacelli, quasi che quest’ultimo stesse bloccando tutto. Sembra infatti quasi superfluo ricordare che dopo la proclamazione delle virtù eroiche di Pio XII (avvenuta nel 2009), si attende ora il miracolo attribuito alla sua intercessione. Un evento soprannaturale che non è nel potere di nessun Papa affrettare o ritardare. Ieri, a pellicola appena proiettata, anche
L’Osservatore Romano ha espresso il proprio disappunto. «Non è certo con lavori come
Shades of Truth – si legge nel numero oggi in edicola – che si aiuta la comprensione storica dell’operato di Pio XII e della sua Chiesa nei confronti del popolo ebraico durante la seconda guerra mondiale. Perché – aggiunge il quotidiano d’Oltretevere – quando i mezzi produttivi e artistici non sono all’altezza di un compito di tale spessore, allora è meglio rinunciare». Secondo
L’Osservatore, «la regista Liana Marabini affronta con un atteggiamento volenteroso i limiti di una produzione piccolissima. Eppure anche con ambientazioni un po’ arrangiate e pochi attori si poteva fare molto meglio. Dal punto di vista del dossier storico siamo ai minimi termini, anche se qua e là filtrano ovviamente spiragli di verità, ma è nel tentativo francamente maldestro di dare forma drammaturgica al tutto che l’autrice rende il prodotto complessivo ingenuo e di conseguenza poco credibile». Molto meglio sullo stesso argomento, a parere del giornale della Santa Sede, una fiction Rai del 2010, targata Lux Vide. Protagonista di
Sfumature di verità è l’attore statunitense David Wall, nel ruolo di un giornalista italo-americano di origine ebraica, David Milano, cui viene commissionata un’inchiesta su Papa Pacelli. Mentre indaga, il cronista vede crollare la sua convinzione che fosse il «Papa di Hitler» e, soprattutto grazie all’aiuto dell’amico sacerdote Roberto Savinelli, riesce a consultare alcuni documenti dell’Archivio Segreto Vaticano. Incontra inoltre alcuni sopravvissuti della Shoah, che hanno avuto la vita salva grazie all’intervento di Pacelli e apprende la storia di Israel Zolli, rabbinocapo di Roma durante l’occupazione nazista, che alla fine della guerra si fa battezzare e prende il nome di Eugenio, in segno di riconoscenza verso il Papa, il cui nome era appunto Eugenio. Anche il protagonista subisce una trasformazione interiore. Una notte sogna Pio XII che accanto alla croce pettorale porta cucita sulla veste bianca una stella di David gialla, la stessa che gli ebrei furono costretti a indossare in quell’infausto periodo (la regista ha voluto farne anche il cartellone del film e la scelta ha già suscitato qualche reazione non proprio favorevole). Il giornalista giunge infine al culmine del suo cammino verso la verità quando scopre che i suoi stessi genitori, morti in un incidente quando lui aveva un anno, erano stati salvati dalla deportazione grazie al Papa. Un destino comune a molti. Perché se forse non sono stati proprio 800mila, come sostiene la regista, gli ebrei salvati dal Papa, è indubbio che in tantissimi gli devono la vita. Direttamente o indirettamente. E almeno questa, più che una sfumatura, è la verità nuda e cruda.