mercoledì 4 novembre 2009
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Ha vinto Pinocchio, domenica e lunedì su Raiuno, ha vinto la televisione che ha il coraggio di non drammatizzare e di non tirare pugni nello stomaco e sceglie invece di proporre una storia nota, un personaggio-simbolo senza tempo, per raccontare con gli elementi della favola come dal male (volendo) si arrivi al bene. La trasformazione del burattino in essere umano è una metafora significativa che il racconto induce a seguire: e questa, in un certo senso, è quella "tv pedagogica" che ripercorre i classici per indurre a riflettere, oltre che a provare le "emozioni" di cui si fa strumento l’attuale televisione della trasgressione e della provocazione. I risultati dell’auditel, che hanno contato per la prima puntata 7.723 spettatori, 31,79% di share, e per la seconda 7.484.000, share 26,39%, sono significativi non solo per esser stati i migliori dell’anno per la Rai, ma anche – per quanto riguarda lunedì – per aver segnato un distacco vincente rispetto alla programmazione di Canale 5, che con la seconda puntata de Il Grande Fratello ha ottenuto 5.535.000 spettatori, 24,77% di share. E qui non è tanto questione di estetica del prodotto o di sofismi critici: qui si tratta di due diverse concezioni dello spettacolo e, di conseguenza, del pubblico.La sgangherata accolita di nullafacenti rumorosi ed esibizionisti attrae la parte meno nobile di ciascuno di noi, con allusioni grevi, situazioni imbarazzanti, intimità squadernate, risse simulate e ammiccamenti volgari. Una storia che invece ripercorra nella memoria di molti e nello stupore dei più giovani esperienze fondamentali dell’esistenza interessa, coinvolge, induce a pensare, lascia una traccia anche infinitesimale in ogni spettatore che l’abbia seguita e anche ripresa nella seconda serata. Sono evidentemente due percorsi antitetici, due modi opposti di catturare un pubblico che si vuole quanto più trasversale. È importante che questo venga sottolineato, che in Rai ci si renda conto della possibilità notevole indicata dai dati di un successo che indirizza a scelte coraggiose.  L’inseguimento della tv commerciale, nei metodi e nello stile, non è vantaggioso. La Rai deve riappropriarsi del suo ruolo di servizio pubblico, deve tener conto di quel suo pubblico fedele, che non fa drammi e non riempie le cronache, ma che conta l’audience familiare, persone di ogni età che rifiutano gli strilli e le esibizioni e pacatamente vogliono esser considerate e non usate per soddisfare gli sponsor pubblicitari. Deve, in una parola, riconquistare il suo stile, con l’autorevolezza che le viene dal suo rappresentare una popolazione, non una clientela.L'Aiart. «I valori, una storia ben raccontata, possono avere la meglio sul nulla del Grande Fratello. Vuoi vedere che davvero sta cambiando qualcosa in questo Paese?». Lo afferma Luca Borgomeo, presidente dell’associazione di telespettatori cattolici Aiart. «Non è vero che i telespettatori subiscono passivamente, e il servizio pubblico ha il dovere di proporre qualità».
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