Un particolare della "Pala dei Decemviri" del Perugino, conservata ai Musei Vaticani
Dopo due secoli, grazie alla collaborazione con i Musei Vaticani, la Pala dei Decemviri di Pietro Vannucci detto il Perugino, torna
nella Cappella dei Priori, a Perugia, lo spazio per il quale era stata concepita.
La mostra, curata da Barbara Jatta, direttore dei Musei Vatican,i e da Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria, propone fino al 26 gennaio il ricongiungimento tra la cornice e la cimasa, conservate a Perugia, e la tavola centrale del Perugino, proveniente dai Musei del papa.
La Cappella dei Priori, costruita a metà Quattrocento durante i lavori di ampliamento del Palazzo dei Priori, fu oggetto di interventi per renderla il luogo più nobile e rappresentativo dell’edificio: il pavimento in maiolica invetriata, decorato con motivi floreali alternati ad angeli in volo, fu realizzato dal derutese Giacomo di Marino detto il Cavalla tra il 1455 e il 1457; mentre le pareti con i celebri cicli pittorici dedicati a sant'Ercolano vescovo, patrono della città, e san Ludovico di Tolosa, protettore del palazzo, vennero affrescate da Benedetto Bonfigli tra il 1454 e il 1469. Il coro ligneo, intarsiato con grifi e motivi vegetali, fu avviato dall’intagliatore Gaspare di Giacomo da Foligno e portato a termine da Paolino di Ascoli.
Pietro Vannucci detto il Perugino, la "Pala dei Decemviri" ricomposta alla Galleria Nazionale dell'Umbria (S. Bellu) - _____________________________________________________
A completare la decorazione della cappella fu chiamato Pietro Perugino, che eseguì per l’altare la Pala dei Decemviri raffigurante la Madonna col Bambino tra i santi Ercolano, Costanzo, Lorenzo e Ludovico. La scelta dei santi è molto precisa: Ercolano è il “defensor civitatis” dall’assedio di Totila morto nel 549; Costanzo il primo vescovo della città martirizzato al tempo di Marco Aurelio; Lorenzo il santo a cui è dedicata la cattedrale di Perugia e Ludovico il protettore del Palazzo dei Priori, proclamato santo nel 1317. Il tema iconografico rende esplicita la valenza identitaria del dipinto e rimarca il suo stretto legame con la dimensione civica.
L’opera era stata commissionata nel 1479 a Pietro di Galeotto, ma la sua morte determinò nel 1483 l’assegnazione dell’incarico a Pietro Vannucci. Questo secondo progetto prevedeva anche l’aggiunta di una cimasa con la Madonna della Misericordia, per la quale, a causa dell’eccessivo protrarsi dei lavori, venne coinvolto Sante di Apollonio, che la terminò nel 1486. L’anno successivo, tuttavia, Perugino fu chiamato a ridipingere la cimasa, poiché i Decemviri intesero celebrare l’apertura del Monte di Pietà facendo apporre l’immagine di Cristo in pietà, visibile tuttora.
La tavola centrale, che riprende gli schemi compositivi già adottati per la pala di San Domenico di Fiesole e per quella di Sant'Agostino a Cremona, fu ultimata da Vannucci nel 1495 ed è firmata sulla pedana del trono: “hoc Petrus de chastro plebis pinxit”. La pala rimase nella sua collocazione originaria per poco più di mezzo secolo fino al 1553, epoca del trasferimento della Cappella dei Priori in una nuova sede in altri ambienti del Palazzo.
Nel 1797 l’opera venne requisita dalle truppe francesi come conseguenza del trattato di Tolentino e venne condotta Oltralpe nel Musée de la République, (poi Musée Napoleon e oggi Musée du Louvre), in un destino comune ad altre centinaia di opere appartenenti alla Chiesa. Per qualche ragione, però, i francesi ignorarono la cimasa col Cristo in pietà e la cornice in legno intagliato e dorato opera di Giovanni di Battista di Cecco detto il Bastone, le quali, dopo un soggiorno alla Quadreria dell'Accademia di Perugia, tornarono a Palazzo dei Priori.
Nel 1816, tramontata la lunga parentesi di Bonaparte e restaurata la monarchia borbonica, Antonio Canova, inviato a Parigi da papa Pio VII per recuperare il maltolto, riuscì a riportare a Roma la tavola, che - nonostante le vibranti proteste dei perugini - venne destinata alla Pinacoteca Vaticana.
Dopo l’esposizione perugina l’opera verrà presentata - ancora nella sua interezza - ai Musei Vaticani nel 2020, come evento legato alle celebrazioni del cinquecentesimo anniversario della morte di Raffaello.