venerdì 19 agosto 2016
Filosofia, si fa presto a dire PERSONA
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Se una macchina può avere le stesse prestazioni di una persona umana media in certi compiti cognitivi, allora la macchina va giudicata non meno psicologica (o intelligente) della persona. È la premessa del famoso test di Turing, quello in cui un interrogante, che interagisce unicamente con tastiera e schermo, deve capire con chi sta dialogando: un suo simile o un computer? Se la macchina è in grado di ingannare per un certo tempo l’interlocutore umano, allora bisogna attribuire al computer la stessa mente che attribuiamo alle persone. Ma il computer che passasse il test di Turing sarebbe simile a una persona? Parliamo comunemente di diritti delle persone contrapposti a quelli di altre specie viventi. E in bioetica non è raro che la discussione si avviti in una discussione concettualmente imprecisa che verte sulla possibilità di chiamare persona un feto o un individuo in stato vegetativo. Il punto è che tutti pensiamo di sapere che cosa sia una persona umana, ma pochi poi riuscirebbero ad articolare una risposta minimamente in grado di resistere a uno scrutinio approfondito di uno studioso contemporaneo. Perché se è certo che conserva la sua rilevanza la classica definizione di Boezio, poi ripresa da Tommaso d’Aquino, in base alla quale la persona è «sostanza individuale di natura razionale», è pure vero che la riflessione filosofica ha compiuto da allora un lungo percorso. In particolare la filosofia analitica, una prospettiva che sta guadagnando a sé un numero crescente  di pensatori, ha prodotto un ampio spettro di risposte all’interrogativo su che cosa sia la natura umana. Una domanda che è pienamente inserita nella metafisica, poiché essa implica la ricerca su che cosa esiste e che cosa è ciò che esiste. Ma una metafisica almeno in parte diversa da quella classica, come si evince dalla soluzione al problema di che cosa faccia sì che qualcosa sia una persona. Tale soluzione, spiega Alfredo Tomasetta, autore di un ottimo e (in Italia) atteso libro sul tema  (Persone umane. Teorie contemporanee in metafisica analitica, Carocci, pp. 192), passa dal riconoscimento che un certo ente è una persona nel caso in cui tale ente goda di una vita mentale sofisticata, caratterizzata da autocoscienza, razionalità, responsabilità morale... Ma le cose non sono per nulla così semplici, perché ad avere vita mentale possono essere entità di tipo molto diverso.  Come illustra Tomasetta, giovane ma già solido filosofo attivo allo Iuss di Pavia, sono numerose le teorie che promettono di dare conto della natura delle persone umane. Una, di radici anti- che, è quella detta immaterialismo, per la quale le persone umane coincidono con sostanze immateriali, ovvero le anime. Se il clima scientista in cui prevale il fisicalismo (la versione aggiornata del materialismo antico) sembra mettere immediatamente fuori gioco una posizione simile, l’autore illustra i sofisticati argomenti filosofici (dovuti, tra gli altri, a Roderick Chisholm e Peter Unger) che resistono a tale visione e, con precisione e rigore che caratterizzano l’intero volume, ne evidenzia punti di forza e di debolezza. È comunque innegabile che la gran parte dei filosofi analitici non sia convinto dalla teoria immaterialista e propenda per l’animalismo, di cui è tra i principali sostenitori Eric Olson. Esso è la teoria per cui le persone sono corpi o organismi biologici: animali umani. Ma un animale umano è uguale a una persona soltanto se manifesta una vita mentale sofisticata, pertanto un organismo nella prima fase di gestazione o in stato di coma profondo è un animale umano che non coincide (ancora o più) con una persona umana. Per capire che tipo di dibattito si svolge in campo analitico, si può brevemente esporre una delle più forti obiezioni mosse all’animalismo, quella detta dell’intuizione del trapianto. Se dopo un incidente, a Rossi è trapiantato il cervello del donatore Bini gravemente malato, e Bini rimane un 'vegetale umano' nel suo letto, mentre Rossi acquisisce l’intera psicologia e i ricordi di Bini, chi è il candidato a essere identificato con Bini? L’organismo B o il nuovo signor Rossini, corpo di Rossi e vita mentale di Bini? L’animalista deve rispondere l’organismo B, moltissimi filosofi e non filosofi tuttavia direbbero Rossini, perché il trasferimento della vita mentale sembra coincidere con il trasferimento della persona. Gli animalisti però non si arrendono e replicano che le nostre intuizioni in casi fuori dell’ordinario non sono affidabili e che il trapianto di cervello non è diverso da un trapianto di rene... In ogni caso, chi non è soddisfatto dall’animalismo può rivolgersi a una via intermedia rappresentata dalla teoria della costituzione. Usando un’analogia, come una statua è fatta da un pezzo di marmo, ma non è primariamente un pezzo di marmo, bensì qualcosa di diverso e di ulteriore, così una persona umana non coincide col suo corpo pur essendo costituita dal suo corpo. Anzi, per la principale proponente della teoria, Lynne Baker, le persone umane sono irriducibilmente persone, «mattoni primari del mondo», caratterizzati dal fatto di avere una prospettiva di prima persona, ovvero la capacità di vedere se stessi e l’universo da un’angolatura soggettiva unica, cosa impossibile agli animali e agli artefatti intelligenti. Pur rimandando per alcuni aspetti a concezioni più tradizionali (e tuttora discusse) come quelle che identificano la persona con un composto di anima e corpo o di materia e forma, la teoria della costituzione non è per nulla esente da problemi, puntualmente sottolineati da Tomasetta. Ad arricchire questo quadro variegato, anche posizioni più esotiche, che vedono le persone umane rispettivamente come un fascio di stati mentali, oggetti quadridimensionali estesi nello spazio e nel tempo (vermi), enti che esistono per un solo istante (stadi). Teorie assai controintuitive, poggiate però su raffinati argomenti filosofici per confutare i quali non basta un sorriso di sufficienza o una perplessa scossa del capo. Che però siano tentativi non del tutto riusciti di risolvere il quesito circa la natura delle persone umane appare dai crescenti tentativi eliminazionisti. Si tratta di teorie per le quali le persone non esistono affatto. La prima, e più influente perché agganciata alla naturalizzazione della riflessione filosofica, proposta da Thomas Metzinger, sostiene non esistere sia l’io o il sé, come mostrano i risultati sperimentali delle scienze cognitive, in particolare nello svelare la falsa autorappresentazione di noi stessi frutto del funzionamento cerebrale e della sua 'trasparenza'. A questo proposito possono venire a completare il quadro due agili volumi recenti.  Nel primo (L’identità personale, Carocci, pp. 142), Massimo Marraffa e Cristina Meini indagano i temi della conoscenza del sé e della formazione dell’identità alla luce delle scienze della mente e del cervello. Gli autori, pur assumendo una prospettiva naturalistica, tentano di riportare a coerenza una teoria dell’identità psicologica, salvando la nozione di io all’interno di una originale cornice interpersonale. Nel secondo (La prova del budino. Il senso comune e la nuova scienza della mente, Mondadori Università, pp. 128), Pietro Perconti illustra il modo in cui le scienze cognitive stanno rivoluzionando le nostre intuizioni più profonde, comprese quelle che fondano l’identità personale, ma argomenta con efficacia come non sia affatto necessario abbandonare la conoscenza ordinaria che ci guida con una saggezza inscritta nella nostra natura, piuttosto se ne possa emendare una parte in coerenza con i risultati spesso sorprendenti della ricerca empirica. Tutto questo non toglie che varie strategie deflazionistiche rispetto alla persona si facciano spazio nel panorama contemporaneo: tra le altre, la corrente filosofica del buddhismo che assume il riduzionismo della dottrina tradizionale per avvicinarsi al nichilismo mereologico. Quest’ultima è la teoria metafisica secondo cui non esistendo oggetti composti da parti non esistono nemmeno persone umane, così come non esistono tavoli ma soltanto particelle sub atomiche disposte a-forma-ditavolo. Esse sono sì le parti ultime del tavolo, tuttavia al di là di esse non esiste un intero da esse composto, malgrado l’apparenza e quello che ci dice il senso comune. Alla fine della sua esposizione, Tomasetta dedica alcune brevi (forse troppo) considerazioni conclusive a metafisica, etica e religione. Meritevole di approfondimento è infatti la tesi secondo cui «la posizione sull’aborto della Chiesa cattolica (la soppressione di embrioni e feti come grave violazione morale, ndr), non fondata su una specifica metafisica della persona umana, sembra rafforzare la convinzione di chi sostiene che il legame tra metafisica della persona e questioni bioetiche non sia affatto un nesso immediato e diretto» (p. 175). Rimane comunque forte l’intuizione che se anche non sappiamo esattamente che cosa sia una persona umana, essa ci appare preziosa e degna di protezione.
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