L’advisor di “Rai per il Sociale” Giovanni Parapini - Archivio
Ascoltare in tv la voce di Lollo, non vedente, cantante della band - di “distrofichetti” e disabili vari - dei Ladri di carrozzelle che intona Stravedo per la vita sul palco di Sanremo, in apertura del Festival (2017), non dovrà più essere un evento eccezionale, ma un momento di condivisione naturale, di consapevolezza di questa nuova realtà che è “Rai per il Sociale”. Considerazioni, a piccolo schermo spento, nei giorni del tempo sospeso, in cui la fobia dal “si salvi chi può” dal Coronavirus hanno indotto il telespettatore medio a qualche innocente evasione, e forse a una maggiore profondità di riflessione. Tutti a caccia della sostenibile leggerezza dell’etere. Un lusso che però non è quasi mai concesso alle fasce più deboli, troppo spesso dimenticate e lasciate da sole, davanti e mai dentro la tv. Compito del servizio pubblico è anche quello di non abbandonare intere famiglie al loro destino di emarginazione e su questo solco si muove “Rai per il Sociale”. Qualcosa di più di un osservatorio speciale del Terzo Settore, pensato e messo in campo in piena emergenza Covid-19 dai cavalieri solidali del “Tavolo per il Sociale Rai”. «Un gruppo di lavoro che nasce per un’esigenza vitale della società civile, del mondo delle associazioni e del volontariato. Complici ovviamente molti commissari della vigilanza, alcuni consiglieri d’amministrazione Rai e dei membri del sindacato Usigrai che lo hanno fortemente voluto insieme al nostro Ad» , spiega Giovanni Parapini, l’advisor che fa capo all’Ad della Rai, Fabrizio Salini, per quanto attiene alla responsabilità, la coesione sociale e il Terzo Settore. Parapini dallo scorso 4 aprile ha iniziato la sua «mission» con una inquadratura in primo piano di quelle che chiama «le otto famiglie più a rischio: disabilità, autismo, infanzia, anziani, detenuti, migranti, disoccupati, violenza femminile domestica». Il lockdown ha messo a dura prova ognuna di queste “case” e la “Rai per il Sociale” si è posta «come motore per raccontare, coordinare e rendere consapevoli, all’esterno, dell’immenso e complesso lavoro che ogni giorno impegna e produce il servizio pubblico». Un servizio che «ha l’obbligo di promuovere e di fare inclusione e coesione sociale – continua Parapini –. Dobbiamo essere scrupolosi e attenti alle necessità di un Paese, e delle sue fasce più deboli, specie in un periodo come questo che è il più buio che l’Italia abbia mai vissuto dopo la Seconda guerra mondiale». Un lavoro certosino di «implementazione» da parte della Rai che, secondo Parapini, «richiederebbe una caratterizzazione identitaria da assegnare a quelle trasmissioni o progetti in cui il 50% degli spazi sono dedicati a un tema che sensibilizza, forma ed informa in merito alle “otto case” che sono la prima preoccupazione di “Rai per il Sociale”». Un lavoro di coordinamento che di fatto già certifica quei format pilota in cui il sociale copre oltre il 50% delle tematiche affrontate.
È il caso di un modello esemplare come Insieme con…, sottotitolo appunto, “La Rai per il Sociale”: la striscia quotidiana di Unomattina (Rai1) curata da Paola Severini Melograni che in breve (5-6 minuti, dal lunedì al venerdì alle ore 9) propone storie e problematiche già sviscerate con la giusta sensibilità nel suo programma domenicale O anche no. «Il nostro messaggio è: “Da vicino nessuno è normale” – dice la Severini Melograni – . Attraverso la Rai, vogliamo far sentire a chi ne ha maggiormente bisogno il sostegno concreto dell’intera comunità nazionale». Una comunità in cui chi sta al margine va ascoltato, gli va data voce e reso visibile. Uno «sguardo sociale identitario» è sicuramente quello di Che ci faccio qui (Rai3), il programma di Domenico Iannacone. «Ma lo stesso “sguardo” si ritrova anche in un format per ragazzi come Jams (Rai Gulp) – continua Parapini – . Nel nostro consuntivo settimanale ( progresso sociale ) registriamo la presenza e l’approfondimento in chiave sociale in tante trasmissioni: dai talk giornalieri fino ai Tg passando per i dossier nonché il grande lavoro svolto dalla Fiction, dal Cinema, dallo Sport e dalla Radio. Ma questo tipo di servizio deve crescere ed estendersi su tutte le piattaforme Rai – in questo RayPlay è la scommessa del futuro – generando una “cultura del sociale” nel pubblico». Questo è composto dai fidelizzati di “Mamma Rai”, un pubblico che è cresciuto in share durante l’emergenza virus, complice anche la “reclusione” forzata davanti al video.
«Se è vero che nulla sarà più come prima – fa notare Parapini – allora anche il pubblico Rai in questi ultimi tre mesi è cambiato, e in meglio: è diventato più attento alla verità, ha riscoperto l’autenticità, ha affinato lo spirito critico giudicando e distinguendo meglio cosa vale da cosa non vale. Il successo ottenuto dalla riproposta della “tv del passato” dimostra che il pubblico è sensibile non solo all’effetto nostalgia ma in primis alla bontà dei programmi che hanno un valore anche a distanza di anni. E spesso quel valore è di natura etica e sociale».
Dalla fase-1 e la campagna io resto a casa, realizzata in collaborazione tra Dipartimento Editoria e Rai , per la fase-2 sul “Tavolo” apparecchiato da Parapini è stato pensato anche il resoconto dei tre mesi di lockdown italiano. «Si tratta di un “Diario” dell’emergenza (durata 45 minuti circa ) prodotto da Rai Documentari, diretta da Duilio Giammaria, e andrà in onda sabato 6 giugno in una puntata della sua trasmissione Petrolio (Rai2)». In prima linea con medici e gli infermieri in questi giorni di tempo sospeso ci sono stati anche gli agenti di Polizia di Stato con cui è stata cooprodotta la campagna Gioca con la Polizia «un grande successo sui social, e grazie alla trasmissione di Rai Ragazzi», continua l’advisor di “Rai per il Sociale”. Con le campagne di Pubblicità Progresso, la Rai terrà monitorata la coesione sociale e la piaga della disoccupazione, che si preannuncia altrettanto virale da Nord a Sud, e il fenomeno dilagante delle violenze sulle donne che sono aumentate tra le mura domestiche nel periodo della quarantena in casa. «Con il Crits di Torino, unitamente a Responsabilità Sociale, Pubblica Utilità e RaiPlay stiamo promuovendo il progetto la Tv rallentata che servirà a migliorare la comprensione dei contenuti da parte degli anziani, i ragazzi e gli stranieri», spiega Parapini. Uno sguardo socialmente utile e di respiro internazionale per il quale “Rai per il Sociale” sta varando un osservatorio («in collaborazione con la Direzione di Relazioni Internazionali») per l’analisi dei comportamenti e delle azioni degli altri broadcaster di servizio pubblico europei e non. Sociale si sposa con “social” e le nuove tecnologie: «Infatti nascerà un “Portale per il Sociale”. Con Rai Digital , Ict e Rai Teche, si sta progettando un algoritmo per la creazione di una Banca dati del Sociale. Tutto questo perché il Paese reale abbia finalmente la percezione di un immenso patrimonio morale che, nel tempo, deve diventare la priorità e il Dna del nostro servizio pubblico televisivo».