giovedì 21 giugno 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
Ci sono voluti decenni perché la Spagna riuscisse a fare i conti con la memoria della più sanguinosa guerra civile avvenuta in epoca moderna in un paese dell’Europa occidentale. Soltanto dopo la faticosa transizione democratica, con la fine della censura, l’apertura degli archivi e la scoperta delle fosse comuni, è stato finalmente possibile avviare un organico lavoro di ricerca della verità storica su quei tragici anni. Ma l’eredità della guerra civile, nella Spagna odierna, non appartiene soltanto al passato. Ce lo conferma quanto accaduto di recente a Baltasar Garzon: il paese si è diviso di nuovo sulla sorte del noto giudice, prima condannato e poi assolto dal Tribunale supremo di Madrid in una causa aperta contro di lui per abuso delle proprie funzioni in un’inchiesta sugli scomparsi del franchismo. Usare la via giudiziaria per fare i conti col passato può tuttavia risultare pericoloso, specie in assenza di un corposo apparato di certezze surrogato dal lavoro degli storici. Ecco perché giunge più che opportuna l’ultima fatica di Paul Preston, considerato il principale esperto europeo sulla storia della Spagna moderna. Il titolo del suo nuovo volume, The Spanish Holocaust (edito da Harper Collins), non ha mancato di suscitare prevedibili polemiche ma lo storico inglese, docente alla London School of Economics e già autore di autorevoli biografie di Franco e re Juan Carlos, ha chiarito i motivi di una scelta che può a prima vista apparire discutibile. Nessuna intenzione di equiparare i fatti iberici con la Shoah, da parte sua, quanto piuttosto la volontà di far entrare il sanguinoso scontro che ebbe luogo in Spagna alla vigilia della Seconda guerra mondiale a pieno titolo tra gli orrori del XX secolo. D’altra parte, se è vero che la retorica anti-semita è stata spesso usata anche dai franchisti, il crudo bilancio delle vittime civili – almeno 200mila quelle accertate finora – non appare minimamente paragonabile a quello del genocidio degli ebrei. Uno straordinario lavoro di ricerca sulle fonti primarie ha consentito a Preston di affermare che i ribelli franchisti non volevano semplicemente salvare la Spagna dai comunisti e dagli anarchici bensì cancellare la realtà socio-politico-culturale del Paese. «Dobbiamo eliminare senza scrupoli o esitazioni chi non la pensa come noi», ordinò ai suoi uomini il generale Mola mentre Queipo de Llano, ufficiale di pari grado dell’esercito di Franco, parlò senza mezzi termini di «purificazione del popolo spagnolo». Da qui l’uso del termine d’origine greca Olocausto (letteralmente “rogo totale”) per descrivere quanto avvenne a partire dal 1936 e proseguì ben oltre la fine della guerra, quando il regime franchista continuò a condannare a morte migliaia di persone. Ma lo storico inglese documenta nel dettaglio anche gli indicibili orrori compiuti dai comunisti e dagli anarchici, le decine di migliaia di vittime tra i proprietari terrieri e gli esponenti del clero cattolico, la vera e propria furia iconoclasta che portò a incendiare e devastare centinaia di chiese, conventi e monasteri raggiungendo inauditi picchi di brutalità per esempio nell’agosto 1936, quando in appena un mese furono ammazzati oltre duemila sacerdoti e una decina di vescovi. Il libro di Preston è inoltre il primo a sostenere che il NKVD, la polizia segreta sovietica, ebbe un ruolo anche nel famoso massacro di Paracuellos, il paesino alle porte di Madrid nel quale persero la vita oltre duemila veri o presunti sostenitori del franchismo, alla fine del 1936. Lo storico inglese non esita ad accusare apertamente Santiago Carrillo, definendo “puerili menzogne” le affermazioni dell’unico leader comunista dell’epoca rimasto ancora in vita che ha sempre ripetuto di non aver mai avuto niente a che fare con quella strage. I legami di Carrillo con gli agenti dell’intelligence di Mosca, con Josif Grigulevich in particolare, sono ormai dimostrati dalle ricerche d’archivio e suggeriscono l’esatto contrario. La contabilità delle vittime elaborata da Preston ci racconta di circa 50.000 morti accertate tra i civili nelle aree controllate dai repubblicani e di una cifra almeno tre volte superiore per quanto riguarda invece i caduti per mano degli uomini di Franco. Un dato, quest’ultimo, tuttora calcolato per difetto e che non comprende le migliaia di vite bruciate nei bombardamenti delle principali città repubblicane come Madrid, Barcellona e Valencia. Tra i pochi bagliori di umanità che Preston è riuscito a scovare in mezzo a tutto questo orrore, spicca la figura di padre Fernando Huidobro Polanco. Il 34enne gesuita era cappellano e sostenitore delle truppe franchiste, ma di fronte alle esecuzioni e alle torture inflitte ai prigionieri si ribellò presentando proteste ufficiali agli alti gradi dell’esercito. Un proiettile d’artiglieria lo freddò sul colpo, nella primavera 1937, mentre stava portando soccorso ai feriti sul campo di battaglia.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: